La sinfonia del silenzio racconta Beethoven

Il 2 maggio, nello Studium Lab di Palazzo Nuovo, si è tenuta la prima rappresentazione di Beethoven: La sinfonia del silenzio, spettacolo teatrale scritto e diretto da Milena Sanfilippo (sono cinque le repliche organizzate in Università). Al suo fianco, Matteo Chenna e Simone Manzotti nel ruolo di Ludwig van Beethoven. I tre attori decidono di collaborare per mettere in scena quello che è – a tutti gli effetti – uno scorcio di vita di uno dei più grandi compositori della storia musicale. 

Beethoven
Beethoven (Simone Mazzotti) e “l’amata immortale” (Milena Sanfilippo), foto di Ludovica Gaetini

La scenografia è composta da pochi e semplici elementi: una scrivania, un pianoforte, un letto e qualche elemento decorativo. La vera forza motrice di questa storia sono gli interpreti che, incalzati dalla musica e dalle luci – abilmente manovrati da Ludovica Gaetini – trasportano lo spettatore all’interno della mente di Ludwig van Beethoven. Quante persone si sono mai chieste chi fosse veramente il «Maestro», come lo chiama il suo copista Holz (Matteo Chenna)? Quanti suoi ascoltatori hanno pensato a quali potessero essere i suoi affetti? Beethoven: La sinfonia del silenzio ci prende per mano, accompagnandoci nella tanto agognata composizione della Decima (rimasta incompiuta), nel legame con il nipote Karl e in quello con la sua “amata immortale” (interpretata da Milena Sanfilippo); o meglio, del ricordo che il compositore ha di lei. Senza tralasciare il rapporto con il principe Lichnowsky, figura decisiva per il sostegno economico di Ludwig e quello con il padre, Johann van Beethoven (Matteo Chenna), uomo anaffettivo e poco presente. 

Il viaggio verso il lato umano di Beethoven non è solo visivo, ma passa anche e soprattutto per la musica. I brani scelti vengono legati attentamente con momenti particolari della sua vita (come durante la lettura della corrispondenza con Karl), invitando lo spettatore ad ascoltare, oltre che vedere. Che la musica sia parte fondamentale delle giornate e degli anni di Ludwig è chiaro sin da subito: le pareti della stanza sono ricoperte di spartiti, note, chiavi di violino. «Queste pareti sono il riflesso della follia nella mia testa» commenta amareggiato Beethoven poco prima della lettura del testamento quando abbatte la quarta parete e, guardandoci negli occhi, parla con noi. «Tra queste pareti, Voi, Maestro, avete toccato l’infinito»: così, invece, lo saluterà Holz. 

A cura di Chiara Vecchiato

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