Pinocchio al Teatro Regio

L’amore salva il mondo… Sembra una frase che riporta a un film romantico, invece questa volta stiamo parlando di Pinocchio, una delle storie più diffuse nel mondo dei bambini. Scritto nel 1883 da Carlo Collodi il romanzo racconta le esperienze accidentali e dannose ma altrettanto attraenti e ricche di colpi di scena, di una marionetta animata. Pinocchio è il burattino di legno prediletto da suo padre, mastro Geppetto, un povero falegname che fa di tutto pur d’insegnare le buone maniere a suo figlio. Molto più di un burattino che vuole diventare bambino, Pinocchio è un’icona universale, metafora della condizione umana.

Nel 2001 il compositore Pierangelo Valtinoni e il librettista Paolo Madron trasformano il famoso romanzo di Collodi in un melodramma classico, proponendo al pubblico non più un romanzo per bambini ma una vera opera lirica per tutte le età. Il compositore si è ispirato alle voci bianche, presenza costante in tutta l’opera. In scena si intravedono i bambini del coro del Teatro Regio e del Conservatorio ‘‘Giuseppe Verdi’’, i quali vestiti da piccoli grilli parlanti aiutano Pinocchio consigliandolo insieme alla fata Turchina in ogni suo passo.

Siamo giunti all’ottavo appuntamento del calendario proposto dal teatro Reggio, dove quest’opera ha avuto spazio anche nei precedenti anni. Abbiamo iniziato con la parola amore, perché questa parola ci descrive perfettamente la prima immagine che si propone al pubblico all’apertura del sipario. Un cuore gigante illuminato spicca sul contorno nero dello sfondo, nella scenografia alle sue spalle, scenografia diretta insieme all’animazione da Claudio Cinelli: una delle figure più elettriche del panorama artistico teatrale italiano. Da lì in poi si scatena la musica diretta da Giulio Laguzzi, il quale incita i bambini nel pubblico, a cantare insieme al coro delle voci bianche, le canzoni più famose dell’opera. Le ombre nere degli animatori, indirizzano il percorso di Pinocchio in scena, rendendo i suoi movimenti ancora più vivi. Maria Valentina Chirico dà voce alla marionetta, il giovane soprano impersona Pinocchio ad ogni passo, cavalcando tutte le difficoltà del personaggio, fino alla definitiva  trasformazione in bambino. La regia era affidata a Luca Valentino, regista e insegnante di arte scenica presso il Conservatorio di Alessandria, il quale in un’intervista per il nostro blog leggi qui ci ha raccontato che si è ispirato al Pinocchio cinematografico, quello di Luigi Comencini: lo stesso Geppetto ricalca la fisionomia di Nino Manfredi.

La trama è carica di azione e adrenalina, senza tuttavia trascurare messaggi nascosti. Nel primo atto vediamo Pinocchio che salva il teatro dei burattini di Mangiafuoco e poi viene derubato dal Gatto e dalla Volpe. Nel secondo atto il burattino viene salvato dalla Fata Turchina per poi continuare le sue pericolose avventure nel paese dei balocchi, dopodiché finisce in alto mare e nella pancia di un pescecane dove ritrova suo padre. Papà Geppetto è sempre presente in scena, cerca il figlio dappertutto: lo abbiamo intravisto persino in orchestra o in mezzo al pubblico. L’Opera si conclude in un’atmosfera festosa tra luci a forma di specchio e sonorità caraibiche in orchestra, che rimandano alla famosa composizione Danzòn nr.2 del compositore messicano Arturo Márquez. Si vede di nuovo in scena il cuore gigante illuminato, che questa volta viene accompagnato dalle dolci parole della fata Turchina: « Lo chiamavano Pinocchio, ora è un uomo, un uomo vero ».

                                                                                                                         Lukrecia Vila

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