250 anni e non sentirli? Maratona Beethoven in casa De Sono

In tutto il mondo si celebra la nascita, a 250 anni di distanza da noi, del grande compositore Ludwig van Beethoven. Anche qui a Torino, nonostante le avversità di quest’anno, non ci siamo persi d’animo e la De Sono ha omaggiato il Maestro, sabato 10 ottobre al teatro Vittoria, con una maratona di concerti. Di seguito raccontiamo com’è andata.

Una maratona di giovani e giovanissimi ha e-seguito alcune tappe compositive più interessanti del grande maestro Beethoven. Ad accomunare questi artisti è il legame con l’associazione per la musica De Sono, che da più di trent’anni contribuisce al perfezionamento musicale nei più prestigiosi istituti d’Europa. Dai compositori ai cantanti, dagli strumentisti ai musicologi la De Sono ha percorso molteplici strade assieme a centinaia di persone. Alcuni di loro sono stati gli interpreti della giornata di sabato 10 ottobre.

Apre la giornata la Sonata per violoncello e pianoforte n 1. Op. 5 con Ilario Fantone (violoncello), Lorenzo Bovitutti (pianoforte) che si scambierà con Martina Anselmo (viola) per il secondo brano: il Duo per viola e violoncello in mi bemolle maggiore WoO32 “con due paia di occhiali obbligati”. Se la prima composizione spicca per la sua innovazione e ci mostra immediatamente la grande padronanza del Maestro nell’arte compositiva sin da giovanissimo, la seguente, poco conosciuta, rivela l’animo baldanzoso e leggero di Beethoven, specie quando a suonare con lui erano cari amici, come il Barone Nicolaus Zmeskall.

 Seguono poi due brani celebri: la Romanza per violino e pianoforte in fa maggiore op. 50 e la Patetica. Sul primo, tappa obbligata per ogni violinista, pesa la responsabilità di dare una nuova prospettiva su brani largamente eseguiti; tuttavia Misia Iannoni Sebastianini padroneggia sicura la parte. L’esecuzione è limpida, l’intonazione è precisa e le arcate sicure: questa performance ha dato sicuramente prova delle abilità della giovane musicista.

Ma se la romanza è famosa, che aggettivo usare per la Patetica che segue? Ciò che porta con sé la fama di un brano non è solo il suo carattere storico, ma l’emozione condivisa della comunità dei partecipanti: in sala c’era chi batteva il piede a tempo, chi muoveva la mano con fare direttoriale, chi chinava il capo nel raccoglimento del secondo movimento. Alberto Pipitone Federico è riuscito a trasmettere tutto questo: a raccogliere la comunità attorno a sé, gratificando questa meravigliosa composizione.

Si conclude la prima parte del concerto e ci accoglie nella pausa la studiosa e musicologa Benedetta Saglietti. Attraverso i passaggi salienti della sua ricerca iconografica su Beethoven percorriamo la storia della vita e della musica del Maestro con gli occhi di un’altra arte: quella  figurativa e plastica. Uno studio, questo, che si inserisce a dovere nel clima delle riflessioni estetiche riguardanti la svolta iconica, rivalutando l’importanza dell’immagine nella storia e, per noi, nella musica.

Beethoven in uno dei ritratti discussi da Benedetta Saglietti

Si apre la seconda parte della maratona con la Sonata per violino “A Kreutzer” n. 9 op. 47. È storia che il primo violinista ad eseguire questa parte, il giorno della prima, lesse le variazioni quasi a prima vista, avendo Beethoven finito di comporle solamente la sera antecedente. Una sonata per spiriti intraprendenti dunque, che si addice ottimamente alle personalità fiammeggiante di Anica-Dumitrita Vieru, accompagnata al pianoforte da Alberto Pipitone Federico.

Tornano poi Lorenzo Bovitutti e Ilario Fantone, mentre rimane sul palco Vieru. Gli esecutori e i loro strumenti sono adesso noti, e dovremo aspettare poi la voce di Laura Capretti, nella terza parte del concerto, per un radicale cambio di organico. La chiusura con il Trio degli Spettri per questa seconda parte è infatti un po’ la summa compositiva di quanto abbiamo sentito fin ora. Gli esecutori danno prova di una apprezzabilissima vena cameristica, che non sempre si concilia con gli animi dei solisti. Sebbene la Vieru abbia dedicato il biennio in Conservatorio alla musica cameristica e gli altri due non siano certamente estranei al genere, la formazione è composta per l’occasione. Si dice infatti che un buon musicista da camera sia colui che permette alle altre parti di risaltare: terreno di prova per saggiare anche l’umiltà degli interpreti. I tre esecutori si sono bilanciati ottimamente in quest’occasione, deliziando il pubblico con uno dei capolavori della maturità beethoveniana.

Terza parte del concerto, dedicata agli ultimi anni di vita e della produzione di Beethoven. Scritte a pochi anni di distanza dalla morte, ci accolgono le Sei Bagatelle per pianoforte Op. 126. Fa il suo ingresso Francesco Maccarone: il suo pianismo rivela immediatamente una sensibilità capace di interpretare in maniera convincente gli spiriti del Maestro, estremamente variegati in questi sei pezzi. Certo è che, quando si parla di Beethoven, anche i suoi brani più melodicamente efficaci non si possono dire di facile intuizione. In quest’ultima parte emerge così il lirismo del compositore, per apprezzare anche questo lato della sua produzione, seppur meno conosciuto. Con il ciclo di Lieder An die Ferne Geliebte, uno dei primi esempi di questo genere nel canone classico interpretati dal mezzosoprano Laura Capretti, rimaniamo piacevolmente rapiti dal sogno amoroso descritto dalle parole e dalla musica; e sebbene sia stato inizialmente pensato per voce maschile, viene in questa occasione trasfigurato al femminile. Prova, questa, che dimostra quanto i ruoli (storicamente definiti del genere) possano in musica essere alleggeriti del peso storico di cui si caricano.

Si procede verso la fine di questa giornata dedicata al grande compositore. Durante l’assestamento al pianoforte per eseguire l’ultimo brano, Pipitone Federico lascia il suo comodo sgabello per prendere posto su una sedia à la Glenn Gould a fianco di Francesco Maccarone: è il turno della Grande fuga per pianoforte a 4 mani Op 134. L’alternanza dei temi e dei ritmi rende questa composizione uno dei brani più complessi dell’intero concerto, impegnando i due giovani pianisti in uno sforzo visibile. D’altra parte la grande fuga è forse uno dei capolavori più apprezzati in ambito intellettuale, tanto che Stravinskij la giudicò un’opera eternamente contemporanea.

Volge al termine questa maratona dedicata alla memoria del grande musicista Ludwig van Beethoven, nella speranza che non solo le sue composizioni, ma egli stesso rimanga vivo e indimenticabile attraverso il genio della sua produzione, eternamente presente nel repertorio della musica occidentale.

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