Archivi categoria: Stagione 22/23

Tra scandali, frivolezze e cipria: Powder Her Face per la prima volta a Torino

L’opera permette di raccontare storie che ancora oggi possono essere attuali. A dimostrarcelo è uno spettacolo inconsueto che con soli cinque interpreti e più di diciassette personaggi, per la prima volta a Torino, va in scena al Piccolo Regio Puccini il 10 marzo 2023: Powder Her Face. Prima opera lirica di Thomas Adès, compositore classe 1971, direttore e pianista della nuova generazione che spazia dalla musica da camera al teatro musicale cantato, dall’atonalità alla musica barocca, dal blues alla musica per cinema. Un artista poliedrico la cui musica viene eseguita in tutto il mondo.

Attraverso il gioco erotico, il gioco di ruoli e un climax di tensioni, Powder Her Face racconta la storia di una donna paladina della libertà ma vittima della sua stessa società: Margaret Campbell, la cui vita fece scalpore nell’Inghilterra degli anni Sessanta a causa dei suoi comportamenti sessuali disinibiti, vede il suo matrimonio e la sua vita andare lentamente in rovina.
Una storia raccontata attraverso flashback: artificio temporale particolarmente difficile da mettere in scena a teatro ma che la regia di Paolo Vettori è riuscita a rendere in modo molto efficace con cambi a vista di cartelli riportanti l’anno della vicenda.

Foto di Andrea Macchia

Musica e canto sembrano essere indipendenti l’una dall’altro ma, in realtà, si fondono in un unico grande spettacolo che trasporta il pubblico in una storia inusuale ma estremamente coinvolgente.

L’ensemble del Regio, costituito da quindici esecutori, è riuscito con grande abilità a sfruttare tutte le capacità degli strumenti. Tra i timbri più inconsueti lo swanee whistle (flauto a pistone), il mulinello di una canna da pesca, rottami di ferro o l’uso di microfoni che sfregano la membrana del rullante o l’archetto che viene fatto rimbalzare sulle corde. Questi colori insoliti hanno suscitato grande curiosità nel pubblico che faticava a cogliere l’origine dei suoni. Un’orchestra impeccabile che è riuscita a modulare in maniera raffinata anche le dinamiche: suoni leggerissimi e quasi impercettibili si sono contrapposti a sonorità sempre più energiche.
Impossibile non lodare il giovanissimo direttore d’orchestra, il ventiduenne Riccardo Bisatti, le cui abilità sono state confermate da questo spettacolo che propone enormi sfide tecniche. Una partitura che sembra essere un luogo in cui nulla è proibito: tango, swing, jazz, sonorità contemporanee e le deformazioni di temi romantici creano una massa strumentale attraverso intrecci di timbri e colori mutevoli.

Non solo la ricerca di una sonorità pregnante ma anche un lavoro sulla timbrica vocale dei quattro interpreti attraverso un continuo alternarsi di momenti di lirismo a momenti di canto parlato, in stile Sprechgesang, e una sostanziale attenzione per i cambi di registro. Particolarmente esteso è il registro di Lorenzo Mazzucchelli, nelle vesti del Direttore dell’hotel, la cui voce risuonava potente in tutta la sala.
Irina Bodganova, soprano che già ottenne un grande successo al Regio nei panni di Berta nel Barbiere di Siviglia, questa volta ha ricoperto il ruolo principale della Duchessa. Unico personaggio sempre al centro dell’azione e che resta sé stessa fino all’ultimo; al contrario, gli altri interpreti, mutano e si spogliano dei loro abiti per entrare in vesti altrui.

Foto di Andrea Macchia

Mescolando lo stile camp – che rimanda a un carattere grottesco – al tema tragico della Duchessa di Argyll, l’opera risulta molto contemporanea: oltre a raccontarci di una società borghese della quale ci si può fare beffe, ci fa assistere ad una rappresentazione attuale della nostra società dimostrandoci la falla che c’è in essa: l’incapacità di resistere alla tentazione di «spiare dal buco della serratura» – come afferma il regista Vettori – e di giudicare l’altro.

L’erotismo, realizzato dalla regia con grande maestria, non è mai risultato volgare. Anche le scene più scabrose sono apparse eleganti e spiritose, e hanno generato spesso una risata negli spettatori. Con un omaggio alle polaroid di Mollino, perfino le fotografie della moglie del Duca in pose seducenti, esibite nel finale del primo atto sulle pareti grigie, si sono integrate perfettamente nella scenografia.
Lo spazio scenico ricordava un manicomio ma in stile déco, con oggetti di una vita ricca e prosperosa. Un allestimento dunque equilibrato, semplice e d’effetto. Il letto in posizione centrale è diventato l’elemento privilegiato: luogo in cui si consumano le scene erotiche della Duchessa, ma anche luogo del giudizio (un tribunale). L’oggetto della passione è finito dunque per rivelarsi anche l’inizio della sua rovina sociale e finanziaria.

Foto di Andrea Macchia

Al contrario del Don Giovanni che può sfoggiare il suo “catalogo”, la Duchessa viene punita dalla società per i suoi comportamenti. Al centro della storia, dunque, c’è una donna emancipata e ribelle la cui vita viene osservata e giudicata senza pietà.

A cura di Ottavia Salvadori

Premio Nebbiolo: un premio tra musica e amicizia

Al premio Nebbiolo si conoscono veramente tutti, tanto da sembrare una riunione di famiglia piuttosto che una serata dedicata ad un premio. Artisti, musicisti e amanti della musica popolano il Cap10100, legati da un amico in comune: Gwydion Destefanis. Il premio è dedicato al cantautore, scomparso nel 2020 all’età di 29 anni.

Chi era Nebbiolo?

Gwydon è cresciuto nel Monferrato e si fa chiamare Nebbiolo, un nome legato alle sue origini.

“Nebbiolo perché sono nato a fine ottobre in Monferrato quando si vendemmia il Nebbiolo appunto. È il mio vino preferito e c’è la parola nebbia dentro di cui sono amante”.

Prima di lanciarsi nel suo progetto musicale passò quattro anni in giro per l’Europa a bordo di un camioncino, suonando per racimolare qualche soldo. Tornato a Torino, nel 2018, pubblicò prima l’ep “Pezzi d’uomo” e, nel marzo dell’anno successivo, il suo album “Un classico”. Prima della sua scomparsa iniziò il percorso formativo presso il Centro Europeo di Toscolano di Mogol, che si era aggiudicato grazie alla vittoria del premio per miglior testo al Bologna Musica d’Autore del 2019 con la canzone “Più ci penso”.

Nebbiolo – foto di @giofemi

Cos’è il premio Nebbiolo

Il “Premio Nebbiolo” è un contest per giovani cantautori e cantautrici under 30 nato nel 2022. Tutto è partito dall’iniziativa di Alessandro Burbank, poeta e amico di Nebbiolo, in collaborazione con Yalmar Destefanis, videomaker e fratello di Gwydion. Il desiderio era quello di ricordare un amico, un fratello e di far ancora echeggiare la sua musica.

La call è indirizzata agli artisti provenienti da tutta Italia. Una parte viene poi selezionata tramite voto online, arrivando infine ad una rosa di 3 finalisti. Il vincitore del contest riceve un premio in denaro e la possibilità di produrre un brano da zero con Sberdia Live, studio di produzione torinese.

I tre progetti artistici arrivati alla finale di quest’anno sono Francamente, Stasi e Nube. A fare da giuria artisti come Willie Peyote e Eugenio Cesaro (Eugenio in via di gioia), ma anche addetti ai lavori come Valentina Gallo (direttrice artistica Cap10100) e Libellula Music.

Ad aprire l’evento finale ci pensano Burbank e Federica Buzzi (in arte Clelia Delia), i due presentatori della serata, che lasciano poco dopo il microfono alla Funky* Club Orchestra, la band resident. Da questo momento in poi è tutto un susseguirsi live e sketch di cabaret, che vede tra i protagonisti anche i tantissimi ospiti invitati ad omaggiare Nebbiolo con la loro musica.

Alessandro Burbank e Federica Buzzi, Premio Nebbiolo – foto di Stefano (Bobo) Giunipero

La serata scorre velocemente, regalandoci anche momenti di ilarità nati da alcuni problemi tecnici. Ogni esibizione regala qualcosa, complice anche l’atmosfera particolarmente fraterna che si respira all’interno del locale. Il pubblico è entusiasta, rispondendo anche attivamente a quanto succede sul palco.

A vincere il premio è Stasi (nome d’arte di Elia Arduino), nato a Pistoia ma residente a Torino. Il cantautore ha iniziato a scrivere fin da ragazzino e ha studiato vari strumenti, come la chitarra classica e il pianoforte. Grazie ad un suo brano, ha iniziato a collaborare con il producer torinese Frank Sativa. A gennaio ha pubblicato il suo ultimo singolo ” Per niente“. Un artista assolutamente da tenere sott’occhio, perché sono sicura che ne risentiremo a parlare molto presto.

Stasi vince il premio Nebbiolo
Stasi vince il Premio Nebbiolo – foto di Stefano (Bobo) Giunipero

A cura di Erika Musarò

MUSIDAMS CONSIGLIA: i 10 migliori singoli di febbraio

Ed ecco la top 10 del mese di febbraio secondo MusiDams!

Die For You (Remix) – The Weeknd & Ariana Grande

Dopo più di sei anni dall’uscita della canzone originale, The Weeknd chiama a rapporto la sua frequente collaboratrice Ariana Grande per restituire nuova linfa al brano, che sta godendo di un aumento della popolarità grazie a TikTok: sempre un piacere sentirli insieme, ma sarebbe stato meglio e più organico se Grande non sparisse completamente a metà della canzone.

Voto: Aspettando la prossima collaborazione/30

Boy’s a liar Pt. 2 – PinkPantheress & Ice Spice

La cantante britannica PinkPantheress recluta la nuova sensazione del rap Ice Spice per il remix del suo singolo, altro pezzo che ha ottenuto l’attenzione delle classifiche grazie al fattore TikTok: gli ingredienti per un brano virale ci sono tutti, dal ritornello martellante alla collaborazione inaspettata tra due dei nomi più in vista del panorama Gen Z.

Voto: 26/30

un bosco – Francesca Michielin

Terzo singolo estratto dall’album Cani sciolti, pubblicato il 24 febbraio: nel brano, dominato dal pianoforte, Michielin sembra rimpiangere il passato aggrappandosi all’idea di poterlo parzialmente recuperare attraverso una conversazione con quella che sembrerebbe essere una vecchia fiamma. Nulla di particolarmente originale, ma l’ascolto in un momento di vulnerabilità potrebbe dare il via a pericolosi viaggi mentali sulla strada dei rimorsi sentimentali.

Voto: 25/30

Die 4 Me – Halsey

Halsey aveva già accennato all’esistenza di un rifacimento solista della sua collaborazione con Post Malone e Future, che ha ora reso finalmente disponibile. Ancora non è chiaro se il brano sarà inserito in un futuro progetto, ma per il momento ci gustiamo questa chicca.

Voto: 26/30

Lottery – Latto feat. LU KALA

La rapper statunitense ritorna con un singolo ricco di influenze disco e un ritornello immediato che prende vita con la voce di LU KALA. L’atmosfera del pezzo ricorda molto “Say So” di Doja Cat: questo brano porterà a Latto la stessa fortuna che il suddetto singolo portò qualche anno fa alla collega?

Voto: 27/30

A cura di Giulia Barge

Welcome to my island – Caroline Polacheck

Da un paio di album Caroline Polacheck non ne sbaglia una. Una psichedelia elettronica scritta con cognizione di causa e il consueto gusto raffinato.

Voto: 28/30

A&W – Lana del Rey

La regina dei melodrammi soft pop ha ascoltato un sacco di Thom Yorke. Si sente e piacevolmente si piange, come al solito.

Voto: 28/30

Oil – Gorillaz feat. Stevie Nicks

I Gorillaz si riaffacciano sulle scene con un album tutto sommato fedele alla linea, ma con qualche doccia fredda (vedi la collaborazione con Bad Bunny). Qui vanno sul sicuro: drums anni ’80 e Stevie Nicks.

Voto: 26/30

Porno – Finley feat. Naska

Il ritorno del pop punk ha fatto danni. Tipo riesumare i Finley scongelati direttamente dal 2008, come se niente fosse cambiato. Gli emo kids tornano dall’aldilà come i guanti a rete.

Voto: 3m0/30

Padova può ucciderti più di Milano – Francesca Michelin

Ah ma non è un album di Elisa del 2004?

Voto: 24/30

A cura di Clarissa Missarelli

Lo strano DNA dei Leprous: il concerto a Milano per l’Aphelion Tour

Rintracciare il DNA di un gruppo non è sempre un’impresa semplice. É il caso dei norvegesi Leprous, cui discografia, avviata nel 2009 con Tall Poppy Syndrome, è passata dal metal avanguardistico con influenze black (complice la vicinanza della band a Ihsahn, leader degli Emperor), al progressive metal di The Congregation, fino agli ultimi sforzi di stampo più pop e sinfonico, come Aphelion, oggetto dell’attuale tour che li vede protagonisti in ben 40 date consecutive. Per l’Italia c’è Milano: è il 27 febbraio, il Fabrique ospita 5000 fan che – come il gruppo – sono di vario genere: da metallari, a bimbi accompagnati dai genitori.

I Leprous durante l’energetico ritornello di “From the Flame” (foto di Mattia Caporrella)

L’apertura è riservata a due gruppi: primi i Kalandra, conterranei degli headliner, che immergono il club in atmosfere eteree e nordiche. Capitanati dalla vocalist Katrine Stenbekk, la band convince il pubblico con una sequenza di brani tratti dal loro debutto The Line, utilizzando strumenti poco convenzionali come archi per chitarra elettrica o corna animali. A seguire gli inglesi Monuments: il pubblico del Fabrique si scatena grazie al loro metalcore di livello, fra circle pit e pogo, incantato dalle abilità vocali di Andy Cizek, che passa dalle melodie agli scream con una facilità disarmante.

Il vocalist dei Monuments Andy Cizek si abbandona al pubblico durante il loro set (Foto di: Mattia Caporrella)

Una potente nota di basso sintetizzato emerge dalle casse: è l’inizio del set dei Leprous, che accolgono i fan con una doppietta terzinata: “Have You Ever” e “The Price”, accompagnate da cori a seguire i classici riff sincopati del gruppo. I Leprous si dimostrano fin da subito a loro agio, interagendo tra di loro e scambiandosi di ruolo continuamente fra tastiere, percussioni e voci.

I Leprous nei momenti finali del concerto (Foto di: Mattia Caporrella)

Continua lo showcase di vocalist fenomenali: Einar Solberg, compositore principale del gruppo, dimostra non solo un controllo vocale precisissimo (la sua ampia estensione vocale è da sempre protagonista dei brani dei Leprous), ma anche un’inedita scioltezza da showman: Solberg si rivolge al pubblico con fare sarcastico quando annuncia che il concerto sta per terminare: «Questa è un’informazione che non richiede reazioni, è un dato di fatto!» sottolinea il vocalist dopo le tipiche proteste. Dopo toccanti dediche all’Ucraina (“Castaway Angels”), tuffi nel passato del gruppo (“Slave” e la rara “Acquired Taste”, sorpresa della serata), e persino un brano eseguito dopo un sondaggio (“The Cloak”), i Leprous salutano il Fabrique bagnandolo di rosso: “The Sky Is Red” surriscalda la folla con la frenetica prima metà, per poi salutarlo con un crescendo finale dalle atmosfere apocalittiche: 11 minuti di intensità, sottolineate da un light-show stroboscopico. Dopo questa serata, resta difficile rintracciare il DNA artistico di gruppi così eclettici, eppure nel tris di gruppi c’è un fil rouge, che parte dalle terre scandinave dei Kalandra, passa per il metal tecnico dei Monuments, e arriva ai Leprous, che in qualche modo, brillano in ogni loro forma. 

A cura di Mattia Caporrella (Foto in evidenza: Mattia Caporrella)

SEEYOUSOUND 2023: Miucha – The Voice of Bossa Nova

Oltre a ripercorrere la storia della bossa nova, il documentario Miucha. The Voice of Bossa Nova, uscito nel 2022, riesce a raccontare una tematica – quella di genere – senza cadere nel mainstream e nel melodrammatico. Tutto è profondamente radicato nelle parole di Miucha – nome d’arte della cantante e compositrice brasiliana Heloisa Maria Buarque de Hollanda – e nella complessa realtà che visse.

Tra le proposte del Festival di cinema ad argomento musicale Seeyousound di Torino, alla sua nona edizione, Miucha. The Voice of Bossa Nova, riesce in 98 minuti di film a offrire uno scorcio inedito sulla vita privata di Miucha, musicista che ha vissuto la nascita della bossa nova e di cui è stata interprete tutta la vita. Liliane Mutti, sceneggiatrice e co-regista, e Daniel Zarvos, regista e produttore, riescono a ricostruire con grande equilibrio, sensibilità e un tocco di ironia, le vicende e le dinamiche della vita della cantante tramite lettere personali, diari registrati come audio su cassette e acquarelli realizzati dalla stessa Miucha. Da questa raccolta di materiale emerge con forza come il percorso che la portò ad affermarsi come cantante solista sia stato lungo e tortuoso: per molto tempo Miucha restò ai margini della storia della bossa nova, oscurata dai grandi nomi già noti. Lei stessa dichiara «Pensavo mi fosse proibito stare sul palco. Non mi consideravo una cantante. Era come una favola, che può succedere o meno. Non pensavo che potesse succedere a me.»

Miucha e Tom Jobim – Immagine dal film

Fin dall’infanzia Miucha visse in ambienti dove erano quasi esclusivamente gli uomini a cantare e suonare sui palchi, fino a temere che la carriera artistica fosse una cosa riservata al genere maschile e tenendo così nascosta per diverso tempo la sua vocazione. Nel 1965 sposò João Gilberto, uno dei massimi esponenti della bossa nova, di cui divenne anche la corista. I due si traferirono in breve tempo a New York e nel 1966 nacque la loro prima figlia, Bebel Gilberto. Il matrimonio inizialmente idilliaco andò peggiorando con il trascorrere del tempo, rivelandosi opprimente e doloroso.

La scrittura, la musica e le altre modalità di espressione artistica sono state necessarie alla cantante per reagire a ciò che la circondava e a ruoli sociali prestabiliti in cui non si ritrovava, come quello di moglie, madre, sorgente di forza e ispirazione per il marito, nonché risolutrice in casa di ogni problema. Con fermezza e desiderio, Miucha riuscirà ad andare via e cambiare vita, trovando nuove possibilità per vivere una vita felice, nuovi spazi dove potersi esprimere liberamente e trovare una propria identità musicale. Nel corso degli anni Miucha incise moltissimi album fra cui Getz/Gilberto, pubblicato nel 1964 e uno degli album di bossa nova più famosi nella storia. Nonostante questo, raramente le vennero accreditati i diritti e il suo nome rimase lontano dalle copertine dei dischi. Solamente a quarant’anni riuscì finalmente a incidere il suo primo album inedito, Miucha, uscito nel 1980. Fondamentale fu l’incontro con Antonio Carlos Jobim: tra i due iniziò una grande collaborazione musicale da cui nacquero gli album Miúcha & Antonio Carlos Jobim – vol. 1 e il successivo Miucha & Tom Jobim – vol. II, pubblicati rispettivamente nel 1977 e nel 1979.

Il documentario ha visto la sua anteprima italiana il 26 febbraio 2023 e, per chi se lo fosse perso, vedrà una seconda proiezione mercoledì 1 marzo alle ore 18 al Cinema Massimo.

Trailer del film Miucha – The voice of Bossa Nova

A cura di Stefania Morra

Né zitti né buoni: i Måneskin conquistano il Pala Alpitour

Era il 30 marzo 2018 quando i Måneskin suonavano per la prima volta a Torino. Freschi del secondo posto ad X Factor avevano presentato al pubblico dell’Hiroshima Mon Amour due brani inediti (“Chosen” e “Recovery”) in un repertorio di sole cover. Chi usciva da quel live – compresa la sottoscritta – si accorse dell’impatto scenico del gruppo romano, ma le incertezze riguardanti il loro futuro erano tante. Un mero prodotto commerciale? Una band per ragazzine? Sono abbastanza rock? Tutte queste domande sono state spazzate via dalla loro clamorosa ascesa internazionale post-vittoria dell’Eurovision 2021. Sabato 25 febbraio i Kool Kids romani sono tornati a Torino da trionfatori. Al Pala Alpitour hanno presentato uno show impeccabile, che ha messo tutti d’accordo nel considerarli mostri da palcoscenico a tutti gli effetti.

Le sorprese non sono di certo mancate: un tendone rosso a mo’ di sipario proietta le loro ombre mentre suonano “DON’T WANNA SLEEP” per poi crollare a terra e dare inizio allo show. “Buonasera signore e signori” direbbero loro, “il rock’n’roll è servito”.

Credits foto: Elena Di Vincenzo

I brani del loro ultimo album Rush si susseguono in scaletta a ritmo forsennato, intervallati da momenti strumentali che mettono in mostra il talento di Victoria De Angelis al basso, di Ethan Torchio alla batteria e del chitarrista Thomas Raggi, che a furia di assoli consuma la sua Telecaster. Il frontman Damiano David interviene poco, ma quando lo fa è tagliente e ironico. Annuncia con stizza “Beggin’”, la cover che ha conquistato il pubblico internazionale, “un brano che ha stancato sia voi che noi”, per poi invitare i fan a togliere i telefoni e godersi lo spettacolo vis à vis.

Dopo un’ora di brani dal groove elettrico che fanno scatenare il pubblico, lo show si sposta al fondo del palazzetto. Un piccolo palco ospita la band tra i fan per il momento acustico della serata. Il Pala Alpitour si illumina con migliaia di lucine durante “Torna a casa”, “Vent’anni” e “Amandoti”.

Credits foto: Elena Di Vincenzo

Tornati sul main stage succede di tutto: dal fuoco sul palco durante “GASOLINE” agli stage diving continui tra il pubblico. I Måneskin annunciano l’ultimo brano in scaletta e fanno salire sul palco una quindicina di fan, che impazziscono e si dimenano durante “KOOL KIDS” – brano che ricorda il post-punk degli Idles–. Ringraziamenti e sparizione dietro le quinte. Ma non è ancora il gran finale. Mancano ancora “THE LONELIEST” e il bis di “I WANNA BE YOUR SLAVE”. Applausi scroscianti e sensazione di aver assistito ad un qualcosa di grande.

La vittoria dell’Eurovision e il conseguente successo mondiale ha spinto la band a premere sull’acceleratore per migliorare a livello tecnico. Il salto di qualità è evidente, complici anche le migliaia di chilometri macinati in tour oltreoceano negli ultimi mesi. La produzione musicale potrà pur strizzare gli occhi al mercato americano, ma il loro talento è innegabile. I Måneskin da sempre attraggono paradossi: da chi li considera l’anti-rock a chi troppo rock. Non ci sono vie di mezzo, come per le grandi rockstars. O li ami o li odi. Da amanti della musica rimanere indifferenti a tale impatto è un grave spreco, così come non assistere ad un loro concerto almeno una volta nella vita. Provare per credere.

A cura di Martina Caratozzolo

Ozmotic con Elusive Balance: la musica elettronica arriva anche a teatro

Come può la musica dialogare con altre arti? A questa domanda risponde bene il duo Ozmotic, accolto dall’Unione Musicale al teatro Vittoria il 18 febbraio 2023.

Portando in scena Elusive Balance, primo album italiano ad entrare nel catalogo dell’etichetta londinese Touch, esplorano il rapporto tra esseri umani e natura. Sette pezzi in cui musica elettronica, jazz, sperimentazione e visual art si fondono per creare un flusso continuo che trasporta gli spettatori in un lungo viaggio. L’equilibrio elusivo è destinato a rompersi per creare nuovi contrasti e provvisorie stabilità attraverso nuovi orizzonti sonori generati da accostamenti musicali di elementi che sembrano essere quasi incompatibili tra loro: oggetti di uso quotidiano, microfoni, computer, un sassofono soprano, superfici di controllo, strumenti percussivi e uno schermo nel quale sono state proiettate immagini che interagivano con i diversi suoni.

Screenshot dal video: http://www.ozmotic.it/works/elusive-balance/

L’atmosfera in cui il duo Ozmotic ha immerso il pubblico è stata fin dall’inizio stupefacente: un susseguirsi di stabilità e instabilità emotiva che ha generato molta curiosità in tutto il pubblico presente. Nonostante il duo non abbia mai rivolto uno sguardo verso gli spettatori, è riuscito a catturare i loro occhi e a raccontare la sua visione del rapporto tra l’uomo e la natura, creando un viaggio quasi fantascientifico.

Immagini, luci, musica e musicisti si sono amalgamati perfettamente per creare uno spettacolo in cui gli elementi hanno trovato un equilibrio audiovisivo alquanto efficace. La scelta di iniziare e concludere l’esibizione con le luci semi accese in platea ha permesso al pubblico di immergersi completamente in questo viaggio e di prendervi parte. Allo stesso modo il surround sound ha avvolto gli spettatori catapultandoli in un’altra dimensione fino a fargli perdere il contatto con la realtà.

Presenti in sala alcuni degli assidui frequentatori del teatro ma anche, e soprattutto, giovani, probabilmente appassionati di musica elettronica e/o visual art: un pubblico insolito per la sala del teatro Vittoria. Peccato, però, per le numerose sedie vuote. Forse ciò che risulta distante dalla classica idea di “musica” non è ancora campo di interesse di un pubblico più legato alla canonica idea di sala da teatro?

Il duo Ozmotic dimostra come esista la possibilità per la musica di unire mondi che sembrano diversi ma in realtà appartenenti ad uno stesso universo.

A cura di Ottavia Salvadori e Roberta Durazzi

Immagine in evidenza:   https://cloud.unionemusicale.it/index.php/s/3knF33n3zjsox6D

SANREMO 2023 – Le pagelle della quarta serata

Arrivati alla quarta puntata la stanchezza inizia a farsi sentire: le puntate iniziano sempre alla stessa ora, ma non sai mai quando finiscono. Ad un passo dalla finale, la serata dedicata alle cover e ai duetti sicuramente aiutano a riaccendere gli animi.

La puntata inizia con la mancanza di Gianni Morandi sul palco, che raggiunge poi Amadeus in tenuta da corsa per affrontare la lunga maratona musicale che sarebbe durata ben 4 ore, con oltre 56 artisti sul palco. Noi li abbiamo visti tutti, quindi ecco le nostre pagelle.

Ariete & Sangiovanni – Centro di gravità permanente di Franco Battiato             

Le premesse erano buone: due giovani promesse della musica italiana e uno dei brani più amati di Battiato. Doveva essere un omaggio, ma si è rivelato un fiasco totale. La scarsa presenza scenica e la pessima intonazione di entrambi gli artisti ha portato ad un risultato estremamente deludente e a tratti imbarazzante. Forse la prossima volta sarebbe meglio scegliere qualcosa di più adatto alle proprie capacità.

Voto: 10/30

Will & Michele Zarrillo – Cinque giorni di Michele Zarrillo                

Premetto di essere cresciuta con le canzoni di Zarrillo e risentire “Cinque giorni” a distanza di anni (tanti) è stato un bel salto nel passato. Will riesce ad essere convincente, ma appena Zarrillo sale sul palco la scena è tutta sua. Esibizione carina, senza infamia né lode.

Voto: 23/30

Elodie & Big Mama – American Woman di Lenny Kravitz                

Wow e dico wow, sicuramente tra le esibizioni migliori di questa quarta serata. Una scelta musicale potente a cui Elodie riesce a tener testa con disinvoltura. Un’esibizione sexy e rock, arricchita dalle barre in italiano di Big Mama. Un duetto più che azzeccato! Menzione d’onore per lo scippo della borsetta: Piero Pelù è fiero di Elodie e +20 punti al FantaSanremo.

Voto: 30/30

Olly & Lorella Cuccarini – La notte vola di Lorella Cuccarini             

L’utilizzo sfrenato dell’auto-tune mi ha disturbato e non poco: forse avrei preferito una versione più “pulita”. Olly bravo, ma non meritevole di chissà quale encomio. Sicuramente il brano e la presenza della Cuccarini (con tanto di balletto) ha aiutato a evitare che quest’esibizione cadesse nel dimenticatoio.

Voto: 20/30

Ultimo & Eros Ramazzotti – Medley di Eros Ramazzotti                 

Ultimo sceglie Eros Ramazzotti per proporre un medley con i maggiori successi di quest’ultimo: ma chi era davvero l’ospite? Ultimo pervenuto solo quando Ramazzotti ha ammesso di non ricordare le parole. Era tutto vero o solo un modo per far finalmente esibire il vero artista in gara? Che dire Eros, sei riuscito a far cantare tutti, Ultimo compreso.

Voto: 21/30

Lazza con Emma & Laura Marzadori – La fine di Nesli              

Il rapper dei record (il suo Sirio è l’album rap più apprezzato del 2022) incontra Emma Marrone e il primo violino della Scala di Milano per proporre una versione alternativa di “La Fine” (brano di Nesli, diventato famoso grazie a Tiziano Ferro). Un’esibizione semplice ma anche emozionante, che ha convinto molti, me compresa. Lazza è sicuramente la rivelazione di questa 73° edizione del Festival.

Voto: 27/30

Tananai con Don Joe & Biagio Antonacci – Vorrei cantare come Biagio Antonacci di Simone Cristicchi             

Abbiamo capito che la brutta esperienza dell’anno scorso ha fatto solo del bene a Tananai e questa serata duetti ne è la prova. La comparsa a sorpresa di Biagio ha regalato un’esibizione decisamente interessante: le due vocalità si mescolavano molto bene – non mi dispiacerebbe una loro futura collaborazione –. Le donne di tutte le età ringraziano.

Voto: 28/30

Shari & Salmo – Diavolo in me, medley di Zucchero          

È un dato di fatto che Salmo sia un artista talentuoso: la sua versione dei brani di Zucchero ne è la prova. Shari invece aveva dimenticato di fare i gargarismi prima di salire sul palco e ha scelto di recuperare proprio in quel momento. Con o senza di lei, l’esibizione sarebbe stata la stessa.

Voto: 18/30

Gianluca Grignani & Arisa – Destinazione Paradiso di Gianluca Grignani           

Premio sobrietà non pervenuto. Un’esibizione da panico, nel vero senso della parola, che a un certo punto ha fatto sentire ubriaca anche me. Meno male per Arisa che è riuscita a portare avanti la canzone e che ci ha regalato uno dei meme migliori di questo Sanremo. Gianluca ti vogliamo bene, ma no.

Voto: Meno male per Arisa/30

Leo Gassmann con Edoardo Bennato & Quartetto Flegreo – Medley di Edoardo Bennato        

Non c’è molto da dire, sicuramente una bella esibizione. Leo Gassman è riuscito a non sparire dietro l’immensità di Bennato e questo è un bene. Bellissima la scelta di portare sul palco il Quartetto Flegreo, che da circa dieci anni collabora con il cantautore.

Voto: 27/30

Articolo 31 & Fedez – Medley degli Articolo 31           

Forse sarebbero bastati solo J-Ax e Dj Jad, la presenza di Fedez è apparsa un po’ inutile. Gli Articolo 31 cantano gli Articolo 31, quindi il successo è assicurato: tutti siamo cresciuti con le loro canzoni e tutti abbiamo cantato durante la loro performance. Menzione d’onore per Dj Jad che prova a fare la break.

Voto: 25/30

Giorgia & Elisa – Luce (tramonti a Nord Est) di Elisa e Di sole e d’azzurro di Giorgia            

Sicuramente il duetto più atteso della serata: d’altronde, quanto è bello veder cantare insieme due delle voci più belle del panorama musicale italiano? Le aspettative sono state tutte confermate regalandoci un’esibizione da sogno. Standing ovation.

Voto: 30/30

Colapesce Dimartino & Carla Bruni – Azzurro di Paolo Conte     

Premetto di aver dato questo voto solo per lei, anche perché Carla non si vedeva da un po’, soprattutto in veste di cantante; eppure è stata l’unica a star dietro la canzone, mentre Colapesce e Dimartino hanno faticato parecchio. Veramente un peccato, mi aspettavo molto di più.

Voto: 20/30

I Cugini di Campagna & Paolo Vallesi – La forza della vita di Paolo Vallesi e Anima mia dei Cugini di Campagna             

Ammetto di non conoscere Paolo Vallesi, quindi ero un po’ impreparata a questo duetto. È stata una bella esibizione – anche perché portando dei loro brani non sarebbe potuta andare diversamente –, e “Anima mia” è sicuramente stata la canzone più coinvolgente.

Voto: 23/30

Marco Mengoni & Kingdom Choir – Let It Be dei Beatles                 

Ok, forse i cori gospel hanno stancato un po’ tutti, ma non me. Che Mengoni si sia ispirato ad Achille Lauro dopo che l’anno scorso si era fatto accompagnare dall’Harlem Gospel Choir? “Let It Be” dei Beatles trova una nuova versione “colorata” dalla bellissima voce di Marco. Tra le esibizioni migliori della puntata, senza ombra di dubbio.

Voto: 30/30

gIANMARIA & Manuel Agnelli – Quello che non c’è degli Afterhours                 

Bravo Manuel, hai fatto un’esibizione meravigliosa! Ah, mi state dicendo che non era solo? Beh, allora gIANMARIA è passato completamente inosservato. Mi dispiace, ma il frontman degli Afterhours ha catalizzato tutta l’attenzione (giustamente).

Voto: 18/30

Mr. Rain & Fasma – Qualcosa di grande di Cesare Cremonini                            

Ma l’auto-tune è ormai diventato indispensabile? Ma poi, perché deve essere utilizzato in maniera così prepotente? Ecco come rovinare una canzone in poche semplici mosse. Senza parole.

Voto: No comment/30

Madame & Izi – Via del Campo di Fabrizio De André                  

Portare un brano di De André al Festival della Canzone Italiana è un po’ come avvicinarsi alla gabbia dei leoni indossando il celebre meat dress di Lady Gaga. La cover non è stata così terribile – anche se Izi si sentiva veramente poco –, ma di nuovo è stato fatto un utilizzo spropositato dell’auto-tune. Posso accettarlo con un brano della Cuccarini, ma non in uno di Faber.

Voto: 23/30

Coma_Cose con Baustelle – Sarà perché ti amo de I Ricchi e Poveri               

Modalità: uscita di coppia che va in un bar karaoke. L’esibizione non è stata brutta, ma piuttosto monotona e scialba. Con una scelta come questa mi aspettavo qualcosa di più allegro, magari anche un po’ trash. Forse l’avrei vista perfetta per Rosa Chemical che le avrebbe sicuramente dato più carattere.

Voto: 23/30

Rosa Chemical & Rose Villain – America di Gianna Nannini              

Scelta del brano molto azzeccata, soprattutto considerando il personaggio di Rosa Chemical. Duetto ben scelto, Rose Villain è stata impeccabile, forse anche più di lui: da tenere sott’occhio assolutamente. Esibizione piena di eccessi in tutti i sensi, vedi la leccata allo stivale e la presenza di un plug anale sul palco. Sinceramente non mi aspettavo nulla di diverso.

Voto: 25/30

Modà & Le Vibrazioni – Vieni da me de Le Vibrazioni              

La cover non era male, ma non era davvero una cover. Perché parliamoci chiaro, Le Vibrazioni hanno cantato loro stessi accompagnati da altri (in questo caso i Modà). È ovvio che quello che ne viene fuori sia fatto bene e funzioni.

Voto: 19/30

Levante & Renzo Rubino – Vivere di Vasco Rossi               

Levante sembra un po’ sottotono in questo Festival e anche con la cover non è riuscita a risollevare la situazione. Il brano di Vasco poteva essere una buona occasione per riscattarsi dagli scarsi risultati delle sere precedenti, ma niente. Presenza di spessore quella di Renzo Rubino, inquadrato una sola volta durante l’esibizione.

Voto: 24/30

Anna Oxa & Iljard Shaba – Un’emozione da poco di Anna Oxa       

Con l’ennesimo look discutibile, la vera regina di questo festival ha voluto giocare facile: cosa c’è di più semplice di portare un proprio pezzo, in cui canti completamente da sola? Brava, per carità, ma forse le urla sono state un po’ too much. Shaba ha fatto la sua comparsa solo alla fine del pezzo per far roteare il violoncello, molto scenografico. Naturalmente scherzo.

Voto: 24/30

Sethu & bnkr44 – Charlie fa surf dei Baustelle                          

Carina, divertente e giovanile. Hanno cercato di rendere proprio un brano lontano anni luce dal loro stile, e tutto sommato non gli è andata male. Ma nulla di più, sicuramente un’esibizione che cadrà nel dimenticatoio. I bnkr44 meglio di Sethu.

Voto: 20/30

LDA con Alex Britti – Oggi sono io di Alex Britti 

Come per Will e gIANMARIA, l’artista in gara risulta completamente surclassato dalla presenza dell’ospite, in questo caso Alex Britti. LDA lo noti solo perché si muove come se stesse trattenendo la pipì. Forse avrei preferito un duetto padre e figlio.

Voto: 23/30

Mara Sattei & Noemi – L’amour toujours di Gigi D’Agostino

Finalmente Mara si è svegliata, o meglio, finalmente si è fatta notare. Nelle altre serate è passata completamente in sordina, complice un brano poco interessante. Eppure Sattei ha tanto da dare e con questo omaggio a Gigi D’Agostino ne abbiamo avuto la prova. Peccato per la scelta sbagliata del duetto: Noemi poco adatta a questo genere di brani.

Voto: 26/30

Paola e Chiara con Merk&Kremont – Medley di Paola&Chiara

Altro momento epico che aspettavamo da tutta la serata. L’attesa è stata però ripagata con un medley/mashup in degno stile anni 2000: le canzoni di Paola e Chiara incontrano altri brani simbolo come “Hung Up” di Madonna, “Can’t Get You Out of My Head” di Kylie Minogue. Il risultato? Tutti a cantare e a ballare sulle sedie nostalgici dei tempi ormai passati.

Voto: 29/30

Colla Zio con Ditonellapiaga – Salirò di Daniele Silvestri          

Peccato che la loro esibizione sia arrivata a fine serata e dopo l’hype generato dalle sorelle Iezzi. Performance molto carina e fresca, con Ditonellapiaga che si conferma una delle novità musicali più interessanti degli ultimi anni. Anche i Colla Zio non sono da meno, sicuramente meglio di tutte le altre giovani promesse in gara.

Voto: 27/30

A cura di Erika Musarò

SANREMO 2023 – Le pagelle della seconda serata

La seconda serata della 73° edizione del Festival di Sanremo ha riservato diverse sorprese ai telespettatori. Non sono mancate, però, altrettante delusioni. Tra uno sbadiglio e un balletto, ecco i quattordici brani che vanno a completare quelli presentati nella prima serata. 

Will – Stupido

Ad aprire le danze ci pensa un emozionato Will. Non si può non provare tenerezza per lui, che sul palco dell’Ariston esordisce con la voce tremante e l’adrenalina delle grandi occasioni. Empatia a parte, il suo è un brano sicuramente non indimenticabile.

Voto: 23/30

Modà – Lasciami

Il ritorno del gruppo di “Un tappeto di fragole” non lascia il segno rispetto ai successi del passato. Un attacco in sordina del frontman Kekko Silvestre sfocia in un ritornello orecchiabile e da… Modà. Data la grande aspettativa del pubblico si poteva fare di meglio.

Voto: 20/30

Sethu – Cause perse

Presenza nervosa quella di Sethu. De gustibus, certo, ma il brano appare fin dalle prime note un’accozzaglia trita e ritrita di cliché. L’ultima posizione in classifica a fine serata conferma quanto di poco interessante mostrato sul palco. Gli ultimi saranno i primi? Non di certo in questo caso.

Voto: 19/30

Articolo 31 – Un bel viaggio

Alla loro prima partecipazione al festival J-Ax e DJ Jad portano sul palco un brano che celebra la loro carriera prima della separazione artistica. Domina il loro stile di sempre e non passa inosservata una parte in scratch, ma nulla di entusiasmante.

Voto: 24/30

Lazza – Cenere

Stupisce e non poco Lazza. La produzione firmata Dardust dà carattere ad un brano che già dal primo ascolto lascia il segno. L’outfit nero di paillettes scintilla come la sua performance.

25/30

Giorgia – Parole dette male

In teoria una delle favorite, in pratica una performance decisamente al di sotto delle aspettative. Un brano sottotono, così come la sua voce che a tratti è risultata imprecisa. Il palco dell’Ariston non perdona, nemmeno se sei Giorgia e hai una carriera ricca di successi intramontabili. 

Voto: 23/30

Colapesce, Di Martino – Splash

Non è facile tornare convincere dopo un successo come “Musica Leggerissima”. Lo scetticismo viene però spazzato via rapidamente dai due cantautori siciliani, che portano freschezza sul palco. Un brano dalle nuances vintage che convince al primo ascolto e probabilmente una hit radiofonica che sentiremo a lungo. Nota dolente: le metro affollate al posto del mare.

Voto: 27/30

Shari – Egoista

La firma di Salmo c’è, ma non si direbbe. Un brano che risulta anonimo e una performance altrettanto piatta. Ma abbiamo ascoltato di peggio.

Voto: 22/30

Madame – Il bene nel male

Avere una propria personalità artistica riconoscibile è fondamentale. Madame rientra senza dubbio in questa categoria e lo dimostra in un brano che assomiglia a ciò che ha già prodotto in precedenza senza però risultare ripetitiva. A volte rimanere nella propria zona di comfort premia e questa ne è la prova.

Voto: 25/30

Levante – Vivo

Un brano senza infamia e senza lode che probabilmente ha bisogno di essere ascoltato più volte per risultare incisivo, soprattutto a livello testuale. La presenza scenica di Levante, però, è un dato di fatto e la sua grinta è contagiosa. 

Voto: 24/30

Tananai – Tango

L’ultimo posto della scorsa edizione con “Sesso Occasionale” ha paradossalmente fatto cavalcare l’onda del successo a Tananai, alzando l’asticella delle aspettative. I telespettatori pronti a ballare sono rimasti incollati sul divano, con in sottofondo una ballad piatta e piena di frasi fatte. Nota positiva: meno stonature rispetto alla passata edizione.

Voto: 23/30

Rosa Chemical – Made In Italy

Un brano divertente e orecchiabile, che movimenta una seconda serata a tratti noiosa. Rosa Chemical risponde alle critiche dei giorni scorsi rimanendo credibile e non facendosi inghiottire dal personaggio. Molto probabilmente l’outsider di questa edizione.

Voto: 24/30

LDA – Se poi domani

Un brano adolescenziale di cui avremmo fatto volentieri a meno. Data l’ora tarda e la performance banale, un Deus Ex Machina che calasse sull’Ariston a ristabilire l’ordine e chiudere le danze sarebbe stato gradito.

Voto: 18/30

Paola&Chiara – Furore

Grande attesa per l’iconico duo pop di inizio anni duemila. Paola&Chiara sfoggiano un outfit scintillante e un brano disco dance arricchito da una coreografia facilmente replicabile. A tratti dà l’impressione di essere costruito ad hoc per l’Eurovision.

Voto: 21/30

A cura di Martina Caratozzolo

SANREMO 2023 – Le pagelle della prima serata

“L’Italia è una Repubblica democratica fondata su Sanremo”: mai frase fu più appropriata, considerando soprattutto che la 73° edizione del Festival di Sanremo è stata inaugurata dalla presenza in teatro del Sergio Mattarella Nazionale. Tra siparietti cringe, omaggi alle vecchie glorie e pedate alle rose abbiamo finalmente ascoltato le prime quattordici canzoni in gara.

Anna Oxa – Sali (Canto Dell’Anima)

La voce sorgente della musica italiana porta un brano dall’orchestrazione potente e un testo all’insegna del new age e della spiritualità. La vocalità risulta un po’ ostica e lascia spiazzati al primo ascolto, ma si presta facilmente all’arte del meme.

Voto: 24/30

gIANMARIA – Mostro

Il cantante si fa un esame di coscienza pensando a tutto ciò che ha trascurato inseguendo il successo: suddetto esame sarebbe stato più appropriato farlo prima di decidere di portare questa canzone in gara.

Voto: 20/30

Mr. Rain – Supereroi

Testo sulla salute mentale che, per quanto carino, è composto da frasi trite e ritrite; la performance si distingue per la presenza del coro di bambini, che può risultare estremamente commovente come estremamente indigesto.

Voto: 23/30

Marco Mengoni – Due Vite

Super favorito per la vittoria, la performance di Mengoni al momento non smentisce il pronostico. Il cantante ritorna a Sanremo con un brano diverso dalla sua discografia e vocalmente impegnativo: più che un caffè con il limone consigliamo un buon tè caldo.

Voto: 28/30

Ariete – Mare Di Guai

Una prima performance decisamente sottotono per Ariete che richiede un secondo ascolto senza le stecche: al momento, né carne né pesce. Congratulazioni per aver lasciato il berretto in camerino (forse in onore del Fantasanremo).

Voto: 22/30

Ultimo – Alba

Ultimo fa Ultimo, anche se questa volta si improvvisa mimo piuttosto che pianista. La canzone, indubbiamente difficile da cantare, lascia come previsto la sensazione di già sentito.

Voto: 21/30

Coma_Cose – L’Addio

Freschi vincitori del premio Lunezia, i Coma_Cose tornano con un brano intimo ma poco entusiasmante. Carina la rappresentazione della loro crisi personale sul palco e complimenti per aver scansato l'”effetto smielato”.

Voto: 23/30

Elodie – Due

Continua la successione di singoli orecchiabili e grintosi: difficile apprezzare brani di questo genere al primo ascolto live, ma Elodie porta a casa il risultato. Menzione di onore per il giubbottino piumato che avrebbe potuto fare la fine della celebre vestaglia di Achille Lauro.

Voto: 26/30

Leo Gassmann – Terzo Cuore

Canzone in pieno stile Pinguini Tattici Nucleari – testo di Riccardo Zanotti e Gassmann, musica di Riccardo Zanotti, Giorgio Presenti e Marco Paganelli -, senza infamia né lode: Gassmann esegue il compitino ma rimane nella basic zone, e la sua partecipazione a Sanremo 73 difficilmente verrà ricordata.

Voto: 22/30

Cugini di Campagna – Lettera 22

Il debutto della nemesi dei Maneskin a Sanremo arriva con una canzone che porta la firma de La Rappresentante di Lista. Le tutine di pailettes e le zeppe prevalgono sulla canzone, che non brilla così come i loro outfit.

Voto: 20/30

Gianluca Grignani – Quando Ti Manca Il Fiato

L’esecuzione purtroppo non ha reso giustizia ad un brano con un bel testo e una bella musica, nonché rappresentativo di un’importante ritorno in gara per Grignani. Necessita di un secondo ascolto, sperando che nella versione in studio si capiscano le parole.

Voto: 19/30

Olly – Polvere

Una bella sorpresa a mezzanotte e mezza passata, con un ritmo coinvolgente e che potrebbe farsi strada nelle radio. Da tenere d’occhio.

Voto: 26/30

Colla Zio – Non Mi Va

La band milanese è la quota “gruppo scanzonato e caciarone” di quest’anno e come il loro predecessore hanno il merito di risvegliare un po’ il pubblico. Entro la finale potremmo avere il ritornello fisso nella nostra testa.

Voto: 24/30

Mara Sattei – Duemilaminuti

Ottima performance vocale della Sattei, con un controllo del respiro che farebbe invidia anche a Kate Winslet sul set di Avatar: The Way Of Water. Bello anche il testo scritto da Damiano David. Sarà una delle sorprese del rush finale?

Voto: 26/30

A cura di Giulia Barge