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Musica e moda all’Eurovision: intervista a Eleonora Chiais

Evento inaugurale dell’Eurovision Song Contest, festa e passerella allo stesso tempo, il Turquoise Carpet – tenutosi l’8 maggio nella suggestiva cornice della Reggia di Venaria – ha visto sfilare i concorrenti provenienti dalle quaranta delegazioni dei Paesi partecipanti. Per guidarci alla scoperta degli aspetti salienti della manifestazione che ha dato ufficialmente avvio all’edizione 2022 della più importante kermesse canora a livello europeo, abbiamo intervistato Eleonora Chiais, docente di moda e costume all’Università di Torino.

– Quali sono stati, secondo lei, gli abiti più interessanti del carpet e perché?

Personalmente ho amato tantissimo l’abito di Chanel (rappresentante in gara della Spagna) perché l’ho trovato, oltre che estremamente scenografico, anche molto interessante in termini di riferimenti con la sua cultura nazionale. Un altro vestito che mi è piaciuto molto è stato quello dell’artista greca Amanda Georgiadis Tenfjord, capace di coniugare classico e contemporaneo.

Chanel (Spagna). Foto: Nderim Kaceli
Amanda Georgiani Tenfjord (Grecia). Foto: Nderim Kaceli


– Quale rapporto si instaura tra l’abito sartoriale di alta moda e l’artista?

L’abito sfoggiato sul red (o turquoise) carpet è sempre un abito di scena a tutti gli effetti. Il suo compito, quindi, è quello di comunicare “qualcosa” diventando co-protagonista nella performance di chi lo indossa per la sua capacità di creare (o, più spesso, contribuire a mantenere) il personaggio dell’artista. Pensiamo per esempio al total look Gucci sfoggiato da Achille Lauro.

Achille Lauro (San Marino). Foto: Alessandro Signorelli


– Qual è la relazione tra l’abito esibito e l’immagine che l’artista vuole mostrare di sé?

Come si diceva l’abito è quasi un alleato per ciascun artista perché svolge un ruolo decisamente funzionale, rendendo evidente la volontà comunicativa (e l’obiettivo narrativo) di chi lo indossa. Un esempio molto immediato, e del quale si è parlato molto proprio per la capacità di mettere in scena un messaggio chiaro, diretto e comprensibile a tutti è quello dell’abbigliamento spaziale di Sam Ryder – in gara con il brano “Space Man” – .

Sam Ryder (UK). Foto: Alessandro Signorelli


– Come e in che misura l’abito concorre a veicolare l’identità nazionale oltre che la personalità del singolo artista?

Sul Turquoise Carpet abbiamo visto, come sempre, la maggior parte degli artisti optare (aggiungo orgogliosamente) per creazioni firmate dagli stilisti del loro paese – una tra tutti S10, dei Paesi Bassi, con lo splendido abito rosa con fiori applicati di Victor&Rolf -. Quest’anno però ovviamente gli occhi di tutti erano puntati sull’Ucraina e la scelta di un total black decisamente luttuoso ha trasmesso un messaggio chiaro e inequivocabilmente identitario.

S10 (Paesi Bassi). Foto: Nderim Kaceli
Kalush Orchestra (Ucraina). Foto: Nderim Kaceli

– Secondo lei gli abiti del Turquoise Carpet sono in sintonia con la recente sensibilità per la fluidità di genere?

Al di là delle classiche e immancabili piume – inclusive per il rimando al celeberrimo outfit di Dana International nel 1998 – trovo molto interessante la giacca indossata “a nudo”. Oggi, infatti, guardiamo a Yves Saint Laurent con il suo smoking da donna (da indossare, come si sa, fin dal suo debutto direttamente a contatto con la pelle) come all’artefice di un fondamentale cambiamento di paradigma nella concezione del genere vestimentario. Il fatto di vedere sul Turquoise Carpet la stessa scelta stilistica declinata, questa volta, al maschile secondo me oltre che decisamente citazionista è molto emblematica per il discorso “modaiolo” della sensibilità verso la fluidità di genere.

Mahmood & Blanco (Italia). Foto: Nderim Kaceli

Immagine in evidenza: Nderim Kaceli

A cura di Valentina Velardi