Abbiamo incontrato Luca Valentino, regista e insegnante di Arte Scenica presso il Conservatorio di Alessandria, che ci ha parlato della sua messinscena, al Teatro Regio, di Pinocchio di Pierangelo Valtinoni su libretto di Paolo Madron.
Cos’è questo strano oggetto chiamato Pinocchio?
È un’opera a tutti gli effetti, che ha avuto e continua ad avere grande successo in tutto il mondo. Pur essendo nata come opera per ragazzi, è in realtà un’opera adulta, con un linguaggio orchestrale complesso, un libretto pieno di riferimenti letterari, e una ricca stratificazione di temi.
Come è nata l’opera?
Credo che tutto sia partito con una collaborazione tra Valtinoni e un coro di voci bianche, ed è il motivo per cui nell’opera ci sono così tanti pezzi per quel coro. Poi è arrivato il successo, prima all’estero e poi in Italia – come spesso accade – e da lì si è ulteriormente sviluppata fino a diventare quello che è ora.
Come ti è capitato di curarne la regia?
Lavoro da tanti anni col Regio, in particolare con le produzioni per ragazzi. Io vengo dal Teatro Ragazzi. Nel 2011 mi hanno proposto di curare la regia di questo Pinocchio, sono entrato in contatto col compositore, siamo diventati amici, lui e Madron hanno visto la mia messinscena, e gli è piaciuta tanto che Valtinoni mi ha suggerito come regista anche per alcune produzioni italiane delle sue due opere successive.
Hai detto che la regia ha un taglio per ragazzi. Come si rapporta lo spettacolo con questo pubblico?
Dal Teatro Ragazzi ho maturato l’idea che il pubblico prima di tutto vada conosciuto. Per fare uno spettacolo per i bambini di oggi bisogna conoscere i bambini di oggi. Io lo faccio coinvolgendoli in laboratori dove – insieme con esperti dell’Osservatorio dell’Immaginario Giovanile – parliamo e giochiamo. In questo modo li ascolto e capisco come pensano e come guardano il mondo. Tanto per dirne una: uno dei laboratori che abbiamo fatto, legato a Pinocchio, si chiamava: «Bambino o burattino?» e a questa domanda i bambini hanno dato risposte meravigliose.
Ad esempio?
Tra i pregi del burattino: non ha il problema della morte; se si rompe si può riparare; galleggia. E da questi appunti, raccolti da Marco Bricco, ho ricavato molte idee per questo spettacolo, dove Pinocchio si può scomporre, può cambiare forma senza subire danno, ovviamente può nuotare, eccetera. Per questo credo che la mia messinscena a un bambino parli. Lavorando con loro, poi, mi sono reso conto che non c’è bisogno di spiegare – o tantomeno di nascondere – ai bambini il significato di certi simboli della storia, anche i più drammatici. Ci arrivano sempre da soli.
A proposito di questo, Pinocchio è un testo ricchissimo di simboli, metafore e temi. Ce n’è uno che hai messo particolarmente in evidenza nello spettacolo?
Quello dei soldi. Merito del librettista, Paolo Madron, che è un giornalista che si occupa di economia, e leggendo Pinocchio si è reso conto di quanto denaro venga maneggiato dai personaggi. In quest’ottica, io ho modificato il personaggio dell’oste (che originariamente era una voce bianca, mentre ora è un basso profondo), facendogli interpretare tutti i personaggi che si occupano di soldi – e sono tantissimi, dal bigliettaio del circo all’omino del Paese dei Balocchi, fino a un venditore ambulante che, alla fine, cerca di vendere a Pinocchio il suo stesso libro.
Hai apportato altre modifiche alla versione originale o a quella che hai diretto nel 2011?
Qualche piccolo cambiamento c’è stato. Siccome il Regio ha una sala molto grande e le voci bianche rischiano di non avere una potenza sonora adeguata, ho chiesto a Valtinoni di trasformare alcune voci bianche in voci adulte. Per esempio, il personaggio del Tonno originariamente era cantato da un bambino, mentre io faccio cantare la sua parte dalla Fata, trasformandola in una sirena. Ciò le dà anche una connotazione acquatica, visto che è un personaggio polimorfo legato anche agli altri elementi naturali: all’aria perché vola e alla terra per le lumache che abitano in casa sua.
Sono presenti dei richiami al Pinocchio di Walt Disney?
Per carità. Io detesto il Pinocchio disneyano. Adoro Walt Disney, ma Pinocchio proprio no. Oltre che troppo distante dal testo di Collodi, lo trovo quasi pornografico. Davvero. No, lo spettacolo è ispirato direttamente a Collodi.
Non ci sono altri riferimenti?
C’è un omaggio al più bel Pinocchio cinematografico, quello di Luigi Comencini. Geppetto ricalca la fisionomia di Nino Manfredi.
Come hai reso scenicamente il personaggio di Pinocchio?
È un vero pupazzo animato da tre persone, nascoste al buio e vestite di nero, che lo muovono da dietro. La cantante, nascosta anche lei nel buio appena dietro Pinocchio, tocca un animatore quando sta per attaccare, in modo che il movimento della bocca del burattino sia sincronizzato al canto.
E per la Fata Turchina? Da dove hai preso spunto?
Mi sono sempre basato sul solito principio: per arrivare ai bambini bisogna ispirarsi al loro mondo. Poi a teatro cerco di renderlo più bello e scenicamente affascinante, ma gli elementi di fondo provengono sempre da ciò che loro conoscono. E siccome la mia nipotina di otto anni andava pazza per le Winx, ho pensato che anche la mia Fata dovesse avere poteri polimorfi, ma in un contesto completamente analogico e teatrale.
Geppetto, invece?
Geppetto è stato molto interessante da rendere. Nel testo di Madron compare all’inizio e alla fine. Per tutta la durata della storia è continuamente cercato, nominato, invocato, ma è assente. Nel nostro spettacolo, invece, ogni volta che viene nominato compare in scena, o in orchestra, o sui palchi. In questo modo il pubblico può vedere contemporaneamente Pinocchio e Geppetto che si cercano a vicenda. Una sorta di storia parallela.
Pinocchio
- di Pierangelo Valtinoni
- Direttore d’orchestra: Giulio Laguzzi
- Regia: Luca Valentino
- Scene e animazione pupazzi: Claudio Cinelli
- Costumi: Laura Viglione
- Luci: Andrea Anfossi
- Movimenti coreografici e assistente alla regia: Anna Maria Bruzzese
- Interpreti principali: Francesca Sicilia / Maria Valentina Chirico (Pinocchio); Salvatore Grigoli / Matteo Mollica (Geppetto); Federica Cacciatore / Selena Colombera (La Fata); Beatrice Fanetti / Marta Leung (Il Gatto e Pulcinella); Daniele Adriani / Paolo Cauteruccio (La Volpe e Dottor Corvo); Rocco Cavalluzzi / Giovanni Tiralongo (Mangiafuoco e Oste); Mariacarmen Antelmi / Serena Morolli (Lucignolo, Arlecchino e Dottor Gufo); Valentina Escobar / Anita Maiocco (La lumaca)
- Orchestra del Teatro Regio
- Coro di voci bianche del Teatro Regio e del Conservatorio G. Verdi
- Maestro del coro: Claudio Fenoglio