I Simply Red a Stupinigi Sonic Park: ed è subito disco anni ‘80

Qualche nuvolone grigio che copre le ultime luci rossastre del tramonto e chi, dando le spalle al palco, scatta delle foto alla Palazzina illuminata nell’attesa dell’inizio dello spettacolo. È stato accolto così il concerto dei Simply Red che, il 4 luglio, ha inaugurato il cartellone di Stupinigi Sonic Park con un formidabile (e forse anche scontato) sold out.

Pochi i giovani: il pubblico per la maggior parte è della vecchia generazione e si appresta, tra una birra e un panino, a rivivere uno sprazzo di gioventù nel parco della palazzina. Tra un “fuori” urlato e qualche applauso di incitamento la band britannica sale sul palco e apre l’evento con “Better with you”, brano tratto dall’ultimo album, Time, uscito lo scorso maggio, che è anche quello a cui è dedicato questo tour. 

Foto di Alessia Sabetta

La serata procede in modo disteso e il parco risuona dei nuovi brani ma anche degli intramontabili classici della band, che hanno accompagnato l’adolescenza dei più. Non mancano gli assoli dei vari strumenti, tra cui anche sax e tromba, che sottolineano tutte le sfumature musicali della band, oltre che l’estrema bravura dei musicisti. Ma anche le dediche al cantautore Barry White e «That’s for you Tina, you’re a beautiful girl» dopo aver eseguito, durante il bis, la cover di “Nutbush City Limits”.Il frontman, Mick Hucknall, sfoggia per l’intera serata un italiano quasi perfetto a cui unisce del sano umorismo con cui intrattenere il pubblico.

Difficile, già da subito, rimanere fermi sulla sedia: chi ondeggia con il busto, chi muove freneticamente il piede e chi abbandona il proprio posto per rimanere in piedi in fondo o ai lati della platea per scatenarsi liberamente. Poi «let’s go back to 1985» – urla Hucknall − e all’improvviso, il prato di Stupinigi si trasforma in un enorme dancefloor, quasi tutti i presenti si ammassano sotto palco per ballare insieme e cantare prima che la band lasci il palco. 

Foto di Alessia Sabetta

In un attimo, dopo una “panoramica souvenir del pubblico” scattata dal cantante e i dovuti ringraziamenti, cala il silenzio e una fiumana di gente si riversa lungo l’enorme viale per uscire fuori. Tra i presenti c’è chi continua a canticchiare e chi, un po’ amareggiato, commenta la durata troppo corta del concerto, scherzando sulle movenze molto vintage del frontman.

Si conclude così una serata all’insegna delle pure vibes anni ’80, con le sonorità di una band i cui componenti sono da decenni considerati vere e proprie “Stars” in tutto il mondo.

a cura di Alessia Sabetta

Olly e Rosa Chemical al Flowers Festival 2023

È il primo luglio e il sole sta tramontando sul Parco della Certosa: questo lo scenario della terza serata del Flowers Festival 2023, che vede protagonisti Olly e Rosa Chemical. Entrambi reduci dall’ultima edizione di Sanremo (hanno partecipato rispettivamente con “Polvere”, certificato disco d’oro, e “Made in Italy”, disco di platino), i due cantanti hanno intrattenuto il pubblico di Collegno con due set durati all’incirca un’ora ciascuno.

Olly al Flowers Festival 2023. Foto di Clarissa Missarelli.

A dare il via alla serata è Olly con il suo brano “Una vita”, traccia di apertura dell’album Gira, il mondo gira. Sin da subito il cantante genovese sottolinea il suo legame con Torino, città dove ha iniziato la collaborazione con il produttore JVLI: questa connessione è ulteriormente consolidata dalla presenza sul palco di Oliver Green, rapper di Nichelino con cui canta “Non ho paura”.

Durante lo spettacolo Olly mantiene un approccio affabile e goliardico con il pubblico, trattando i suoi fan come se fossero amici di vecchia data; a loro volta gli spettatori non si sprecano con i regali, e nel giro di un’ora il cantante riceve tre reggiseni, un paio di sigarette e una bandiera della Liguria. A metà concerto arriva anche una richiesta dalla prima fila: una fan chiede un “balletto” e, dopo un breve scambio di battute, l’intraprendenza della ragazza viene premiata con un invito sul palco durante l’esibizione di “Bianca”. Al termine dello show, concluso con “Polvere”, Olly scende dal palco e dedica qualche minuto ai fan per foto e autografi.

Olly al Flowers Festival 2023. Foto di Clarissa Missarelli.

Breve pausa prima dell’arrivo di Rosa Chemical, che viene chiamato con calore dal pubblico: il rapper, nato a Rivoli e cresciuto ad Alpignano, inizia il suo set con “Polka 3”. Gli spettatori saltano e rappano con lui, non mancando di completare i versi delle sue canzoni quando viene loro porto il microfono. Accompagnato da due musiciste e da una pole dancer, Rosa Chemical alterna alle sue hit alcune cover tra cui “America” di Gianna Nannini, “COMINCIA TU” (la versione di “A far l’amore comincia tu” di Raffaella Carrà proposta durante la serata delle cover di Sanremo 2022 come ospite di Tananai) e “50 Special” dei Lunapop.

Rosa Chemical al Flowers Festival 2023. Foto di Clarissa Missarelli.

Rosa Chemical si prende un momento durante il concerto per leggere una lettera scritta prima dell’inizio della tournée estiva: il discorso inizia con un ringraziamento generale per chi l’ha sostenuto in questi mesi e termina con l’incoraggiamento a essere sempre noi stessi, senza badare a occhiatacce e commenti negativi. La serata si conclude con “Polka” e con un bis di “Made in Italy”, già eseguita nella prima parte dello spettacolo. Prima di lasciare il palco, il rapper fa un saluto speciale alla madre e alla nonna, che hanno assistito al concerto dietro le quinte.

Alcuni fan temporeggiano prima di uscire, nella speranza che Rosa Chemical si fermi a scambiare due parole con loro; altri si fermano per prendere qualcosa da mangiare, e c’è chi riguarda i video della serata. Ciò che colpisce di questo pubblico è quanto sia variegato: due cantanti che potrebbero essere associati ad un mondo di giovanissimi, vengono seguiti con veemenza anche durante persone più adulte, che durante lo show ballano e si scatenano.

Rosa Chemical al Flowers Festival 2023. Foto di Clarissa Missarelli.

Con l’arrivo della mezzanotte il Parco della Certosa si svuota, ma nonostante la fine della serata, rimane nell’aria un’atmosfera tutta rosa, sesso e libertà, pronta a cedere il passo agli artisti che si prenderanno la scena nei giorni a venire.

Foto in evidenza di Clarissa Missarelli.

A cura di Giulia Barge

Zen Circus al Flowers Festival: l’anima conta eccome

Collegno ha accolto i cuori solitari e ardenti dei bambini cresciuti, con gli anni ‘90 che ormai sono finiti, qualche ricordo di come si era a vent’anni e di come si è oggi. Lo scorso 30 giugno Giancane prima, gli Zen Circus dopo hanno cantato e suonato davanti ad una folla colorata di ombrelli, k-way e giacche impermeabili: al Flowers Festival la pioggia non ferma la voglia di musica. 

Reduce dalla gloria internettiana dopo aver firmato le sigle delle due serie Netflix di Zerocalcare (“Strappati lungo i bordi” nel 2021 e l’ultima “Questo mondo non mi renderà cattivo”, 2023), Giancane apre con la sua band e fa un figurone che forse non si aspettava nemmeno lui. Sarà il romanaccio, che fuori dai confini di Lazio, Campania e Umbria, è un passepartout di simpatia a priori, sarà la semplicità, efficacissima, di canzoni che sembrano uscite dalla scuola punk alternativa italiana di fine millennio, Giancane piace parecchio alla folla. Non accade spesso che un opening act non si becchi perlomeno una sbuffata dal fan che vuole soltanto saltellare sul suo gruppo preferito che sta per arrivare. Eppure, a suon di “Vecchi di merda” e le gocce che imperterrite annacquano bionde medie e Spritz Martini, Giancane può lasciare il palco soddisfatto.

Bambini con i tappi per le orecchie sulle spalle dei papà, qualche timido ombrello sparso, la Lavanderia a Vapore che incornicia e protegge la provincia torinese dal volume e i decibel del festival, qualche coppietta smorza l’attesa con bacetti e selfie da postare. E alla fine, il momento di saltellare arriva. Gli Zen Circus sono in ottima forma: una bella scaletta mista, vecchie glorie spaccacuore e le novità dall’ultimo album, Cari fottutissimi amici. Un live che fila liscio dall’inizio alla fine, pochi punti morti, qualche goliardia da toscanacci che fa sempre colore, pure il momento intimo voce e piano per riposare le orecchie dai distorsori. 

Tra i capostipiti della prima ondata degli indipendenti in Italia, gli Zen Circus sono sempre stati sostanzialmente fedeli a sé stessi, ai messaggi che hanno sempre voluto veicolare, al sound che hanno sempre voluto avere. E si capisce facilmente perché sembra non esserci stato un ricambio di pubblico da vent’anni: a guardarle, quelle facce estasiate, un po’ contrite mentre cantano “io quando avevo vent’anni ero uno stronzo”, con qualche ruga in più, si vede ancora la stessa rabbia, la stessa fame, lo stesso dolore. E se c’è una cosa che è stata chiara a tutti, in fondo, è che l’anima conta, eccome. 

Foto di Alessia Sabetta

MUSIDAMS CONSIGLIA: I 10 MIGLIORI SINGOLI DI GIUGNO

Con giugno arrivano i brani che ci accompagneranno per tutta l’estate. Ecco la top 10 dei migliori singoli di giugno 2023 secondo MusiDams!

Home To Another One – Madison Beer

Sonorità alla “Video Games” di Lana del Rey e video musicale tra il rétro e il futurismo: “Home To Another One” è l’ultimo di una lunga serie di singoli pubblicati da Madison Beer in attesa del suo secondo album, Silence Between Songs, in uscita a settembre.

Voto: 26/30

Don’t Say Love – Leigh-Anne

Dopo più di un anno dall’inizio della pausa indefinita delle Little MixLeigh-Anne presenta al pubblico quello che è a tutti gli effetti il primo singolo da solista di uno dei membri in carica della girl band inglese: brano dance pop e influenze garage, con la giusta promozione potrebbe fare faville nelle radio europee.

Voto: 27/30

Attention – Doja Cat

Doja Cat abbandona il pop e i colori accesi per atmosfere decisamente più dark e crude: singolo all’insegna del rap, l’artista si prende quattro minuti (durata più unica che rara nell’era streaming) per rispondere per le rime a chi critica il suo aspetto fisico e a quei gruppi di fans che si ostinano a creare zizzania nel mondo del rap femminile. Un ritorno in grande stile per la rapper statunitense, che nonostante il drastico cambiamento non rinuncia ad uno dei suoi classici ritornelli orecchiabili.

Voto: 28/30

Barbie World – Nicki Minaj & Ice Spice (with Aqua)

La mania dei campionamenti è ormai fuori controllo, ma ci aspettavamo tutti che nella colonna sonora del film Barbie la storica “Barbie Girl” si sarebbe manifestata in un modo o in un altro: la hit eurodance viene trasformata in un brano hip hop da Nicki Minaj e Ice Spice, che avevano recentemente unito le forze per il remix di “Princess Diana”, ma il risultato non convince a pieno.

Voto: 23/30

Un Altro Mondo – Merk & Kremont, Tananai, Marracash

La corsa al tormentone estivo è ufficialmente una gara all’ultima collaborazione: Merk & Kremont si buttano in pista con il loro primo singolo in lingua italiana, e per l’occasione reclutano Tananai e Marracash, reduci dai grandi successi di “Tango” e “Importante”.

Voto: 24/30

A cura di Giulia Barge

SUMMERSAD 4 – La Sad feat. Naska

La summer è sempre sad per i bambini del 2000 cresciuti a plum cake e pop punk in maggiore.

Voto: 27/30

Diluvio a luglio – Tedua feat. Marracash

Il figlio della giungla di Cogoleto è tornato con un album puntellato di pezza, come questo.

Voto: 28/30

Sai che c’è? – Venerus

Antiestivo, vacanziero, notturno, caciarone: Venerus, questa estate, la prende così.

Voto: 26/30

One like you – LP

Un brano incredibilmente anacronistico, eppure funziona. Sarà il karisma di LP, a cui tutto sommato si crede sempre.

Voto: 25/30

Poveri mai – Il Pagante

Sarebbe un’estate italiana senza la fotografia vanziniana e pozzettiana delle vacanze sull’Adriatico?

Voto: 24/30

A cura di Clarissa Missarelli

immagine in evidenza dal videoclip di Doja Cat https://www.youtube.com/watch?v=agXQQDasq0U

Stupinigi Sonic Park: gli Interpol alle OGR di Torino

Officine Grandi Riparazioni, un’afosa serata di inizio estate: il 26 giugno, a Torino, suonano gli Interpol, band newyorkese attiva da ben 25 anni, che inaugura l’edizione 2023 dello Stupinigi Sonic Park. Un pubblico nutrito, formato da persone di ogni età, varca i cancelli alle 20:15 per riversarsi nella Sala Fucine, dove l’aria condizionata dona grande refrigerio: l’occasione ha attirato i fan del complesso, che qui, a differenza di altri eventi – come il 24 giugno agli I-Days di Milano, dove aveva aperto il concerto di Paolo Nutini – è headliner della serata.

Petrol. Da sinistra: Nino Azzarà, Valerio Alessio (batteria), Franz Goria, Dan Solo. Foto: Elisabetta Ghignone

Alle 20:30 sul palco salgono i Petrol, gruppo torinese che torna live dopo ben 12 anni dall’ultimo concerto. La band propone una breve scaletta di brani tratti dal primo album, “Dal fondo” (2007), e da “L’amore è un cane” (2009): il suono è quello di un energico rock alternativo italiano, orientato verso il grunge, attento alla qualità dei testi e alla potenza quasi oscura delle musiche. Alla voce troviamo Franz Goria, già membro dei Fluxus; al basso c’è invece Dan Solo, ex musicista dei Marlene Kuntz. Completano il quadro Valerio Alessio alla batteria e Nino Azzarà alla chitarra. I Petrol si fanno apprezzare sia da chi già li conosce e li segue dagli esordi, sia da chi li scopre questa sera: da segnalare il brano d’apertura, “Nel buio”, e soprattutto “Il nostro battito del cuore”, dove i versi di denuncia sociale incontrano una parete sonora melodica e al tempo stesso poderosa. Per loro, un ritorno efficace sulla scena e un concerto davvero meritevole, per quanto breve.

Il frontman degli Interpol, Paul Banks. Foto: Elisabetta Ghignone

È ancora presto: sono le 21 in punto quando la band libera il palco, inaugurando un’attesa di più di mezz’ora per gli Interpol. Quando le luci finalmente si spengono, Paul Banks e i suoi fanno il loro ingresso; il cantante, occhiali scuri e capelli pettinati all’indietro, porge un rapidissimo saluto alla folla («Ciao! Grazie!»), prima che il chitarrista Daniel Kessler, adattato al piano per il primo brano, attacchi l’intro di “Toni”, tratta dall’ultimo album “The Other Side of Make-Believe” (2022). Il gruppo introduce subito un’atmosfera cupa, peculiare del suo stile: spesso l’illuminazione posteriore – dove a dominare è il colore rosso – risalta la silhouette dei musicisti, che suonano con una freddezza e un’eleganza ricercate. Il secondo brano è “Obstacle 1”, tratto dal primo e celebratissimo lavoro “Turn On the Bright Lights” (2002), ed è qui che la serata sembra promettere un crescendo. Promessa mantenuta?

Da sinistra: Brandon Curtis, Paul Banks, Brad Truax. Foto: Elisabetta Ghignone

La musica, naturalmente, è espressa nella sua qualità dagli interpreti: oltre alle chitarre (divise tra lo stesso Banks e un concentrato Kessler, che gli ruba la scena), sono notevoli i riff quasi solistici del basso suonato da Brad Truax. Le parti strumentali sanno essere a tratti incisive, come nelle coppie di note della drammatica “Pioneer to the Falls” o come nell’intro di “Narc”, a tratti ancorate a intrecci più elaborati, come in “Fables” o “Leif Erikson”; a completare la sezione melodica, le tastiere di Brandon Curtis. Nonostante le premesse e il calore dei presenti, scatenati soprattutto su pezzi di vecchia data tra cui “Evil”, “C’mere” o “Rest My Chemistry”, il concerto non decolla del tutto e quasi pare che manchi qualcosa. È un po’ come se il mood austero degli Interpol avesse soggiogato anche la platea: di certo la loro produzione nasce per un ascolto impegnato – come testimoniano, tra le altre cose, i complessi testi ad opera di Banks – eppure, a prescindere dal buon livello dell’esibizione, si avverte tra il pubblico un vago sentore di pesantezza.

Il batterista Sam Fogarino. Foto: Elisabetta Ghignone

Una postilla a parte merita il batterista, Sam Fogarino. Nulla da dire, se non di positivo, rispetto al talento e alla creatività dell’artista (specie con i tempi dispari e il groove articolato di “Into the Night”); impossibile però non notare le pericolose oscillazioni metronomiche in cui ogni tanto incappa. Si sa, la musica dal vivo è tutt’altra cosa rispetto a quella registrata in studio (e va benissimo così), ma qui la mancanza di equilibrio risulta evidente e alcune canzoni ne escono di molto velocizzate – è il caso di “Stella was a diver and she was always down”, sulla quale qualcuno addirittura riesce a pogare – oppure in bilico tra rallentamenti e accelerazioni improvvise. Le quali, se non altro, rendono più umano un live dominato da una compostezza indomita, che sembra non potersi e non volersi sciogliere.

La band in rosso e nero. Sulla sinistra il chitarrista Daniel Kessler. Foto: Elisabetta Ghignone

Dopo una breve pausa, il gruppo torna sul palco con gli ultimi tre pezzi: a chiudere la serata, intorno alle 23, è “Slow Hands”, altro celebre brano dal secondo album “Antics” (2004). Solo sul finale la folla dà l’impressione di accendersi, chi saltando, chi muovendo le mani a tempo, a manifestare la propria partecipazione e rendere omaggio a una band di caratura internazionale e di indiscusso valore. Nel complesso, si può parlare di uno show piacevole, di un’opportunità da non perdere per incontrare gli Interpol e godere di persona della loro opera: opportunità che i numerosi presenti hanno colto con gioia, anche se forse non tutti sono usciti con addosso la stessa soddisfazione. Il prossimo appuntamento con Stupinigi Sonic Park è segnato al 4 luglio, quando alla Palazzina di Caccia suoneranno i Simply Red.

A cura di Carlo Cerrato

COLLISIONI – presentata la quindicesima edizione del festival agrirock

Un festival per i giovani: Geolier, Lazza e Sfera Ebbasta sono le punte di diamante di un evento musicale che, con oltre 40.000 spettatori nelle scorse edizioni, unisce cultura e intrattenimento con un approccio moderno e glocal.

Martedì 20 giugno si è tenuta la conferenza stampa della prossima edizione di Collisioni Festival nella Sala Trasparenza del Grattacielo della Regione. A tenere le fila della discussione è stato il direttore artistico Filippo Taricco che, da subito, ha sottolineato la volontà di dedicare ai più giovani l’intero evento. La demografica dei presenti in sala tuttavia non era dello stesso parere, vista l’assoluta assenza di under 30; ed è stato lo stesso Taricco, scegliendo di omettere del tutto la presentazione del cast, a ironizzare: «Tanto in questa sala siete tutti vecchi, non conoscete nessuno di questi nomi e pensate solo al buffet». Per fortuna, però, la programmazione delle serate mantiene la promessa.

In piazza Medford il 7, l’8 e il 9 luglio la città di Alba ospiterà alcuni tra gli artisti più apprezzati della scena musicale italiana attuale. Dall’attesissimo Lazza a Sethu, il festival conferma nuovamente una line up contemporanea che negli ultimi anni lo ha contraddistinto e ringiovanito.

Un pensiero anche per i più nostalgici e per la vecchia generazione per i quali Collisioni ha previsto l’unica data piemontese degli Articolo 31, domenica 9 luglio e l’esibizione di Checco Zalone, domenica 16 luglio. Da quest’anno, grazie ai fondi della compagnia SanPaolo, il festival espande il suo intervento con la riqualificazione della zona del Parco Tanaro e la creazione di un palco permanente da lasciare in eredità: «Perché i giovani di oggi non siano costretti a sopportare la fatica e le tribolazioni che abbiamo subito quando abbiamo creato Collisioni» commenta Taricco. Un regalo ai posteri, ma soprattutto alle nuove leve.

Il nuovo spazio pronto all’uso, sarà a disposizione di chiunque voglia creare un evento. Verrà inaugurato il 20 luglio con il concerto di Mr. Rain e utilizzato nuovamente in conclusione del festival, con Diodato il 30 luglio.

COLLISIONI FESTIVAL – PIAZZA MEDFORD

VENERDÌ 7 LUGLIO
Ernia + Geolier
LAZZA

SABATO 8 LUGLIO
Giuse The Lizia + Sethu + Tony Boy
Shiva
SFERA EBBASTA

DOMENICA 9 LUGLIO
FESTA ANNI 90 con ARTICOLO 31 + DeejayTime

DOMENICA 16 LUGLIO
CHECCO ZALONE – Amore + Iva

COLLISIONI FESTIVAL – ARENA PARCO TANARO

Giovedì 20 LUGLIO
MR RAIN

Domenica 30 LUGLIO
DIODATO

Maggiori informazioni al link: https://www.collisioni.it/

A cura di Aurora Colla

Le paure e le verità degli Atlante a sPAZIO211

C’è una Torino fatta di stadi, palazzetti e teatri e una Torino di piccoli locali storici: sPAZIO211 è senza dubbio uno di questi. Una realtà senza transenne, senza lunghe code per entrare e senza stress da parcheggio. Una realtà intima dove puoi scambiare qualche chiacchiera con l’artista prima che salga sul palco o scorgere tra il pubblico il membro di una band che avevi visto live qualche settimana prima. Lo sanno bene i fan degli Atlante, che non sono di certo mancati al ritorno live della rock band il 28 aprile scorso, quasi un anno dopo dall’ultimo concerto torinese. Il trio composto da Claudio Lo Russo (voce e chitarra), Andrea Abbrancati (basso) e Stefano Prezzi (batteria) ha dato il benvenuto a Luca de Maria, chitarrista che aveva già collaborato e suonato con la band, ma che da ora in poi sarà una presenza fissa sul palco.

Andiamo con ordine: ad aprire le danze ci pensano gli Est-Egò, band torinese che aveva suonato all’Eurovillage al Parco del Valentino in occasione della scorsa edizione dell’Eurovision Song Contest. Dall’allora, però, tante cose sono cambiate per la band, che si presenta sul palco con una formazione nuova, ma con lo stesso sound onirico e psichedelico di sempre. Basta una manciata di brani, per lo più strumentali, per scaldare il pubblico, che timidamente si appresta sottopalco.

Gli Est-Egò (credits foto: Martina Caratozzolo)

È il momento degli Atlante: il frontman imbraccia la chitarra e suona le prime note distorte di “Materia”, che i fan riconoscono in pochi secondi e iniziano a cantare a colpi di headbanging. Il loro marchio di fabbrica sono le sonorità rock, fatte di riff energetici, combinate a sonorità elettroniche, che Lo Russo propone egregiamente al synth, in linea con il suo progetto solista Lorusso.

Claudio Lo Russo (credits foto: Martina Caratozzolo)

La scaletta è un susseguirsi dei brani di paure/verità, l’ultimo album pubblicato dagli Atlante a fine 2021 firmato Pan Music Production. Non mancano, però, altri brani come “Atlas” e “Bivio” dagli album precedenti e lo spazio per un brano inedito.

La serata avanza e l’atmosfera è calorosa: ci sono cartelloni con dediche, sguardi d’intesa e momenti di pogo. La band lascia il palco, ma il pubblico non è ancora soddisfatto. Difatti, non è ancora finita: mancano tre brani, tra i quali “Venere”, il più apprezzato dai fan, che chiude la scaletta tra gli applausi.

Gli Atlante (credits foto: Martina Caratozzolo)

A concerto finito, ritornando alla normalità, si ha la sensazione che il live sia durato il tempo sufficiente per farti venire voglia di ascoltare gli Atlante in nuove occasioni, in attesa di nuova musica. Gli Atlante sono una delle band emergenti torinesi più note e l’entusiasmo vissuto a sPAZIO211 è la prova dell’affetto che Torino nutre per loro.  

A cura di Martina Caratozzolo

Al Teatro Regio Madama Butterfly: oggi come allora

Si conclude sabato 10 giugno, il ciclo “Anteprima giovani” del Teatro Regio con la messa in scena di Madama Butterfly. Lo spettacolo, con la regia di Damiano Michieletto e Dmitri Jurowski alla direzione d’orchestra e coro, è stato firmato dal regista stesso per il teatro torinese nel 2010 e questa è la terza ripresa dopo quelle del 2012 e del 2014. 

Madama Butterfly è l’eterna dicotomia tra la globalizzazione americana contro un Oriente che prova a tenere strette le proprie tradizioni; è una storia struggente di una donna (in questo caso ancora una bambina) sedotta e abbandonata; potrebbe essere uno dei numerosi casi di turismo sessuale (minorile) che continuano a verificarsi nella società odierna. Però Madama Butterfly, prima di ogni cosa, è un’opera in tre atti composta all’inizio del ‘900 da Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica. E il fatto che continui ad essere ancora così contemporanea fa riflettere.

Dalla cartella stampa del Teatro Regio (ph Andrea Macchia)

Niente abiti tradizionali o la consueta, idilliaca ambientazione ottocentesca: il pubblico è catapultato di fronte a una metropoli asiatica come tante, con cartelloni pubblicitari, insegne al neon, food truck, vestiti moderni e una lussuosissima macchina bianca − al posto della nave − che sta ad indicare lo status symbol di Pinkerton (Matteo Lippi nei suoi panni). Non una tipica casa di legno giapponese con il tatami e le porte scorrevoli, ma una teca in plexiglass − proprio come quelle in cui si tengono le farfalle − piena di peluche e giocattoli, ma anche «pochi oggetti da donna…» che Cio Cio San (per l’occasione interpretata da Barno Ismatullaeva) chiede il permesso al neo-marito di possedere. Anche questi a simboleggiare una dicotomia di una bambina chiamata a crescere troppo in fretta, forse senza neanche volerlo davvero e la donna che sarebbe potuta diventare. E infatti, dopo tre anni in cui è persa nella sua ingenuità, è costretta ad avere la sua metamorfosi (da bambina a donna), in una notte sola, quando, finalmente consapevole di quello che le è successo, si punta una pistola alla tempia −anche in questo caso, non un pugnale, non un coltello, ma una pistola − e pone fine alle sue sofferenze. 

dalla cartella stampa del Teatro Regio (Ph Andrea Macchia)

Il tutto è svuotato da qualsiasi sfumatura fiabesca o da quell’esotismo che ha sempre caratterizzato l’opera: la storia si svolge tra il completo cinismo di Pinkerton, che è solo avido di addentare la sua preda e la sua spietata moglie americana pronta a strappare il bene più prezioso di una madre (ovvero la creatura che ha messo al mondo); l’opportunismo di una donna che vende una figlia in cambio di becero denaro; l’indifferenza degli altri protagonisti tra cui Sharpless (Damiano Salerno) di fronte alla realtà dei fatti. Un girotondo intorno ad una Butterfly che, purtroppo ancora oggi, impersona la storia di tante altre farfalle a cui sono state spezzate le ali.

Gli attori sono perfettamente calati nei loro ruoli: coinvolgenti e persuasivi rendono la drammaticità del racconto che, anche grazie alla loro interpretazione, arriva ancora di più agli spettatori in sala. La scelta dell’ambientazione non convenzionale (così come per Il Flauto Magico), esempio di grande coraggio da parte di un regista già conosciuto per il suo spirito provocatorio, viene premiata dal pubblico che, alla fine della rappresentazione, scoppia in un forte e caloroso applauso. Soprattutto, in questo modo, è più facile leggere la vicenda in chiave contemporanea e capire che non è una storia poi così lontana dalla nostra quotidianità. E questo è importante.

a cura di Alessia Sabetta

Amour Toujours: presentata la stagione 2024 del Teatro Regio

La nuova Stagione del Teatro Regio ha compiuto il passo prefissato nella precedente: “Amour Toujours” è il titolo della produzione 2023/2024, dedicata in particolar modo a Giacomo Puccini, per festeggiarne il centenario. A spiegare il perché di questa scelta e a presentare le quattordici opere della Stagione, ci hanno pensato nella mattinata del 7 giugno il sindaco Stefano Lo Russo, il sovrintendente Mathieu Jouvin e il nuovo direttore artistico Cristiano Sandri, protagonisti della conferenza tenutasi nel Foyer del Toro. 

Dal 21 settembre 2023 al 4 luglio 2024 il Teatro Regio ospiterà allestimenti importanti – otto sono i nuovi – ma vedrà anche il ritorno di interpreti che abbiamo già conosciuto durante la Stagione 2022/2023, (come Mariangela Sicilia, Donna Elvira e Riccardo Zanellato, Il Commendatore, dal Don Giovanni). Altro grande ritorno sul palcoscenico del Regio, questa volta con Un ballo in maschera, sarà anche quello del direttore Riccardo Muti. A fianco di titoli già conosciuti, come La bohème (con il contributo di Reale Mutua), ci saranno quelli più ‘di nicchia’, come La rondine (con il sostegno di Italgas; direttore d’orchestra Francesco Lanzillotta, già presente alla Norma nella scorsa stagione), e persino prime esecuzioni a Torino – con Un mari à la porte, di  Jacques Offenbach (operetta in un atto) – e in Italia – con The tender Land, di Aaron Copland (opera in tre atti). Entrambi gli allestimenti saranno presentati in lingua originale, così come lo sarà anche Der fliegende Holländer (L’Olandese volante), di Richard Wagner

dalla Cartella Stampa del Teatro Regio, il nuovo logo

Il Regio non perde occasione di mantenere gli impegni presi nell’anno di piena pandemia da Covid-19, tanto che Mathieu Jouvin precisa che nella nuova Stagione sarà presente anche un titolo che doveva essere allestito in precedenza: Don Pasquale, di Gaetano Donizetti. Non manca lo sguardo rivolto al balletto: tra le produzioni anche La bella addormentata, di Marcia Haydeé – balletto in tre atti basato sulla fiaba di Perrault, con musica di Čajkovskij – che vedrà sul palco solisti e corpo di ballo del Balletto Nazionale di Praga; Don Chisciotte, su libretto di Marius Petipa – balletto in tre atti, tratto dall’omonimo libro di Cervantes –, con il corpo di ballo del Balletto dell’Opera di Kiev; e Le villi, su libretto di Ferdinando Fontana, a richiamare un’altra opera, Giselle. Ad aprire la stagione del balletto nel nuovo anno, però, sarà Roberto Bolle and Friends, a gennaio 2024. 

La prima e l’ultima produzione sono, tuttavia, le più particolari: ad aprire la Stagione 2024 sarà La Juive (l’ebrea), di Halévy Scribe, con regia di Stefano Poda, già scritturato per Turandot nell’allestimento 2021/2022 – partner di quest’anno sarà Intesa San Paolo –, mentre a chiuderla sarà il trittico Il tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi di Giacomo Puccini, a suggellare questo cartellone all’insegna dell’amore. Stagione che, come detto poc’anzi, si aprirà con un’opera francese, così come lo è il titolo della stessa: “Amour Toujours”, a riprendere – parole di Jouvin – la canzone di Gigi d’Agostino, il dj torinese che (paradossalmente) ha dato l’idea di un’unione tra due paesi, l’Italia e la Francia.

Il nuovo inizio del Teatro Regio è dimostrato anche dal logo che, in occasione del cinquantenario, coglie lo spunto per rinnovarsi. Infatti, il toro – che la faceva da padrone – ora condivide il posto con una musa, che a sua volta tiene una lira tra le mani come simbolo del legame tra la città di Torino e la musica. I tre elementi sembrano protrarsi in avanti, in una corsa verso il futuro, che richiama sempre e comunque al passato: il disegno è stato realizzato da Undesign Agency a partire da un bozzetto originale e inedito di Carlo Mollino, originariamente pensato per il pavimento del Teatro. 

A completare la Stagione i concerti 2023/2024: dodici appuntamenti, otto con l’Orchestra, il Coro e il Coro di voci bianche del Teatro Regio e quattro con la Filarmonica TRT, che nel 2024 compirà vent’anni. Ad aprire la Stagione sarà il direttore russo Timur Zangiev; a seguire, salirà sul podio dell’orchestra Nathalie Stutzmann, per il concerto del 25 novembre. Il periodo pasquale vedrà protagonisti il Salve Regina e lo Stabat Mater, diretti da Claudio Fenoglio, e Vetrate di chiesa e Requiem (di Cherubini), diretti da Diego Ceretta. Agli appuntamenti con la Filarmonica TRT saranno presenti il direttore Felix Mildenberg, con la Sinfonia n. 4 di Gustav Mahler, Yutaka Sado, a dirigere la Sinfonia n. 4 di Anton Bruckner e la direttrice sudcoreana Kim Eun-sun, che si cimenterà con Johannes Brahms. Non mancherà nemmeno il consueto appuntamento con il cinema e le colonne sonore, affidate a Timothy Brock: in programma la proiezione con colonna sonora eseguita dal vivo di The Great Dictator, con regia di Charlie Chaplin

A cura di Chiara Vecchiato

TOdays: presentata la nuova edizione del festival

121 artisti nazionali e internazionali, 12 band da 29 diversi paesi nel mondo, delle quali 8 in esclusiva nazionale e 9 per la prima volta a Torino. Sono queste le premesse della nona edizione del TOdays, il festival torinese in programma dal 25 al 27 agosto a sPAZIO211 e in hub culturali sparsi per la città, come il Mercato Centrale di Porta Palazzo e Cascina Marchesa.

Martedì 6 giugno proprio a Cascina Marchesa si è tenuta la conferenza stampa per presentare la nuova edizione del festival. A presentare gli artisti che saliranno sul palco ci hanno pensato Alessandro Isaia, Segretario Generale di Fondazione per la Cultura Torino, Rosanna Purchia, Assessora alla Cultura di Torino e Gianluca Gozzi, direttore artistico del festival.

Alessandro Isaia, Rosanna Purchia e Gianluca Gozzi (credits: Martina Caratozzolo)

Lo scopo è quello di promuovere tre giorni di musica al di fuori dall’ordinario, proponendo al pubblico artisti non-mainstream e accrescere la città con una proposta culturale inclusiva e sostenibile. Il direttore artistico Gozzi promette un’edizione per un pubblico transgenerazionale, con la volontà di abbattere ogni genere musicale e sessuale, in quanto vi sarà una rappresentazione femminile altrettanto ricca quanto quella maschile.

I colori scelti per il logo di quest’anno non sono casuali, ma rappresentano i valori che il festival incarna: il rosso, che richiama le emozioni e la passione in continuo divenire e l’argento a cui si associano l’avanguardia, l’innovazione e la modernità.

Il main stage del festival sarà l’open space di sPAZIO211, dove si alterneranno i concerti tra le ore 18.00 e le 24.00 per tutte le tre giornate. Wilco, Verdena e Christine and the Queens sono gli headliner di ciascuna serata, ma la line up è variegata e accontenta ogni gusto.

Il programma e la timetable del festival:

  • Venerdì 25 agosto

18.30 – King Hannah

19.45 – Les Savy Fav

21.05 – Warhaus

22.30 – Wilco

  • Sabato 26 agosto

18.30 – Gilla Band

19.45 – Anna Calvi

21.05 – Sleaford Mods

22.30 – Verdena

  • Domenica 27 agosto

16.00 Enrico Gabrielli in «Le canzonine» con ospiti (all’Auditorium Cecchi Point)

18.30 – Porridge Radio

19.45 – Ibibio Sound Machine

21.05 – L’impératrice

22.30 – Christine And The Queens

Per saperne di più e acquistare i biglietti è possibile consultare il sito ufficiale: http://www.todaysfestival.com/.

A cura di Martina Caratozzolo

La webzine musicale del DAMS di Torino