Puoi anche non ricordare l’anno preciso, ma certi ritornelli ti restano impressi . C’era chi negli anni ’80 li ha vissuti, chi li ha scoperti coi genitori, e chi… era lì per gridare “Baciami” a Tony Hadley.
Il Tones Teatro Natura ad Oira, ha radunato tantissimi amanti della musica: la CM Orchestra, affiancata dallo special guest Tony Hadley, ex frontman degli Spandau Ballet, ha infiammato la rassegna Tone on the Stones. Fondata da Claudio Mazzucchelli, la CM Orchestra è una compagine nata per dare vita a produzioni sinfoniche e crossover capaci di unire repertori classici e pop. Mazzucchelli, figura centrale del progetto, non è solo ideatore e produttore, ma anche arrangiatore e direttore artistico: una personalità poliedrica che ha saputo dare una forma identitaria a ogni produzione. L’orchestra è composta da molti musicisti talentuosi, guidati dalla direzione di Andrea Pollione, musicista e arrangiatore di grande esperienza, da anni legato alla CM Orchestra come direttore musicale.

Sul palco si sono alternati sei vocalist – Paolo Airoldi, Andrea Casali, Silvia Fusè, Sonia Mosca, Roberta Orrù e Martina Lo Visco – accompagnati da un corpo di ballo coinvolgente. L’apertura è stata affidata a “Frozen” di Madonna, interpretata da Andrea Casali, brano che ha saputo creare il giusto raccoglimento iniziale. A seguire, “Broken Wings” dei Mr. Mister, cantata da Paolo Airoldi, ha portato una scarica emotiva che ha acceso definitivamente la platea. Uno dei momenti più trascinanti dello show è stata la travolgente esecuzione di “Relight My Fire”, brano interpretato coralmente da tutti i vocalist: energia pura, che ha mostrato la grande complicità e chimica tra i cantanti e la CM Orchestra.
Con l’ingresso di Tony Hadley sul palco è scattata la scintilla. L’inconfondibile voce degli Spandau Ballet ha esordito con “Chant No. 1 (I Don’t Need This Pressure On)”, brano dal testo emblematico che parla di rifiuto delle pressioni esterne, come a dire: lasciamo da parte le pressioni e godiamoci la serata. La sua apparizione ha scatenato un’ovazione tra i presenti, numerosissimi (posti sold out) e visibilmente emozionati. Da quel momento, la scaletta ha continuato a snodarsi tra reinterpretazioni di grandi classici: “Everybody Wants to Rule the World” dei Tear For Fears, affidata a Roberta Orrù, ha riportato il pubblico nel cuore del decennio; “What’s Love Got to Do with It”, cantata da Silvia Fusè, ha fatto risplendere le sonorità soul-pop di Tina Turner; “Hung Up” di Madonna, portata sul palco da Sonia Mosca, ha innestato una nuova energia. Non poteva mancare nemmeno “The Wild Boys”, uno dei brani simbolo dei Duran Duran – amici-rivali storici degli Spandau – cantato da Andrea Casali e Paolo Airoldi: adrenalina.

Hadley è tornato protagonista con alcuni dei successi intramontabili degli Spandau Ballet: “Gold”, “I’ll Fly for You” e “Through the Barricades” – titoli che anche chi non ha vissuto direttamente quel decennio conosce e canta, come se appartenessero a una memoria collettiva. Il momento più divertente è stato senza dubbio l’introduzione di “True”, con Hadley che ha scherzato col pubblico: «If you love somebody and you wanna Bacio Bacio…» – e la platea, in coro, ha risposto «Bacio Bacio». Al suo ribattere con un ulteriore «Bacio Bacio», una fan ha urlato «Baciami!», Hadley, ridendo, ha concluso con un “This is the song. This is True!”, prima che l’orchestra attaccasse con il brano. La sua presenza scenica, il carisma e l’eccezionale qualità vocale hanno dimostrato quanto Hadley riesca ancora oggi a dominare la scena.
Ogni canzone è stata arricchita da coreografie eterogenee che hanno amplificato l’impatto emotivo del programma. Il palco del Tones Teatro Natura, incastonato nella roccia, ha giocato un ruolo fondamentale nella serata: grazie alle proiezioni sulle pareti della cava e a una regia posta sul fondo della platea, costruita all’interno di una struttura a forma di T composta da container, l’intero evento ha acquisito una qualità immersiva rara.

In platea, tante persone che gli anni ’80 li hanno vissuti, ma anche giovani che quei brani li hanno scoperti grazie ai genitori, e perfino bambini, catturati anche loro dalla trappola del groove irresistibile delle canzoni. Il concerto ha lasciato negli spettatori una sensazione di festa, nostalgia ed entusiasmo contagioso.
Perché certe serate, come certe canzoni, restano. Come recita uno dei versi più noti degli Spandau Ballet: “This is the sound of my soul”.
di Joy Santandrea