Beer & Jazz on Monday!

La rassegna che unisce jazz e birra artigianale

Con il debutto del Torino Jazz Festival si è conclusa la quinta edizione de Beer & Jazz on Monday!, la rassegna curata da AR.CO.TE. che ogni lunedì ha portato il jazz al Birrificio Torino.

Dall’inizio di Ottobre alla fine di Aprile si sono esibiti tra i tavoli del Birrificio numerosi musicisti del territorio piemontese e non solo, da Milano e Roma, sotto la direzione artistica del trombettista torinese Johnny Lapio.

Il Birrificio Torino è un rinomato locale della movida, situato in zona Regio Parco, poco dopo il Lungo Dora, con «suggestioni da Primo Novecento, insegne e devanture, bancone d’antan e tavoli in pietra lavica decorati a mano con basi in ferro battuto, il tutto sposato con un impianto di produzione artigianale altamente tecnologico e posizionato alla vista del pubblico».

Tra queste mura, ogni lunedì sera dalle 21.30 alle 23.00, orario pensato ad hoc per i lavoratori, un gruppo diverso ha proposto i propri progetti e composizioni, mentre il pubblico gustava l’ottima birra artigianale del posto.

Si sono susseguiti ensemble di musicisti che hanno espresso il loro stile delineato da un sottogenere jazzistico specifico attraverso l’interpretazione di loro brani, o di versioni standard per allietare l’orecchio dell’ascoltatore con qualche pezzo conosciuto.

La rassegna, che ormai alla sua V edizione, ha visto in questi anni a partecipazione di musicisti quasi tutti del territorio, come il direttore artistico del Torino Jazz Festival Giorgio Li Calzi, ospite di un progetto; da qualche anno il Beer & Jazz ha stretto un gemellaggio con Novara e Milano, creando una rete su tre regioni diverse. Ma non solo: in alcune occasioni si sono esibiti anche musicisti di fama internazionale, come ad esempio Harold Danko, che ha accompagnato tra gli altri anche Chet Baker.

Il genere principale, come suggerisce il titolo della rassegna, è appunto il jazz e i suoi dintorni: si va dal jazz più tradizionale, con band come i due progetti in trio di Danilo Pala, uno dei noti sassofonisti torinesi di marcata impronta parkeriana; passando per il blues, come il penultimo appuntamento con il supergruppo “Dipinti di Blues”; avvicinandoci all’elettronica del nuovo progetto Torino Unlimited Noise di Gianni Denitto (sassofono), Fabio Giachino (piano e tastiera) e Mattia Barbieri (batteria); fino allo sperimentalismo avanguardistico di Johnny Lapio & Arcote Project.

Johnny Lapio & Arcote Project con Fulvio Chiara

Nel corso degli eventi era prassi che i musicisti fossero interpellati per suonare come ospiti delle band, come nel caso del Begonia Trio, del trombonista Luca Begonia, punto di riferimento di molti musicisti del territorio formatisi professionalmente alla sua scuola, che ha visto l’eccezionale partecipazione del trombettista Chad McCullough direttamente da Chicago.

«L’idea è nata da una chiacchierata con un amico» dice Johnny Lapio ricordando lo scomparso sassofonista torinese Gigi Di Gregorio, «abbiamo sempre voluto fare una rassegna, lui conosceva il proprietario del Birrificio Stefano Pombia». Insieme hanno scelto volutamente il lunedì sera perché non c’era movida nel capoluogo piemontese. Il luogo si prestava in modo perfetto all’occasione: «non è il classico posto silenzioso o ideale per gustarsi quel tipo di musica. Lo dico anche con un certo orgoglio: c’è un pubblico trasversale. Si va dal bambino all’anziano, appassionato, che sta intorno ai musicisti, essendo uno spazio unico però, un po’ di vociare dal fondo arriva. Però alla fine va bene così. C’è gente come Harold Danko che ha suonato lì dentro, che urlava “Good energy!”: è un posto dove il jazz lo portiamo alle persone».

Il luogo si basa sull’artigianato: cinque o sei birre che si trovano solamente lì. «Ci piaceva l’idea dell’artigianato e dell’unicità da collegare al jazz, che non vuol dire che il jazz sia da sfondo, ma che vada in parallelo. Così c’è stata una bella risposta da parte del pubblico. È ovvio che proponendo altre musiche di tipo più commerciale avremmo riempito di quattro volte il posto, però si sarebbe sposato poco con l’artigianato».

La partecipazione del pubblico infatti si è rivelata una perla col passare degli eventi. Tutti i tavoli intorno allo spazio ritagliato per i musicisti erano sempre pieni, raramente c’era poca gente in tutto il locale e spesso c’era gente in piedi solo ad ascoltare; i primissimi tavoli, tranne qualche eccezione, erano sempre occupati da i “fedelissimi” sempre presenti a questo tipo di serate, coloro che per primi richiedevano il bis a gran voce urlando come “ultras del jazz”.

Sono iniziative queste che tentano di portare il jazz al pubblico, come dice Lapio, poiché da lì passano comunque tutti i veri musicisti, e quando questi suonano se ne accorge anche chi non ha mai ascoltato questo genere, perché chi lo suona veramente sa come arrivare al cuore delle persone.

Basta guardare la meraviglia di quanti venuti a passare una semplice serata si sono ritrovati incantati e trasportati nella magia di una musica che si suona da più di un secolo in tutto il mondo.

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