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Monitor Festival: il debutto che accende il futuro

Torino apre l’estate con una nuova proposta nel panorama dei festival: MONITOR, rassegna musicale che debutta presso lo SPAZIO211, storica sede della musica indipendente cittadina. 

La line-up della serata ha offerto un percorso sonoro variegato, capace di intrecciare estetiche locali e internazionali attraverso una selezione accurata di interpreti.

Del resto, a guidare il progetto è Gianluca Gozzi, già direttore artistico del festival TOdays, che per nove edizioni ha rappresentato un punto di riferimento per la città. 

Ad aprire la serata, la band torinese The Cherry Pies, unica formazione locale in cartellone. Il loro suono sporco e seducente rievoca gli Arctic Monkeys di Favourite Worst Nightmare; le chitarre sembrano uscite dai club dei primi anni 2000, mentre le melodie ricordano le ballad dei The Libertines. 

Con brani dalle suggestioni indie-rock britanniche tratti dal loro LP Don’t Just Say Things, la band ha saputo scaldare il pubblico dimostrando che la scena underground torinese ha ancora molto da dire.

Torino non è Sheffield, ma per un attimo lo è parsa.

A seguire, direttamente da Newcastle, Richard Dawson ha cambiato completamente la pelle della serata. 

Senza Futuro Studio

La sua voce, eterea e potente, ha riempito lo spazio con una grazia disarmante.

La padronanza della chitarra richiama i primi lavori solisti di John Frusciante, mentre la scrittura attinge a un immaginario lirico colmo di memorie personali e racconti familiari, evocando fantasmi e visioni surreali. 

Particolarmente toccante l’interpretazione di “Wildegeeses” di Michael Hurley, figura di riferimento del songwriting folk americano e fonte d’ispirazione per Dawson.

Terza artista in scaletta, Luvcat, alla sua prima esibizione italiana. Il suo stile fonde l’estetica pop di Sabrina Carpenter, la schiettezza di Lola Young e il romanticismo noir di Nick Cave. Sul palco ha portato un mix di sensualità e vulnerabilità, esplorando le complessità dell’amore con synth malinconici su cui lasciarsi andare.

Senza Futuro Studio

A chiudere la serata, gli attesissimi Shame, quintetto post-punk di South London che ha recentemente aperto i concerti dei Fontaines D.C. 

La band ha confermato la propria reputazione con un live viscerale e senza compromessi. Il frontman Charlie Steen, tra stage diving e urla catartiche, ha dimostrato ancora una volta di essere uno dei performer più magnetici della scena britannica: canta, suda, urla, si lancia, si dissolve.

Senza Futuro Studio

Ogni brano, da “Concrete” a “Cutthroat”, è un colpo allo stomaco che mescola rabbia e ironia come farebbe Mark E. Smith dei The Fall ma con l’urgenza generazionale dei millennial.

Non è solo un concerto: è una dichiarazione. E Shame la urlano tutta.

Nonostante si tratti della prima edizione, il MONITOR Festival ha mostrato una sorprendente maturità progettuale e una visione artistica nitida, ponendo le basi per un percorso destinato a evolversi e amplificarsi, coinvolgendo nuovi spazi e pubblici, e contribuendo in modo significativo alla vitalità culturale della città. La qualità della proposta, l’originalità della line-up e la risposta entusiasta del pubblico hanno confermato il potenziale di questa nuova realtà.

MONITOR Festival non è solo un debutto riuscito: è l’inizio di qualcosa di grande.

Sofia De March