Il live dei Pinguini Tattici Nucleari in un Pala Alpitour sold out

Dopo aver rimandato per ben due volte l’appuntamento a causa della pandemia, il 27 giugno il “Dove eravamo rimasti tour” dei Pinguini Tattici Nucleari va finalmente in scena al Pala Alpitour di Torino. La band bergamasca si esibisce in un palazzetto sold out gremito da migliaia di fan, la maggior parte dei quali aveva acquistato il biglietto a febbraio 2020 (subito dopo la partecipazione della band al Festival di Sanremo). Una lunga attesa, che non ha però scoraggiato la presenza del pubblico, che ha goduto di un concerto al di sopra di ogni aspettativa.

A scaldare la platea ci pensa chiamamifaro, nome d’arte della giovane cantautrice bergamasca Angelica Gori, che incuriosisce i presenti e rende l’attesa più spensierata. Poco dopo sul led viene proiettata una scritta per invitare i fan a scaricare l’app ufficiale della band. Una richiesta interattiva, che sarebbe stata compresa poco dopo dal pubblico. Il motivo? Collegarsi ad essa durante il live per illuminare e colorare le tribune in diversi momenti del concerto.

Il live si apre con un messaggio che colpisce i presenti: la voce di Riccardo Zanotti, il frontman del gruppo, ripercorre la lunga attesa vissuta dalla band per portare dal vivo questo tour – il loro primo nei palazzetti – che sembrava destinato a non potersi concretizzare per i numerosi rinvii. I sei componenti della band salgono sul palco e propongono “Ridere”, uno dei singoli più amati, che il pubblico torinese intona a squarciagola. La scaletta ripercorre i brani più celebri: “Ringo Starr” – la canzone sanremese che ha lanciato la band –, “Antartide”, “Bergamo”, “Scatole” e molti altri movimentano la serata. Vi è anche spazio per i brani meno noti e datati, come “Bagatelle”, “Sciare”, “We Want Marò Back” (quest’ultimo proposto in una versione inedita in una parentesi con il mix alla console).

I Pinguini Tattici Nucleari al Pala Alpitour (credit foto: Martina Caratozzolo)

Fin da subito, i Pinguini fanno capire di aver curato nei minimi dettagli ogni istante dello show. Riccardo si scatena da una parte all’altra del palco e calca la passerella al centro del palazzetto, ma allo stesso tempo non dimentica di lasciare il protagonismo anche ai suoi compagni d’avventura. Spazio a Elio Biffi e Simone Pagani, rispettivamente il tastierista e il bassista della band, che abbandonano momentaneamente i loro strumenti per cantare qualche brano, fra lo stupore dei fan. Memorabili, inoltre, gli assoli di Nicola Buttafuoco e Lorenzo Pasini, le due chitarre del gruppo, che si prendono la scena e gli scroscianti applausi del Pala Alpitour.

I Pinguini non dimenticano, però, da dove sono partiti, facendo scorrere sullo schermo le immagini dei momenti passati in sala prove e dei loro primi concerti nei piccoli pub di Bergamo, quando la gavetta era un must.

Le immagini dei Pinguini Tattici Nucleari in sala prove proiettate sul led (credit foto: Martina Caratozzolo)

Il gruppo bergamasco fa un’ulteriore sorpresa ai fan torinesi: un simpatico siparietto con Eugenio Cesaro degli Eugenio in via di Gioia, che si presenta sul palco nelle vesti di un rider che consegna loro del sushi, strappando una risata al pubblico prima di introdurre – non a caso – il brano “Sashimi”. Poco dopo, il frontman si getta tra i fan in stage diving, attraversando quasi tutto il parterre prima di tornare di corsa sul palco.

L’emozione all’interno del palazzetto è palpabile. I fan assistono alle due ore di concerto (che sembrano volare) e si godono l’ultimo brano in scaletta: “Pastello bianco”, proposto in un’intima versione al piano. Il gruppo scrive Grazie Torino su una lavagnetta e promette di tornare presto.

Riccardo Zanotti ringrazia il pubblico torinese (credit foto: Martina Caratozzolo)

Si chiudono così le danze di una serata memorabile, resa speciale dall’alchimia mostrata dai membri della band. A chi li accusa di essere diventati mainstream rispetto agli esordi rispondono con la passione e l’entusiasmo di chi vive per suonare dal vivo, a prescindere dal genere proposto. 

A cura di Martina Caratozzolo

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