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Cameristi Cromatici e Cardioteam: Concerto benefico dell’immacolata a Torino

L’occasione festosa a scopo benefico, proposta da Carlo Romano con l’Ensemble Cameristi Cromatici e dalla Cardioteam Foundation Onlus, ha regalato un viaggio musicale nel tempo: dall’eleganza del Barocco alle intense colonne sonore contemporanee.

L’Ensemble Cameristi Cromatici nasce nel 2017 dall’amicizia tra Carlo Romano, storico Primo oboe dell’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI e per quarant’anni oboe solista preferito da Ennio Morricone, e Roberto Bacchini, organista e compositore. L’Ensemble, formato da strumentisti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI, ha generosamente prestato, senza risparmio di energie, la propria professionalità al progetto benefico nato dalla volontà del Maestro Romano di omaggiare la Cardioteam Foundation Onlus del Dr. Diena che dal 2008 è impegnata in screening gratuiti di prevenzione cardiovascolare effettuati con l’ausilio di ambulatori medici itineranti, camper e barca a vela, per piazze e porti italiani.

foto di Joy Santandrea

Un breve saluto di ringraziamento dai cardiochirurghi Marco Diena e Maria Teresa Spinnler dà il La al programma musicale, appositamente arrangiato da Roberto Bacchini e diretto da Carlo Romano, in un crescendo di emozioni arricchito con tre fuori programma.

La prima parte inizia con l’energia di Vivaldi con degli estratti dai movimenti delle Quattro Stagioni, prosegue con la poetica di Mozart, passando per la famosissima «Nessun dorma» di Puccini e l’intermezzo della Cavalleria Rusticana di Mascagni. Conclude il fuori programma il Waltzer n.2 di Šostakovič, eseguito dall’emozionata Spinnler, in versione violinista, accompagnata da Costantin Beschieru.

foto di Joy Santandrea

La seconda parte, aperta a sorpresa dal giovanissimo e applauditissimo talento del violoncello Daniel Beschieru, prosegue con la suite da Il Padrino di Nino Rota, la struggente colonna sonora di Schindler’s List di Williams, le note danzanti del valzer del film Il Gattopardo di Verdi arrangiato da Nino Rota, per arrivare al clou con una suite di brani tratti dai film con colonna sonora di Ennio Morricone. Toccando l’animo dell’ascoltatore con le splendide note di C’era una volta in America, passando dolcemente attraverso la bellezza di brani indimenticabili soprattutto per gli amanti della settima arte, si raggiunge l’acme con Gabriel’s Oboe: ascoltare Carlo Romano dal vivo nella famosissima esecuzione di questa iconica melodia è un attimo di puro raccoglimento.

foto di Joy Santandrea

Rispondendo alla standing ovation, Romano regala un ultimo fuori programma. In segno di personale gratitudine accenna un gesto sul cuore e, donando un liberatorio sorriso rivolto alla platea in gran parte formata da medici e loro collaboratori, propone col suo Ensemble il medley tratto dalle musiche di Nicola Piovani per il film La Vita è Bella. È impossibile non lasciarsi toccare l’animo da un messaggio di speranza e rinascita così potente, in cui gratitudine e passione si fondono per creare qualcosa di meraviglioso.

Carlo Romano, l’Ensemble Cameristi Cromatici, Medici e Collaboratori della Cardioteam Foundation onlus ci ricordano che il cuore non batte solo per vivere, ma anche per emozionarci.

a cura di Joy Santandrea

Un tuffo nel passato: Cisco all’Hiroshima

La serata del 5 dicembre all’Hiroshima Mon Amour sarà una di quelle che difficilmente potrà essere dimenticata. Una serata all’insegna del folk-rock, dell’energia, del divertimento, della ribellione, della pace, dei pugni alzati, dei racconti di vita e di un ritorno al passato che è tutt’altro che nostalgico: è un passato che risuona attuale e, a distanza di trent’anni, ancora vivo e vibrante. Il mondo è cambiato ma 1994 e 2024 sembrano essere più vicini di quanto si possa immaginare.

Ad aprire il concerto, un opening act del cantautore torinese Carlo Pestelli: sale sul palco con la sua chitarra e incanta il pubblico alternando brani da lui composti, a brani storici del Cantacronache – come “Dove vola l’avvoltoio”, scritto da Calvino. La sua interpretazione è un gioco tra parole e musica: divertita, recitata, con una melodia controintuitiva che rivela le influenze di Amodei e Brassens. Una voce, quella di Pestelli, che rientra perfettamente nello stile del Cantacronache.
Per concludere e creare un “ponte” con l’attesissimo concerto di StefanoCisco” Bellotti, Pestelli suona «una canzone tutt’altro che datata»: “Oltre il ponte” scritta da Calvino e musicata da Liberovici e che tanti artisti, tra cui proprio Cisco, hanno portato sul palco.

Foto di Ottavia Salvadori

Con un doppio appuntamento – 5 e 6 dicembre 2024 – Cisco e alcuni ex membri dei MCR fanno tappa a Torino con il tour invernale Riportando tutto a casa (live!) 30 anni dopo.
Un filo rosso unisce Cisco ai Modena City Ramblers e difficilmente questo legame si può spezzare. Nel 30° anniversario dall’uscita del primo album d’esordio, Cisco riunisce alcuni ex MCR per riproporre quel disco che ha aperto la strada al combat folk-rock. Un tuffo nel passato fatto di sorrisi, complicità e musica che non conosce età. Insieme a Cisco, sul palco alcuni storici amici-musicisti: Alberto Cottica (fisarmonica), Marco Michelini (violino), Giovanni Rubbiani (chitarra), Massimo Giuntini (bouzouki,  uilleann pipes, low whistle), Roberto Zeno (percussioni), Arcangelo “Kaba” Cavazzuti (batteria e chitarra) a cui si aggiungono «i pischelli che non ci potevano essere»: Enrico Pasini (tromba, tastiere) e Bruno Bonarrigo (basso).

Foto di Ottavia Salvadori

Salgono sul palco, accolti da una tempesta di applausi, sulle note di “Mo Ghile Mear”, intro perfetta alla canzone “In un giorno di pioggia”. Una dolce ed energica dichiarazione d’amore per l’Irlanda che ha saputo subito risvegliare la voce e i movimenti del pubblico. Non c’è tempo da perdere: tutti a cantare a squarciagola, tutti a ballare con un entusiasmo e un sentimento che non conosce freni.
Ma è solo l’inizio di una serata che ha trasformato il concerto in un’esperienza condivisa, un “fare musica” che non conosce più confini. Palco e pubblico non sono più entità separate ma si fondono in un’unica grande energia che trasforma la sala dell’Hiroshima in un grande abbraccio caldo e familiare. Cisco si sporge verso il pubblico, lo coinvolge nel canto, lo fa ballare, battere le mani creando – come riesce sempre a fare – una connessione autentica. Ed è in serate come queste che l’imbarazzo sparisce, che la timidezza di qualcuno si dissolve: nessuno resta con i piedi ancorati a terra, tutti sollevati in salti e in movimenti liberi da ogni costrizione. Nessuna bocca serrata ma solo cuori che battono all’unisono su canzoni che raccontano, che hanno fatto la storia e che continueranno a farla. L’energia, il divertimento, la forza dei testi e della musica attraversano l’intera sala dell’Hiroshima travolgendo ogni angolo.

Foto di Ottavia Salvadori

Si balla, sì, ma la malinconia e la drammaticità di alcune storie si fa sentire: “Ebano”, “Cento Passi”, “I funerali di Berlinguer” sono solo alcuni esempi di racconti di una realtà che sembra distante ma che è ancora tangibile. Niente effetti speciali – eccetto gli occhiali da vista di Cisco – e niente artifici, ma il palco si colora di rosso: una bandiera Arci con il volto di Berlinguer viene dapprima fatta sventolare da Cisco per poi essere utilizzata a mo’ di mantello diventando un elemento scenico di grande significato simbolico. Sul palco un gruppo di amici e artisti che fa ciò che ama con passione, entusiasmo e divertimento ma anche grande professionalità.

Foto di Ottavia Salvadori

Fortunatamente tra il pubblico «molte facce giovani» e questo è la dimostrazione che c’è un pubblico affezionato ma anche in evoluzione; e chissà… che la presenza di giovani ragazzi – purtroppo però mancano i giovanissimi – a concerti come questo non sia un primo passo verso il vero cambiamento…?

Un viaggio nel tempo – come lo definisce Cisco – ma con qualche salto nel presente con una canzone scritta recentemente e intitolata proprio come l’album d’esordio Riportando tutto a casa: una canzone malinconica che ripercorre il tempo passato. E a completare questo viaggio c’è “Siamo moltitudine” un inedito che «parla di noi, della nostra generazione, di quello che siamo e quello che siamo diventati (e come)».

Un po’ di emozione e nostalgia forse nell’aria c’è… ma queste sonorità e parole non moriranno mai, continueranno a sopravvivere con intensità nei cuori, nei corpi e nelle menti di ognuno.

A cura di Ottavia Salvadori

Le Nozze di Figaro: un inizio frizzante, giocoso ed emozionante per la stagione 24/25 del Teatro Regio

Cosa meglio di Le Nozze di Figaro per aprire la stagione 2024-2025 del Teatro Regio: un’opera giocosa, divertente e ricca di sfumature che incarna perfettamente il leitmotiv di questo cartellone. Una gioventù spensierata, umana, ironica che dà vita ad una vicenda turbinosa in cui l’amore e l’inganno diventano motori dell’azione.

Sul podio, il 21 novembre, per la sua prima direzione d’orchestra al Regio, Leonardo Sini: giovane direttore vincitore del Premio Assoluto nel Concorso «Maestro Solti» e il cui debutto professionale risale al 2019 a Budapest. L’approccio di Sini appare fresco: una direzione molto animata ma che mantiene un equilibrio perfetto tra l’esuberanza drammatica e la profondità dell’opera di Mozart.

Foto da cartella stampa Teatro Regio – Mattia Gaido

La regia di Emilio Sagi si è concentrata sulla fluidità narrativa, sfruttando scenografie semplici ma efficaci che hanno valorizzato l’intimità dei momenti più lirici e l’ironia delle situazioni comiche.
L’allestimento scenico è tradizionale ma con un tocco scenico davvero originale: durante l’ouverture, un sipario semitrasparente ha introdotto il pubblico alla storia in modo graduale, svelando scorci di vita quotidiana di Figaro e del castello prima che la scena si aprisse del tutto. Una scelta che non solo ha creato un effetto visivo affascinante, sfruttato anche successivamente in altri punti dell’opera per regalare l’effetto “vedo non vedo”, ma ha anche incarnato l’essenza del pensiero mozartiano, in cui lo spettatore si immerge in una “tranche de vie” già avviata, spiando un mondo già in movimento.
Una scenografia minimal, sui toni del grigio, ma sempre elegante e di grande efficacia espressiva. L’allestimento del Teatro Reale di Madrid, come affermato durante la conferenza stampa, era in completa armonia con il clima sivigliano settecentesco.

Gli interpreti sul palco sono stati degni di nota: Giulia Semenzato (Susanna) ha offerto una performance di grande musicalità e sensibilità drammatica; Ruzan Mantashyan (Contessa) ha emozionato con la sua voce calda e vellutata, particolarmente toccante nell’aria Dove sono; José Maria Lo Monaco, nel ruolo di Cherubino, ha saputo restituire la vivacità adolescenziale del personaggio e il turbamento d’amore in “Non so più, cosa son, cosa faccio”. Un cast che ha emozionato, fatto sorridere e ridere gli spettatori catapultandoli in una vicenda ricca di inseguimenti, di gag e di travestimenti: la recitazione dei cantanti e le scelte registiche hanno messo in luce alcuni aspetti tipici della commedia, enfatizzando quell’effetto “slapstick” basato sulla fisicità e il movimento.

Foto da cartella stampa Teatro Regio – Mattia Gaido

Tra gli episodi più vivaci e originali spicca il ballo con le nacchere, durante i festeggiamenti delle nozze, che aggiunge un tocco di colore e dinamismo all’opera. Ideato dalla coreografa Nuria Castejón, questo momento richiama l’atmosfera solare dell’Andalusia. Il ballo non solo arricchisce l’azione scenica, ma riesce in parte ad integrarsi nella scrittura musicale mozartiana.

L’opera ha ricevuto una calorosa accoglienza dal pubblico under 30, con applausi scroscianti per il cast e la direzione musicale. Questo allestimento rappresenta un esempio brillante di come un classico del repertorio operistico possa essere presentato anche ad un pubblico più giovane e contemporaneo senza perdere la sua essenza.

Foto da cartella stampa Teatro Regio – Mattia Gaido

Le nozze di Figaro resterà in cartellone fino al 1° dicembre 2024, un’occasione imperdibile per gli amanti di Mozart, della Musica e del Divertimento… la maiuscola è dovuta!

A cura di Joy Santandrea e Ottavia Salvadori

Le Nozze di Figaro aprono la stagione del Teatro Regio

Il 18 novembre si è tenuta la conferenza stampa che ha annunciato l’inaugurazione della stagione 2024/25 del Teatro Regio di Torino con Le Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart. Un appuntamento che, oltre a svelare i dettagli della produzione, ha raccontato la vivacità di una città in fermento e l’energia di un progetto artistico ambizioso.

Un grande momento per Torino

Il sindaco ha aperto l’incontro con parole entusiaste, ricordando come Torino stia vivendo una settimana straordinaria. Con i 200 anni del Museo Egizio, il Torino Film Festival, l’Assemblea Nazionale dei Comuni Italiani e perfino la partita Italia-Nuova Zelanda, la città è un palcoscenico vivo e pulsante. «Questa produzione di altissimo livello – ha sottolineato – non poteva arrivare in un momento migliore per la nostra comunità».

Non sono mancati i ringraziamenti a chi rende possibile tutto questo: lo staff, gli artisti e i partner, tra cui Italgas, che sostiene il progetto.

Foto di Joy Santandrea

La meglio gioventù sulle note di Mozart

Il direttore artistico ha spiegato il filo conduttore della stagione, “La meglio gioventù” e come Le Nozze di Figaro possano aprire perfettamente questo percorso. «Gli interpreti di questa produzione – ha raccontato – sono giovani e talentuosi. Anche il direttore d’orchestra, pur promettente, debutta sia con quest’opera che sul palco del Regio».

Una curiosità in più: l’allestimento arriva dal Teatro Reale di Madrid ed è alla sua prima rappresentazione italiana. La regia, firmata da Emilio Sagi, restituisce pienamente l’atmosfera solare e vivace della Siviglia di Mozart, spesso trascurata in altre produzioni.

Parole dal cuore degli artisti

L’emozione è stata palpabile anche nelle parole del direttore d’orchestra, Leonardo Sini, che ha descritto l’opera come «un gioiello di freschezza e vivacità». Con un doppio cast pronto a salire sul palco, ha confessato di puntare a trasmettere l’energia della musica al pubblico in sala.

Gli interpreti, uno dopo l’altro, hanno dato vita ai personaggi già durante la conferenza. Figaro è stato descritto come un personaggio energico e a tratti ingenuo, ma con una freschezza senza tempo. Cherubino, invece, incarna la gioventù stessa: un paggio in equilibrio tra spensieratezza e scoperta dell’amore. Susanna? Una donna pratica e moderna, con una profondità umana che la rende sorprendentemente attuale. E il Conte, il cui conflitto interiore riflette la difficoltà di accettare il passare del tempo, si muove tra gelosie, tentazioni e un desiderio di redenzione sincero.

Foto di Joy Santandrea

Un’opera contemporanea e senza giudizio

Il sovrintendente, Mathieu Jouvin, ha definito Le Nozze di Figaro un paradosso senza tempo, capace di esplorare i rapporti generazionali e umani senza mai giudicarli. «Mozart – ha spiegato – riesce a mettere in scena i sentimenti e le dinamiche umane in modo universale, lasciando che sia lo spettatore a trarre le proprie conclusioni». È questa capacità di analizzare l’animo umano con leggerezza e profondità insieme che rende l’opera sempre attuale.

Un’energia che unisce

La conferenza si è conclusa con un messaggio di unità e collaborazione.
«Il Regio – ha detto – è un simbolo di eccellenza per Torino, un faro culturale che ci unisce tutti».

E con questa premessa, la stagione 2024/25 è pronta a partire, promettendo di regalare al pubblico emozioni indimenticabili.

A cura di Joy Santandrea e Ottavia Salvadori

Le sfumature dell’amore: orchestra e coro dell’Opéra de Lyon

Che cosa, se non l’amore, ha il potere di elevare l’animo umano verso paradisi incontaminati, dove il tempo si sospende e la realtà diventa sogno? L’amore, con le sue gioie e sofferenze, è da sempre musa ispiratrice dei compositori di ogni epoca e, il 14 settembre 2024, MiTo Settembre Musica ha scelto questo sentimento come filo conduttore della serata, proponendo un viaggio sonoro e immaginifico. Un doppio concerto, all’Auditorium Giovanni Agnelli, che vedeva come protagonista – e artefice della scoperta delle più sottili sfumature sonore ed emotive – l’orchestra dell’Opéra de Lyon diretta da Daniele Rustioni, interprete acclamato dai principali teatri d’opera internazionali.

Foto di Ottavia Salvadori

Cina e Francia (in prima serata) e Grecia (in seconda serata) sono i luoghi da cui provengono le tre storie che stimolano la creatività dei compositori, i cui brani sono stati eseguiti magistralmente e con un’intensità emotiva che spinge verso i limiti dell’immaginazione.

La leggenda cinese del dio del cielo e della dea delle nuvole, narrata nel poema sinfonico Les eaux célestes da Camille Pépin, è una storia d’amore dipinta in quattro piccoli, ma intensi, quadri: i primi movimenti armoniosi degli archi, sembrano subito aprire una porta che fa accedere ad un mondo incantato e naturale. Un tappeto sonoro tessuto da archi e fiati dapprima è caratterizzato da suoni impalpabili e sfumati che fanno emergere progressivamente le note acute dei flauti traversi e, infine, si trasforma in un movimento meccanico, vorticoso, con note reiterate. Scelta musicale che ha radici dirette nella leggenda: un preannuncio all’arrivo degli uccelli, gli unici che attraverso la costruzione di un ponte permetteranno ai due amanti di ritrovarsi e la rappresentazione sonora dell’orditura e tessitura delle nuvole.
Un brano caratterizzato da un climax sonoro crescente che segue l’andamento della storia. La tensione cresce, la densità sonora aumenta, gli archi si fanno più agitati, i colori sembrano sempre oscillare tra scuri e limpidi, dando l’impressione che il mondo fantastico sia sempre un posto felice, sicuro e tranquillo anche nel momento del dolore.

Foto di Ottavia Salvadori

Di tutt’altro colore è il poema sinfonico di Schönberg, più oscuro e malinconico. Pelleas und Melisande è una storia d’amore tragica, un dramma che ha stimolato diversi compositori, tra cui Debussy che ne trae un’opera lirica e lo stesso Schönberg che, al contrario, propone un poema sinfonico per orchestra, lasciando spazio ai soli strumenti di rappresentare i sentimenti e il tormento d’amore che porta alla morte. Un giovane compositore, Schönberg, che ancora non ha sviluppato a pieno le tecniche dodecafoniche, ma che crea un’opera intensa e complessa, dove i suoni si intrecciano e scontrano.
Il palco si riempie di strumenti, l’organico si amplia soprattutto nella sezione dei fiati con tromboni, trombe, corni inglesi, clarinetto basso, oboi, fagotti e molti altri.
Alle orecchie del pubblico, l’opera appare come una narrazione fluida che attraversa diversi stati emotivi passando dalla calma melodica – ma sempre incerta – a momenti di massima tensione tragica con cambi rapidi di intensità e motivi dissonanti ricchi di passaggi contrappuntistici. Ogni personaggio sembra avere il suo tratto caratteristico e questo porta ad un continuo mescolamento di motivi differenti per atmosfera e nuance.

Il pubblico, curioso di riascoltare nuovamente l’orchestra, non si è lasciato sfuggire l’opportunità di assistere anche al secondo concerto in programma. Dopo un momento di convivialità, tra cibo e bevande, è il momento di tornare nel luogo dove tutto ha avuto inizio: la sala dell’auditorium che ha rivisto occupate tutte le sue sedute.
Procede dunque la serata; questa volta sul palco anche il coro dell’Opéra de Lyon, composto da una quarantina di elementi, per eseguire Daphnis et Chloe di Ravel: “sinfonia coreografica” – come la definisce lo stessocompositore – che accompagna il pubblico attraverso la storia tragica, ma a lieto fine, del pastore Dafni e della sua amata Cloe.
L’orchestra amplia nuovamente il suo organico con la macchina del vento e nuovi strumenti a percussione, tra cui xilofono e campanelli. Violoncelli prima, e arpe poi catapultano nuovamente il pubblico in un mondo onirico, con note in pppp quasi impercettibili;si aggiungono poi i corni che introducono la linea melodica, proseguita dal flauto traverso. Una melodia intima e serena, ma che porta con sé sin dall’inizio un velo di inquietudine che viene ulteriormente giustificato dalla presenza del coro. La voce, che dà vita ad un canto senza parole, è utilizzata come un vero e proprio strumento musicale che si amalgama e intreccia con l’orchestra. La tensione man mano cresce, così come l’intensità dei suoni che riverberano nella sala arrivando a toccare le corde più intime di ciascuno. La partitura, soprattutto nel secondo quadro, prevede un continuo alternarsi di momenti di calma spirituale a momenti tragici ed energici e la continua mutazione dei temi rende la composizione ricca e mai noiosa.

Foto di Ottavia Salvadori

Daniele Rustioni ha diretto in maniera straordinaria l’orchestra; l’intensità emotiva dei brani non solo si poteva fruire con le orecchie ma anche con gli occhi: i movimenti del direttore, l’energia e la passione espressa dal suo volto hanno dimostrato quanto la musica riesca ad entrare e toccare l’animo di ciascuno. L’orchestra di Lione, così come il coro, è riuscita perfettamente a trasmettere la dolcezza e la tragicità dei brani e i sentimenti, modulando i suoni con grande maestria ma risultando sempre delicati anche nei momenti più intensi.

Due concerti che hanno trasformato la sala dell’auditorium in un teatro d’opera o, per gli appassionati di film, in una sala cinema: uno spettacolo senza immagini e senza attori ma con una musica che è capace di creare reazioni sinestetiche di grande potenza.

A cura di Ottavia Salvadori

Dall’oscurità alla luce: il Trittico di Puccini

Dopo la presentazione del 12 giugno tenuta da Susanna Franchi al Piccolo Regio, il Trittico è andato in scena il 18 giugno per l’Anteprima Giovani. L’opera è formata da tre atti unici: Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi composte da Giacomo Puccini (su libretto di Giacomo Adami per Suor Angelica e Il Tabarro mentre il testo di Gianni Schicchi e di Giovacchino Forzano) tra il 1913 al 1918. La prima rappresentazione è avvenuta il 14 dicembre del 1918 al Metropolitan Opera di New York.

Le vicende nel Tabarro narrano un dramma ambientato su di una chiatta sulla Senna a Parigi. Racconta la storia di gelosia e omicidio del triangolo amoroso tra Michele, Giorgetta e l’amante Luigi.
Suor Angelica porta in scena un soggetto con tono lirico e drammatico ambientato in un convento. La trama segue la storia della protagonista Suor Angelica, la quale è stata costretta a prendere i voti dopo aver avuto un figlio illegittimo. Dopo la scoperta della morte del figlio, la donna compie un atto disperato di suicidio, seguito da una visione di redenzione. Gianni Schicchi è una commedia vivace basata su un episodio dell’Inferno di Dante Alighieri. Racconta le vicende del protagonista Gianni Schicchi, uno scaltro popolano che inganna una famiglia per assicurarsi l’eredità di un ricco defunto a favore della figlia e del suo amante.

L’ouverture viene eseguita a sipario chiuso per introdurre i principali temi musicali preparando il pubblico all’esperienza narrativa che seguirà.
Il regista Tobias Kratzer e lo scenografo Rainer Sellmaier propongono nel Tabarro un allestimento dalle tonalità scure ed ombrose.
Sono presenti quattro quadranti in rimando all’impaginazione dei fumetti, in cui si svolgono le vicende dei protagonisti accompagnati dai cantanti del coro: il primo quadrante in alto a destra presenta la struttura della chiatta con sfondo rosso di immagini di grattacieli, il secondo in basso a destra raffigura la stiva con sfondo bianco, il terzo in alto a sinistra rappresenta una cabina con un letto e una televisione con sfondo arancio e nel quarto quadrante in basso a sinistra abbiamo il boccaporto in cui si staglia la visione della chiatta nel mare con sfondo azzurro. Ed infine sul lato destro abbiamo incorporata nella struttura scenografica una televisione, che trasmette al pubblico una sitcom che è vista dallo stesso Michele nel Tabarro, che fa da filo conduttore in rimando a Gianni Schicchi con la morte di Buoso Donati.

Il Tabarro

Per Suor Angelica la scelta scenografica è ricaduta sull’utilizzo di un video in bianco e nero con qualche accento di colore rosso delle immagini: sullo sfondo un cortometraggio della vita monastica condotta dalle suore; che viene scandita in ogni ora del giorno. Intanto le cantanti primarie e il coro femminile si trovano sedute in scena, in rimando al giardino del convento. Il video viene frammentato dall’arrivo di un giornalino proibito che viene consultato da una suora (oggetto del peccato che rimanda alle vicende scabrose che si sono susseguite precedentemente nel Tabarro) e dal desiderio compiuto di un’altra suora nel voler mangiare cibo non consentito come la cioccolata (evidente il rimando al terzo cerchio dei golosi dell’Inferno di Dante Alighieri nella Divina Commedia).

Suor Angelica

In Gianni Schicchi la scenografia è costituita del pubblico seduto sulle
gradinate in scena, che osserva da “voyeur” la storia della famiglia come se fosse in uno studio televisivo. In scena vengono inseriti oggetti per simulare la casa del morente Buoso Donati: un mobile smontabile in più parti, vettovagliamento, asciugamani, un giradischi e un frigorifero colmo di bottiglie di vino. Il cast dei cantanti inizia a smontare la scena alla ricerca del testamento nascosto da Buoso Donati nella busta del disco di Suor Angelica e intanto arriva Gianni Schicchi per la risoluzione dei problemi; il quale sposta il cadavere del morto tra il pubblico fingendosi egli stesso il malato per poter mettere su carta le ultime volontà testamentarie a favore della figlia e del suo amante. Il finale si conclude con l’arrivo in scena dall’alto di una lussuosa vasca idromassaggio in cui i due amanti amoreggiano divertiti.

Gianni Schicci

Bern Purkrabek, alla luminotecnica, è stato in grado di far immergere lo spettatore grazie al contrasto tra il buio delle scene e i giochi di luci colorate all’interno dei blocchi nel Tabarro, l’utilizzo di luci bianche fredde in Suor Angelica per esaltare il video sullo sfondo e per ricreare una dimensione intima e castigata in rimando alla vita di clausura delle suore, mentre in Schicchi le luci sono tutte puntate sui cantanti per esaltare la frenesia e la concitazione delle scene.

Grande lavoro è stato svolto dal Coro del Teatro Regio con la direzione di Ulisse Trabacchin e dalle Voci Bianche dirette da Claudio Fenoglio: pur non essendo così compresenti in scena, hanno saputo esaltare la dicotomia dei sentimenti contrastanti “del bene e del male” dei protagonisti in tutte le sfaccettature e hanno saputo dar voce ad ogni singola emozione provata.
Giorgetta insoddisfatta della vita di coppia (interpretata dal soprano Elena Stikhina) moglie di Michele, proprietario della chiatta (interpretato dal baritono Roberto Frontali) il quale teme che la moglie lo tradisca con il giovane scaricatore Luigi (interpretato dal tenore Samuele Simoncini).
Suor Angelica è la protagonista, una giovane suora dal passato doloroso (interpretata dal soprano Elena Stikhina) avrà un duro scontro con la Zia Principessa (interpretata dal contralto Anna Maria Chiuri) ricevendo conforto dalla suora amica Genovieffa (interpretata dal soprano Lucrezia Drei).

Suor Angelica

Gianni Schicchi popolano fiorentino (interpretato dal baritono Roberto Frontali) che ha abilità nel risolvere con astuzia i problemi, viene chiamato dalla famiglia Donati per modificare il testamento del defunto Buoso Donati e destinando tutti gli averi alla giovane figlia Lauretta (interpretata dal soprano Lucrezia Drei) innamorata di Rinuccio nipote del Buoso (interpretato dal tenore Matteo Mezzaro).
I cast dei cantanti nel Trittico hanno saputo rendere giustizia alle tre opere messe in scena grazie alla grande abilità vocali e interpretative. Particolare nota al soprano Elena Stikhina nel Tabarro e in Suor Angelica per il bellissimo timbro vocale, alla significativa morbidezza nell’emissione dei suoni e all’abilità nei filati, in Gianni Schicchi al soprano Lucrezia Drei per il raffinato registro centrale, alla grande facilità di emissione degli acuti e nell’emissione dei pianissimi ed infine al baritono Roberto Frontali per la grande esperienza maturata in carriera sia vocalmente parlando che per la grande presenza scenica.

Gianni Schicci

La direzione orchestrale è stata affidata alle mani sapienti del direttore d’orchestra Pinchas Steinberg, ha espresso una da una profonda comprensione delle dinamiche orchestrali e dai giochi di colore tra le opere mantenendo una coesione stilistica complessiva: nel Tabarro ha saputo definire un’atmosfera cupa attraverso la gestione degli archi e degli ottoni, in Suor Angelica ha creato una dimensione lirica e contemplativa grazie all’impiego dei legni e degli archi ed infine in Gianni Schicchi ha ottenuto un suono brillante grazie agli strumenti a fiato per sottolineare i momenti ironici e di scherno.
Nel Trittico, vengono trattati temi unificanti e disgreganti come l’amore, la passione, la morte e la redenzione: l’amore coniugale in crisi nel Tabarro che si conclude con un omicidio, l’amore materno e il desiderio di redenzione in Suor Angelica che si conclude con un suicidio sperato nella redenzione, o l’amore giovane e spensierato tra Lauretta e Rinuccio in Gianni Schicchi con la morte di Buoso Donati attorno a cui ruotano gli inganni.

A cura di Angelica Paparella

“La meglio gioventù”: presentata la nuova stagione del Regio

La stagione d’Opera e Balletto del Teatro Regio 2024/25 è all’insegna de La meglio gioventù, dal titolo della raccolta di poesie di Pasolini e dall’omonimo film di Marco Tullio Giordana. Dodici allestimenti, di cui sette inediti, dove le complesse sfaccettature di una gioventù frivola e nostalgica, ma anche conflittuale e provocatoria, faranno da filo conduttore. Un invito a vivere profondamente il presente anche nella sua fugacità che il Sindaco della Città di Torino e Presidente della Fondazione Teatro Regio Stefano Lo Russo con il Sovraintendente Mathieu Jouvin e il Direttore artistico Cristiano Sandri rivolgono in particolar modo alle nuove generazioni per appassionarle alla magia del teatro d’opera.

Si inaugurerà il 1° ottobre con Manon Manon Manon: un’inedita trilogia di Manon Lescaut. Auber, Massenet e Puccini proposti in nuovi allestimenti firmati Arnaud Bernard rifacendosi a tre epoche iconiche del cinema francese. Sempre ad ottobre il Regio ospiterà la Conferenza d’Autunno dell’Opera Europa coi suoi 233 membri provenienti da 44 Paesi. Seguirà Le nozze di Figaro: artisti carismatici diretti dallo spagnolo Emilio Sagi porteranno in scena la piacevolezza di una gioventù ingenua e impetuosa nella sua sfida sociale e forza ribelle. Dicembre, come da tradizione, è dedicato al Balletto. Quest’anno il Balletto dell’Opera di Tblisi, coreografato da Nina Ananiashvili e Aleksej Fadeečev, proporrà Giselle e Lo schiaccianoci in allestimenti ispirati alle fiabe ottocentesche, nella loro visione magica del mondo attraverso gli occhi della giovinezza. Tre spettacoli straordinari di Bolle and Friends inaugureranno il 2025.

Il 2025 operistico inizierà il 28 gennaio con L’elisir d’amore di Donizzetti che commuoverà come ai suoi esordi nel 1832, oggi proposto in cooperazione col Teatro Regio di Parma e diretto da Daniele Menghini. Seguirà il Rigoletto di Verdi in cui la giovane passione dei protagonisti dovrà affrontare crudeltà e cinismo nel nuovo allestimento di Leo Muscato. Ad aprile La dama di picche di Cajkovskij dove passioni, ambizioni, conflitti, vizi e follia verranno messi in scena nell’allestimento di Richard Jones. A maggio l’opèra romantique Hamlet, nuova produzione di Ambroise Thomas ispirato alla tragedia shakespeariana, rifletterà sul conflitto generazionale e la lotta per l’autonomia e l’indipendenza.Infine l’Andrea Chènier di Giordano: tumulti e cambiamenti ambientati durante la Rivoluzione francese in un nuovo spettacolare allestimento di Giancarlo del Monaco. Conferenze-concerto a ingresso libero, condotte dalle giornaliste Susanna Franchi e Elisa Guzzo Vaccarino e dalla musicologa Liana Puschel, permetteranno di incontrare gli interpreti affiancati da giovani cantanti del Regio Ensemble.

Una programmazione attenta in particolare ad un pubblico di giovani che potranno inoltre usufruire delle Anteprime Giovani riservate agli under-30. Una riorganizzazione dei settori di sala e una nuova e vantaggiosa politica dei prezzi renderanno più accessibile ai giovani, e non solo, coltivare la passione o incuriositi aprirsi a nuove esperienze artistiche. Con queste interessanti premesse, e in attesa di conoscere il cartellone della Stagione sinfonica, possiamo solo dire: andiamo al Regio!

A cura di Joy Santandrea

IL GRANDE RITORNO DELL’OPERA “LE VILLI” A TORINO

Il cartellone del Teatro Regio prosegue – dopo la Bohème, La Rondine e La fanciulla del West – con il suo omaggio a Giacomo Puccini in occasione del centenario dalla morte.
Le Villi, opera d’esordio del compositore, dopo 140 anni dalla sua prima rappresentazione in forma ampliata – in due atti – al Teatro Regio, viene nuovamente messa in scena a Torino in una produzione del regista Pier Francesco Maestrini con la direzione di Riccardo Frizza il 18 aprile 2024 con l’anteprima giovani – format che sta avendo sempre più successo tra gli under 30. Un’opera-ballo di soli due brevi atti, della durata di poco più di un’ora, che coinvolge lo spettatore in una storia d’amore. Come spesso capita gli amori operistici finiscono in una tragedia ma la tragedia de Le Villi viene mascherata da creature leggendarie e notturne che popolano i boschi, contrapponendo così l’idillio iniziale del primo atto al sinistro epilogo del secondo.
Vediamo già un Puccini in grado di mescolare influenze diverse, dall’Italia ottocentesca degli scapigliati al romanticismo tedesco sinfonico (“La tregenda”) fino ad arrivare alle influenze francesi con la danza: il tutto colorato da un clima fantastico-infernale che culmina nella danza delle magiche Villi in un rito di vendetta per l’amore perduto.

Foto dal link https://www.teatroregio.torino.it/area-stampa/comunicato-stampa/le-villi

La regia di Maestrini riesce a trasportare sin da subito lo spettatore nel  clima fantastico ma cupo delle Villi: a sipario aperto vengono proiettate immagini in movimento di una tetra foresta al chiaro di luna, quasi a presagire quanto accadrà nel secondo atto. Un escamotage, quello dello schermo, sia per dividere il proscenio dalla scena, sia per mettere in dialogo quanto avviene nello schermo e ciò che accade dietro. La foresta nera si trasforma presto in un contesto colorato e sognante, con fondali fioriti di sapore vittoriano; non da meno sono i fastosi costumi tipici di un’epoca e una classe borghese che festeggia nella propria residenza: un eden onirico e festoso in cui i personaggi cantano, danzano e sognano. Ben presto però questo clima di festa spensierata si conclude con i rintocchi della campana che introducono il concertato-preghiera. L’intermezzo sinfonico si apre con un voice over narrante che introduce il rito funebre di Anna, morta per amore. Come indicato sul libretto, la scena si svolge dietro al telo-schermo che filtra l’immagine del corteo funebre, accompagnato da immagini video che mostrano una donna-sposa sola in un cimitero. La regia, sacrificando parte del testo della voce narrante, è stata abile nel mostrare il contrasto tra il dolore-morte di Anna e la stanza “peccaminosa” nella quale Roberto è stato attirato: un grande quadro reclinato raffigurante una donna nuda fa da sfondo a danze dal ritmo concitato, di tarantella, che muove i corpi delle amanti di Roberto trasportandoli in una danza frenetica. La resa scenica non appare però concitata come la musica: in un momento di climax di tensioni sessuali date dalla partitura musicale, scena e coreografia risultano un po’ statiche. L’opera si risolve con l’intervento delle Villi, creature fantastiche che rappresentano gli spiriti delle ragazze tradite e morte d’amore. Ballando nelle notti di luna piena, trascinano i traditori verso la morte, aiutando così Anna − divenuta anch’essa una creatura soprannaturale − nella sua vendetta contro Roberto. Anche in questa scena la frenesia del momento è data soprattutto dalla musica, mentre la danza delle Villi, che entrano in scena a sorpresa durante il dialogo tra i due protagonisti, diventa più irrequieta nel momento in cui legano con una corda Roberto per avvicinarlo ad Anna e trasportarlo in un altro mondo, quello della morte. Visivamente molto interessante la scelta di accerchiare Roberto, legarlo e condurlo verso il suo destino ma, complessivamente, i movimenti appaiono un po’ rigidi e codificati.

Foto dal link https://www.teatroregio.torino.it/area-stampa/comunicato-stampa/le-villi

Il cast vocale di questa serata, composto dal soprano Roberta Mantegna (Anna), il tenore Azer Zada (Roberto), il baritono Simone Piazzola (Guglielmo), ha faticato a emergere  sull’impetuosità dell’orchestra. Nella scena finale, l’inquietudine di Roberto e la rivalsa di Anna si sono percepiti maggiormente nei gesti che nell’interpretazione canora. Il coro, guidato da Ulisse Trabacchin, è riuscito ad essere più d’impatto rispetto ai solisti, senza però essere di rilievo poiché coperto anch’esso dal grande sinfonismo orchestrale. L’acustica del Teatro Regio sicuramente non ha aiutato, ma le voci non hanno raggiunto il pubblico in modo incisivo e intenso.

Foto dal link https://www.teatroregio.torino.it/area-stampa/comunicato-stampa/le-villi

I giovani sono stati, anche questa volta, protagonisti della serata: non solo un giovane Puccini, ma anche una sala gremita di giovani ragazzi e ragazze interessati a scoprire qualcosa di più sul mondo del teatro musicale. Per coinvolgere maggiormente il pubblico il Teatro Regio continua, infatti, ad invitare ospiti speciali: l’invitato di questa serata è stato Pietro Morello, giovane pianista e digital content creator che con il suo entusiasmo e felicità ha presentato e raccontato – durante l’intervallo tra un atto e l’altro – la storia de Le Villi e qualche aneddoto sulla vita di Puccini.

L’omaggio al grande operista lucchese continuerà al Teatro Regio con un’ultima opera della stagione: Il trittico dal 21 giugno al 4 luglio.

A cura di Roberta Durazzi e Ottavia Salvadori

Le Invisibili Signore della Musica: un tributo alla creatività femminile

L’8 marzo 2024 presso la nuova sede della Steinway & Sons a Milano, in occasione della Festa della Donna, è stato portato in scena un concerto tutto al femminile richiamando tanti appassionati e i pochi posti resi disponibili dalla Steinway sono andati subito ad esaurirsi.

Grazie alla determinazione di un affiatato gruppo di pianiste e pianisti, formatosi su Facebook durante la pandemia, e con la cura della pianista e musicologa (e narratrice del concerto) Ilaria Borraccetti, nasce il programma “Le Invisibili Signore della Musica”: un viaggio musicale che ci ha portati nel genio di compositrici rimaste ingiustamente nell’ombra della storia della musica.

Attraverso le biografie e le musiche di Mel Bonis, Amy Beach, Cécile Chaminade, musiciste e compositrici a cavallo tra XIX e XX secolo, veniamo guidati in un programma che vuole raccontare la loro vita, la loro musica e la lotta per ottenere un meritato riconoscimento.

L’incipit è venuto da Mel Bonis (1858-1937): compositrice francese. Talento straordinario fin dall’infanzia studiò al Conservatorio di Parigi, dove ebbe come insegnante César Franck. La sua musica, varia e complessa, spazia dal pianoforte alle composizioni orchestrali, dalle opere corali alla musica da camera. Nonostante le difficoltà dell’epoca riservate alle donne-artiste, Bonis è riuscita ad emergere come compositrice di grande talento. Il pianista Cristian Mari al suo debutto, nonostante la visibile emozione, ha eseguito la Berceuse immergendoci in questa ninna nanna cullata.

A seguire qualche brano di Amy Beach (1867-1944): compositrice e pianista americana. Anche lei infant-prodige: già a cinque anni componeva semplici valzer, tant’è che la sua carriera decollò molto presto. Beach divenne una delle prime compositrici americane ad ottenere riconoscimento internazionale per il suo lavoro nella musica colta senza aver studiato in Europa. I suoi lavori spaziano da opere orchestrali e da camera a pezzi per pianoforte e coro. La maestria di Cecilia Ferrari nell’eseguire Desdèmona ha saputo trasmette la drammaticità ispirata dal personaggio shakespeariano e catturata da Amy Beach col suo innovativo gusto musicale e le sue sonorità.

In chiusura di concerto, Cécile Chaminade (1857-1944): compositrice e pianista francese. Iniziò a studiare pianoforte con la madre. Perfezionatasi al Conservatorio di Parigi con Benjamin Godard e Martin Pierre Marsick, presto attirò l’attenzione, e divenne nota sia come pianista virtuosa che come compositrice. Chaminade viaggiò ampiamente in Europa e negli Stati Uniti, e fu la prima donna a ricevere la Légion d’honneur, per il suo contributo alla musica. Nonostante la fama e il successo in vita, il lavoro di Chaminade è stato in parte oscurato nel corso del tempo. Tuttavia, il suo corposo contributo alla musica francese, in particolare per pianoforte, è stato riscoperto e apprezzato da nuove generazioni di musicisti e appassionati. Tutte esecuzioni all’altezza della bellezza dei brani proposti. In particolare Angela Gallaccio e Raffaella Nardi con Sérénade d’automne (op. 55), una perla nascosta della musica pianistica romantica a 4 mani, hanno saputo portare l’ascoltatore in una passeggiata d’autunno di foglie cadenti e melodie giocose.

A cura di Joy Santandrea

Presentata la 18ª edizione di MiTo Settembre Musica

«È difficile scrivere musica in un momento in cui ci sono tante incertezze e paure; la musica non può cambiare il mondo ma la funzione di un operatore culturale, come un festival, è di far riflettere, mettere in comunicazione e suggerire connessioni»

Con queste parole Giorgio Battistelli – nuovo direttore artistico del biennio 2024-2025 – apre la conferenza stampa del festival MiTo Settembre Musica, tenutasi il 27 marzo presso il museo Rai della radio e della televisione. Un festival che dal 6 al 22 settembre connette le città di Milano e Torino: storie urbane diverse che cercano dialogo e mescolano le loro identità. Uno dei temi è proprio quello dei “MOTI”: gioco di parole per trasformare MiTo in elemento provocatorio che muove le menti, le scuote e le porta alla riflessione. MiTo crea relazioni tra città e connette musica e vita quotidiana.

Il 6 settembre si inaugura a Torino la diciottesima edizione in Piazza San Carlo con la Nona Sinfonia di Beethoven eseguita da orchestra e coro del Teatro Regio. La rassegna continua poi con altri trentaquattro appuntamenti che mescolano musica contemporanea e musica classica in un programma ricco e differenziato tra le due città – come nelle prime edizioni – per creare un palcoscenico condiviso e permettere uno scambio di idee e creare relazioni. Cinque sono i filoni tematici su cui si sviluppa il cartellone. Quest’anno grande punto fermo della programmazione sono le orchestre, non poteva dunque mancare il format “Mitologie Orchestrali” che porta sui palchi alcune grandi formazioni come la Filarmonica della Scala, l’orchestra dell’Opéra de Lyon e l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Nella sezione “Artistiche Imprese” Stefano Massini racconterà con due monologhi la storia di due aziende storiche di Milano e Torino.
Il rapporto con la contemporaneità, dice Battistelli, è spesso problematico ma con “Ascoltare con gli occhi” si vuole dimostrare che è possibile far convivere queste apparenti dissonanze attraverso una proposta di ascolto che transita verso l’aspetto visuale e immaginifico.
Entrambe le città hanno una grande storia calcistica; pertanto sembrava doveroso, a 75 anni dalla tragedia di Superga, omaggiare questo tipo di cultura con “Musica su due piedi”.  Un altro anniversario caratterizza il 2024, il centenario dalla morte di Puccini, e “Puccini, la musica, il mondo” vuole proprio rendere omaggio a questo grande operista con tredici incontri: anche Toni Servillo interverrà con una narrazione degli aspetti più intimi di Giacomo Puccini.

Sarà un festival intenso e vario, che guarda al presente, al passato e al futuro creando legami ma anche scuotendo gli animi.

Per maggiori informazioni cliccare qui

A cura di Ottavia Salvadori