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Freak Film Festival 2ª Edizione: l’energia dell’hyperpop e delle nuove generazioni

Immagina di sfidare tutte le regole esistenti e di dare voce attraverso l’arte (cinema soprattutto) al disagio delle giovani generazioni, sensibilizzando sulla posizione di marginalità che ricoprono nella società. Tutto questo è possibile perché anche quest’anno il Freak Film Festival torna con la stessa irriverenza e vitalità che hanno segnato la prima edizione, nel 2024.

La prima conferenza stampa ufficiale del 29 ottobre, al Polo Culturale Lombroso, svela il programma del 2025: dal 14 al 16 novembre, il festival si conferma come uno degli appuntamenti più audaci della scena indipendente torinese, capace di mescolare cinema, musica e linguaggi digitali in un’unica piattaforma di sperimentazione giovanile. Il progetto ha formato una young board di under 30, affidando loro l’ideazione e la produzione dell’intero evento.

A inaugurare la conferenza è Carlotta Salerno, assessora alle politiche educative giovanili, che ribadisce l’importanza di lasciare spazio decisionale ai ragazzi: non più destinatari, ma veri e propri protagonisti dei processi culturali. «L’amministrazione si mette di fianco», dice, «offrendo supporto logistico e istituzionale, ma lasciando che contenuti e direzione restino nelle loro mani».

Un approccio condiviso anche dalle realtà di San Salvario, come ha sottolineato Alessandro Amato che spiega la scelta di investire sul ‘fare rete’ piuttosto che su strutture materiali: un tessuto collaborativo tra Lombroso 16, Casa del Quartiere, Cine Teatro Baretti. «Noi come Baretti ci nutriamo dell’energia e dell’entusiasmo di questi ragazzi, servono tantissimo a una sala come la nostra», afferma Cristina Voghera, direttrice artistica del Cine Teatro Baretti.

Il programma del festival incarna questa visione a partire dalla scelta stessa del nome. È il direttore artistico Antonio Perri a spiegare la linea curatoriale, definendo freak un termine ombrello scelto per descrivere tutte quelle personalità e persone solitamente marginalizzate dalla società. «Ci siamo appropriati in modo provocatorio del termine», spiega Perri, «perché vogliamo raccontare il disagio giovanile e il contrasto generazionale per rivendicare i nostri spazi, ma vogliamo farlo attraverso la rappresentazione artistica».

L’edizione 2025 ruota attorno al tema dell’hyperpop, estetica sonora e visiva nata dalla cultura internet, capace di fondere glitch, elettronica e digitale in un universo visivo esuberante.

Perri introduce la prima giornata di venerdì 14 novembre. Il film d’apertura, The People’s Joker di Vera Drew è un manifesto: la scelta è centrale per il festival poiché, come è stato sottolineato, la sua estetica dichiaratamente hyperpop e la sua portata volutamente caricaturale incarnano perfettamente il tema di quest’anno. La giornata si conclude con il DJ set di Kenobit, esponente della scena 8-bit.

Sabato 15 novembre promette un’immersione totale nel tema centrale di questa edizione, “ENTER THE GLITCH“.
La giornata è caratterizzata da un corpus di generi musicali che vanno dal glitch core ai suoni elettronici, con un focus particolare sull’hyperpop, nato come corrente musicale e rinato con figure come Charli XCX e il suo album Brat. Il genere sarà celebrato anche nel contesto italiano: ospite del festival, infatti, è Sillyelly, definita la “regina dell’hyperpop italiano”.

La giornata finisce con il Bodies party di Hi-Jinks: un evento che amplia l’offerta del festival e sottolinea come il corpo possa diventare mezzo espressivo della tensione tra individuo e società.

Si chiude il festival, domenica 16 novembre, con il concorso di cortometraggi: una selezione di quindici cortometraggi curata da Enrico Nicolosi, incentrata sul tema dell’ibridazione tra animazione, fiction e sperimentazione visiva. Il tutto culmina con la proiezione cult di Battle Royale di Kinji Fukasaku, simbolo estremo di ribellione generazionale e riconosciuto come il survival movie precursore di fenomeni globali come Hunger Games e Squid Game.

Dall’inizio alla fine della conferenza, emerge la fiducia nei progetti ideati dai giovani: possono creare un lavoro di squadra pieno di energia che porta ad un’esperienza freak, con identità diverse moltiplicate e mescolate che vengono proiettate su uno schermo.

Sarà un festival intenso non solo dal punto di vista visivo, ma anche sonoro. Una vera rivoluzione, proprio come suggerisce il nome.

Melika Nemati

Goodness: il nuovo album di Feeo sospeso tra luce e ombra

Come si può trasformare il buio e il vuoto esistenziale della vita di tutti i giorni in una poesia, in un rituale? La risposta? Noi, siamo noi la risposta.

Il nuovo album della giovane artista londinese Feeo abbraccia con coraggio e senza compromessi bellezza e oscurità. Dopo una serie di singoli ed EP, l’artista torna con un approccio più sperimentale. L’album, Goodness, presenta tracce minimaliste ma elettroniche che, con orizzonti lirici e concettuali, mostrano le verità sul mondo da lei creato.

Già dai primi secondi di “Days pt.1” si capisce che il mondo sonoro che stiamo per esplorare sarà straniante. Un rumore elettrico, accompagnato da un beat irregolare, poi la voce del padre dell’artista (Trevor Laird) che trasmette il disincanto di Feeo, stanca di un mondo che infligge dolore senza motivo: «Awful things happen every day to people who don’t deserve it».

C’è un legame che unisce tutte le tracce dell’album: un invito ad ascoltare il suo racconto; una storia che accomuna tutti, che oscilla tra morte e vita, stati d’animo e intensità differenti, restituendo momenti di interiorità, intimità, isolamento ed esperienze collettive.

The Mountain” è una specie di poesia sonora. I suoni elettronici ci catapultano in un treno che corre inesorabile, mentre la voce delicata di Feeo ci accompagna in un viaggio attraverso le tappe della vita. L’atmosfera è misteriosa e riflette la nostra impotenza di fronte alla natura: «Give life/Then take it away/I’m only a witness».

Nel brano “Requiem”, la voce luminosa di Feeo si sovrappone invece alla calma ondeggiante dei sintetizzatori e degli strumenti a fiato (Caius Williams al trombone). L’artista abbraccia la morte mentre pronuncia «From my ribs she’ll grow black roses. When I lie down in the garden».

Win!” è l’esempio di come si possa trasformare il suono in emozione. La traccia è costruita su onde sonore frammentate e instabili. In questo contesto caotico, la voce di Feeo si staglia con delicatezza, sussurrando versi come «we can figure this out, people are the answer». Gli elementi elettronici sembrano imprigionati nella loro stessa energia, riflettendo la fragilità e la determinazione della voce. È come se la musica ricordasse che, nonostante tutto, la forza vera risiede nello stare insieme.

L’album può essere diviso in due parti: “Here” segna l’inizio della seconda. La chitarra e il basso elettrico acquistano maggiore rilievo, contribuendo a intensificare l’emotività del brano. Il desiderio di  libertà affiora con forza nel testo, soprattutto quando la voce implora «leave the city», esprimendo la volontà di fuga. La realtà, però, le impone di restare. L’intreccio di strumenti, voce e parole crea un’atmosfera sospesa, in bilico tra la speranza di cambiamento e l’impossibilità di realizzarlo.

L’ultimo brano, “There is No I” esalta la voce cristallina di Feeo, non modificata da effetti elettronici. Questa traccia può essere vista come la risposta a tutte le paure e oscurità dell’album: «When we are together, we are better together».

Goodness è un’opera di rara bellezza e la fragilità del nostro tempo: un mondo di illusioni, paure e delusioni che, forse, solo la musica potrà curare, “quando saremo insieme”.

Melika Nemati