«Io sono il mio DJ» cantava Samuel dei Subsonica alla fine dello scorso millennio. Sono parole che sembrano distanti da ciò che oggi fanno in molti, ovvero mettere in sequenza brani che il pubblico vuole ascoltare, senza una propria visione personale. Perché citarlo allora? Beh, oggi torna utile per illuminare il percorso musicale sfaccettato e personale di MACE (Simone Benussi), producer e DJ milanese, che dopo aver attraversato l’underground hip-hop agli inizi degli anni 2000, per poi passare all’elettronica e alla serate nei club, negli ultimi anni si è affermato nel mainstream come un artista unico, libero e riconoscibile.
Siamo stati a Milano per sentire il suo nuovo DJ set audio-visuale “Voodoo People” che per cinque sere consecutive, dal 14 al 18 maggio, ha presentato al club District 272. Lo show promosso dal Club To Club di Torino, che ha debuttato lo scorso novembre a Lingotto Fiere, è stato ripensato in una forma ristretta e familiare con l’aggiunta di ospiti diversi in apertura. Per la seconda data sono stati invitati per un set in collaborazione Lamusa II e XIII (del collettivo torinese Gang of Ducks).

Il locale è un ex strip club in cui sono ancora presenti i pali da lap dance, dal pavimento al soffitto svettano due grandi schermi verticali che, insieme alle luci soffuse, creano un grande portale verso altre dimensioni. Il viaggio e l’attraversamento fanno parte della visione musicale di MACE (vedi “breakthrough suite” in OLTRE), ne deriva la sua decisione di sperimentare con suoni che provengono da culture con cui è entrato a contatto durante i suoi viaggi esplorativi in giro per il mondo. La prima parte è piena di voci, percussioni e tamburi africani, baile funk brasiliano, che poi virano verso jungle e breakbeat. I generi continuano a sovrapporsi, mentre sugli schermi una maschera tribale si trasforma nel volto dell’artista. La seconda parte invece è una serie di produzioni inedite: MACE suona al sintetizzatore modulare brani che esplorano ulteriormente i generi e i ritmi dell’elettronica, mescolando techno industriale, ruvida e martellante a tracce psichedeliche e ipnotizzanti. Tutto questo si collega alla parte visuale che accompagna e sostiene ogni variazione, creando un percorso fitto di connessioni tra luci e immagini.

Nel finale MACE abbandona la consolle e passa dalla parte del pubblico, tra abbracci e balli di gruppo l’ultima traccia scatena le poche energie ancora rimaste e conclude questo lungo rito di passaggio musicale.
Un progetto sincretico, come il culto voodoo che l’ha ispirato, sulla scia dell’omonimo brano di Prodigy e del documentario su Haiti realizzato da Maya Deren, che diventa un intenso invito al ballo sotto la guida di un DJ che ci salva la vita.
Negli occhi ho impresso
Il vuoto delle complessità di un buco nero
Che campiona anche l’aldilà
Per trasformare l’agonia delle parole
In forma d’onda, azioni, in tutto ciò che si muove
(estratto da “Il Mio D.J.” dei Subsonica)
Alessandro Camiolo