FROM BREBBIA WITH LOVE

Luci e ombre del nuovo album di Massimo Pericolo

Mentre il 50% dei fan della scena è impegnato con i meme su Dababy e i furti di volante a Tony Effe, l’altro 50% rievoca i bei tempi andati delle medie quando ci si inviavano le foto porno con il bluetooth nel retro del pullman in gita al Bioparco, sghignazzando in lungo e in largo da quando Massimo Pericolo ha postato la tracklist del suo secondo attesissimo album. Sì, perché per giorni e giorni prima dell’effettiva uscita del disco, tutto il focus si è concentrato sulla traccia feat. Salmo “Cazzo culo” che ha fatto così tanto ridere che tutto il resto è passato in secondo piano. Tipo il fatto che Massimo Pericolo ha sfornato un disco, con pochissimi featuring, dopo anni di inquietanti post Instagram in cui pareva volesse lasciare la musica da un momento all’altro e in cui confessava l’estrema difficoltà nello scrivere qualcosa che potesse anche avvicinarsi al capolavoro che è stato Scialla semper, che mette sempre d’accordo tutti.

Ma a un certo punto “cazzo culo” non ha più fatto ridere e l’album, lo scorso venerdì 26 marzo, finalmente è uscito su tutte le piattaforme, sempre con lo zampino di Crookers e l’immancabile cerchietto con le orecchie da gatto.
Quanto è difficile scrivere il secondo disco, soprattutto se col primo diventi ricco“: una dichiarazione d’intenti in apertura della prima traccia “Casa nuova” feat Venerus, che apre Solo tutto, il secondo album di Massimo Pericolo. Suona quasi come una premessa, per mettere le mani avanti, per scrollarsi di dosso un po’ di quella paranoia dell’avere a che fare con una scena che ti tratta come il custode del vero spirito del rap italiano perduto fin dal primo album, dal successo probabilemente inaspettato.
E tutti sono concordi sulla potenza di Scialla Semper: crudo, sporco, incazzato, viscerale, un elogio della profonda rabbia di provincia che i ragazzi di vita di Brebbia conoscono molto bene. Per certi versi, con Solo tutto siamo lontani dai ruggiti di “7 miliardi” ma, del resto, questa svolta parziale è stata ampiamente annunciata dai singoli usciti in questi lunghi anni di attesa (vedi “Beretta“). Il sound di Crookers, che prende a piene mani dalla techno e dalla house, si sente forte e chiaro: la continuità c’è, pur imanendo in un’ottica di distanza dal primo album, com’è giusto che sia. D’altra parte c’è molta più sperimentazione nel sound dei beat, nella scelta dei suoni, nella direzione stilistica di un brano piuttosto che di un altro: c’è la la cassa dritta old school di “Airforce“, stemperata dalle tastierone pop per accogliere la voce di Madame e c’è la trap brutta e cattiva di “Debiti” con un autotune che ricorda lo Sfera Ebbasta di XDVR per accontentare i personaggi austeri e militanti severi fermi al 2016, che suona più piacevolmente nostalgica che anacronistica. Un disco da scoprire traccia dopo traccia, da ascoltare lasciandosi trasportare senza aspettarsi niente.

A tenere insieme tutto questo apparente melting pot c’è proprio lui, Massimo Pericolo. Difficile immaginarlo diverso da quel ragazzino che mostrava con orgoglio le “sabbie d’oro” di Brebbia nel documentario di Vice o che depistava la Rai che cercava Vallanzaska e ha trovato il bambino della Kinder. Chi cresce dimenticato, avvolto in quel microcosmo che si alimenta e si autodistrugge da solo, in un ciclo infinito da cui pochi riescono ad uscire, che è la provincia italiana, si muove nel mondo con una rabbia cruda, che si fa strada prepotente in quasi tutti i primi lavori di quelli che oggi sono nella rosa dei Beati del rap italiano. Chi nasce disprezzando i ricchi e poi ci diventa, si trova con una bella granata in mano. È un problema non da poco quando la street credibility è in gioco. E Massimo Pericolo lo sa, è uno che si fa un sacco di seghe mentali, è autoriflessivo e ha le sue paure e le sue paranoie, o forse ce le hanno tutti, nascoste dietro ai rifle finti e affogate nelle benzodiazepine. Forse è per questo che i testi di Pericolo funzionano ancora come il primo giorno, è questa la realness che non hanno tutti: la capacità di interrogarsi, di mettersi a nudo veramente, senza per questo perdere l’aderenza con un fenomeno che fa dell’immagine la sua realtà. Massimo Pericolo riesce a passare per criminale spietato con la beretta e le orecchie pelose da gatto, così forte e gigante che pare si possa frantumare da un momento all’altro. Come la trap, del resto.

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