Il 22 agosto è uscito il nuovo album delle irossa: La mia stella aggressiva si nasconde nelle virgole e nei punti (L.M.S.A.) scritto e arrangiato da Gabriele Chiara (sax tenore e contralto, clarinetto), Margherita Ferracini (voce, chitarra elettrica, synth, cembalo), Guglielmo Ferroni (chitarra elettrica, sax contralto, synth), Simone Ravigliono (basso, voce), Valerio Ravigliono (batteria, percussioni), Jacopo Sulis (voce, chitarra acustica, synth).
A differenza del primo album, Satura, che ruotava attorno alla ricerca di “lei”, una figura onirica e sfuggente che non corrispondeva a una persona reale, ma incarnava il desiderio di autenticità e di amore assoluto, questa volta è una stella ad essere inseguita: misteriosa, lontana, invisibile agli occhi ma viva dentro ognuno di noi. Non è una meta da raggiungere in fretta, ma una dimora interiore da costruire con pazienza, mattone dopo mattone. Richiede tempo, ascolto, cura. È il sogno di scoprire chi si è davvero, attraversando le fasi della vita e superando i mille ostacoli che segnano questa età incerta e luminosa.
Questo lavoro si rivela come una rappresentazione lucida e delicata della fragilità dei vent’anni – un’età sospesa tra la ricerca di senso, il bisogno di rapporti autentici e il desiderio di capire chi si è davvero. Tra immagini di aule universitarie percepite come estranee, interrogativi sull’identità, sul futuro, e racconti di relazioni sentimentali alla deriva, la band torinese dà forma ad un universo narrativo e musicale che invita non solo all’ascolto e alla riflessione, ma anche ad un possibile riconoscimento: quello di sé, nascosto tra le virgole e i punti, dove qualcosa di luminoso e inquieto continua a sfuggire e a rivelarsi, proprio come una stella che non smette di cercare il suo posto.
Abbiamo deciso di entrare in questo mondo e di intervistarli, per capire meglio cosa si cela dietro le loro parole e melodie.

Come vi siete conosciuti e quando avete capito che volevate creare qualcosa insieme?
R: Ci siamo conosciuti durante un corso di chitarra bluegrass (sì, fa sempre un po’ strano dirlo) alla House of Rock, la scuola di musica di Rhobbo Bovolenta, nostro maestro e mentore, dove quasi tutti noi suonavamo già da anni, anche se in gruppi diversi. Da quel corso è nata un’affinità, poi la voglia di scrivere pezzi nuovi insieme, e infine i primi concerti tra Torino e provincia…
Qual è il significato del nome del vostro gruppo?
R: Come abbiamo già raccontato in qualche intervista, ci sono due versioni della storia. La verità? Eravamo alla disperata ricerca di un nome. Una sera, mentre bevevamo una birra bionda (c’è chi giura fosse una limonata, ma io non ci credo), qualcuno ha detto: “Chiamiamoci i Bionda.” Silenzio. “No, è orrendo.” “Allora facciamo irossa.” E così è rimasto.
Col tempo, però, abbiamo scoperto che in una poesia di Rimbaud, “Les Voyelles”, ad ogni vocale viene associato un colore, e la “i” è, per l’appunto, rossa. Questa è la versione che usiamo quando vogliamo fare i seri… o i fighi.
Parliamo di L.M.S.A., «Il secondo album è sempre il più difficile/ Nella carriera di un artista», diceva Caparezza, voi come lo avete vissuto?
R: Il secondo album è sempre una sfida, ma scriverlo e registrarlo è stato davvero bello. Abbiamo iniziato a comporre nuovi pezzi in un periodo di transizione: da poco era uscita dal gruppo la nostra ex sassofonista, Caterina Graniti, ed era entrato Gabriele Chiara, che ha preso il suo posto ai fiati. Con Gabri abbiamo cominciato a sperimentare una scrittura più coesa, in costante dialogo tra di noi. Ma, soprattutto, abbiamo dato sfogo a una forte necessità di creare. Alla fine, tra agosto 2024 e aprile 2025, abbiamo chiuso le dieci tracce che compongono questo nuovo album.
In quali circostanze è nato?
R: Decisamente varie, e in luoghi che spaziano dalla sala prove di Fede (che ringraziamo di cuore) a una residenza artistica in Friuli, al Mushroom Studio, dove abbiamo avuto la possibilità di fermarci qualche giorno. Lì, circondati dai monti, dal vino e da persone splendide, abbiamo lavorato ai nuovi pezzi per due giorni di fila, dalla mattina fino a notte fonda. È stata un’esperienza fondamentale.
Quali sono gli ascolti che più vi hanno accompagnato mentre registravate le canzoni?
R: Veramente tanti… giusto per citarne alcuni: Black Country, New Road, Fontaines D.C., Shame, Murder Capital, Deadletter, Headache, IDLES… Di musica italiana, dobbiamo ammetterlo, ne ascoltiamo poca.
Cosa è cambiato nel vostro modo di lavorare rispetto alle primissime demo?
R: Ci sentiamo decisamente più maturi e consapevoli di ciò che facciamo, anche se ci piace continuare a sperimentare e non ci sentiamo arrivati a un sound “definitivo”. Le intenzioni di scrittura sono sicuramente più chiare, sia per quanto riguarda la parte strumentale che per i testi. L’aiuto di Claudio Lo Russo (Atlante) nelle registrazioni, produzioni e mix ci ha permesso di raggiungere una qualità decisamente superiore.
Ricordate il momento preciso in cui avete capito che l’album era finito?
R: Probabilmente è stato proprio in Friuli, a febbraio, che abbiamo capito che il disco era, almeno nelle intenzioni, finito. È successo nel momento in cui abbiamo trovato il titolo dell’album. Una sera, dopo molto (troppo) vino, abbiamo giocato al cadavre exquis – un gioco surrealista che consigliamo vivamente, in cui ogni partecipante scrive alcune parole senza sapere cosa hanno scritto gli altri – ed è venuta fuori la frase: “La mia stella aggressiva raggiunge la pelle secca con prepotenza.” L’abbiamo manipolata in vari modi, e alla fine siamo arrivati al titolo definitivo: La mia stella aggressiva si nasconde nelle virgole e nei punti. Una frase e un concetto che hanno avuto in noi una risonanza profonda fin da subito. Da lì in poi, il grosso del lavoro concettuale era fatto… anche se per concludere le registrazioni e la scrittura di alcuni brani ci sono voluti ancora tre o quattro mesi.

Cosa avete provato la prima volta che avete ascoltato il disco tutti insieme? C’è qualche aneddoto che volete raccontarci?
R: Una grande, grandissima soddisfazione, anche se inizialmente mascherata dalle infinite discussioni sull’ordine più funzionale dei brani. Registrarlo è stato un processo lungo e faticoso, ma anche molto divertente. Ricordiamo con affetto una gigantesca pasta alle vongole mangiata con Claudio e Raffa tra una registrazione e l’altra (ancora ci chiediamo come nessuno di noi si sia beccato un’intossicazione, visto che le vongole del supermercato non promettevano nulla di buono).
Comunque, è già almeno un mese che, ogni volta che ci becchiamo la sera, brindiamo al nuovo album… che non è nemmeno ancora uscito. Chissà cosa succederà quando sarà fuori. Nel dubbio, stiamo già preparando il Moment per il mal di testa del giorno dopo.
Qual è il momento e il luogo migliore in cui si dovrebbe ascoltare questo album?
R: Corriamo il rischio di essere banali, ma lo diciamo lo stesso: durante un viaggio in macchina, di notte, da soli, mentre si torna verso casa. Quando ciò che è successo sta già diventando un po’ opaco e l’arrivo ha il sapore di coperte calde e calzini da mettere a lavare.
Com’è essere ventenni oggi rispetto a come immaginavate da piccoli?
R: Non è facile. Da piccoli, tutto sembra insipido rispetto al mondo dei grandi. Poi, in un attimo, grande lo sei diventato davvero, e il mondo dei piccoli ti appare sempre un po’ più bello, più vivido. Per fortuna siamo ancora in un momento in cui possiamo permetterci di essere spensierati, senza troppe ripercussioni… speriamo di riuscire a godercelo finché possiamo.
Che sogno vi motiva oggi?
R: Riuscire a vivere con la nostra musica sarebbe qualcosa di incredibile, una vera ragione di vita. Più persone incontriamo, più ci rendiamo conto che non è affatto facile. Ma l’unica cosa da fare è provarci e crederci fino in fondo, altrimenti si finisce per convivere con il rimorso… e il rimorso, diciamolo, non è granché.
Se doveste scegliere il pezzo che più vi somiglia quale sarebbe?
R: “Io odio il governo” di Tony2Milli. Non rispondiamo a ulteriori domande.
Dove vi vedete tra 5 anni?
R: Cinque anni… Abbiamo il sospetto che tante cose saranno successe e cambiate, e che magari sarà il momento giusto per tirare le somme di ciò che abbiamo fatto. Probabilmente, però, ci ritroveremo davanti a un kebab in Santa Giulia, dopo la solita nottata passata a parlare, magari a dirci: «Eh, se solo avessimo deciso di chiamarci iBionda…»
Dove possiamo sentirvi dal vivo?
R: Il 20 settembre 2025 presenteremo “La mia stella aggressiva si nasconde nelle virgole e nei punti” a sPAZIO211, insieme a Stasi, che è un nostro grande amico. Dopo quella data, stiamo cercando di chiudere qualche altro appuntamento in giro per l’Italia: passeremo per Milano, Bologna, Genova, Viareggio… e, se possibile, anche più giù.
Speriamo di potervi dare informazioni più precise molto presto!
Sofia De March