Nient’altro che le nostre paure e il release party dei Breathe Me In

Una location suggestiva, qualcosa da bere e un gruppo di amici fanno una festa. Se poi tra questi amici qualcuno ti invita per presentare, quasi come un figlio, una creazione musicale, il party si trasforma in un release party: il 31 marzo allo Ziggy club (locale situato nel cuore del quartiere torinese di San Salvario) c’è lo scenario perfetto per quello di Nient’altro che le nostre paure, il nuovo album dei Breathe Me In

L’atmosfera è intima e informale: non sono molte le persone nella piccola sala del circolo, ma si conoscono tutti. E cosa più bella, molti di loro sono musicisti della scena torinese underground e accorsi per supportare gli amici sul palco. La restante parte sono i fan della prima ora che aggiungono quella nota di frizzantezza e l’orgoglio di chi sa di essere tra i primi ad averli scoperti. Alessandro Vagnoni (in arte Drovag) e gli Psychokiller scaldano l’atmosfera in attesa dei protagonisti della serata. I Breathe Me In salgono sul palco dopo circa un’ora dall’inizio del concerto, dopo essersi intrattenuti con gli ospiti e aver scambiato qualche parola con quasi tutti.

Foto: Alessia Sabetta

Nient’altro che le nostre paure, uscito per Pan Music Production lo scorso 17 marzo, viene presentato sui canali social come un viaggio tra paure, insicurezze e fragilità affrontate dalla band nel corso di questi anni… che sono state ampiamente superate, visto il risultato. La band − formata dal frontman Vittorio Longo, Federico Spagnoli alla batteria, Ludovico Guzzo e Paris Konstantis alle chitarre − di chiaro stampo rock, ha delle influenze metal, punk ed elettroniche, ben riscontrabili nella nuova produzione. “MacLean”, “Animali feriti” o “Prigionia”, hanno raggiunto tra i 15mila e i 20mila ascolti su Spotify in poco tempo. Tutto l’album presenta canzoni ben arrangiate, con una diversificazione sia ritmica che accordale: i giri di accordi non sono i soliti mainstream, ma anche quando sono un po’ più classici progrediscono in modo da sembrare particolarmente originali. Anche la struttura dei brani è eterogenea e non presenta sempre la classica costruzione pop. Inoltre, ogni arrangiamento è arricchito da una parte elettronica dal punto di vista ritmico e musicale (come in “Doppler”) e di effettistica per la voce (nel caso di “Resta”). Nonostante non si tratti di un genere troppo radiofonico, queste decisioni determinano una buona riuscita del prodotto musicale e benché le scelte stilistiche presentino soluzioni non molto convenzionali, le canzoni risultano piacevoli già al primo ascolto.

Foto: Alessia Sabetta

L’album nasce come lavoro di addio della band che sembrava si stesse sgretolando travolta dalla quotidianità. Eppure, dopo aver radunato tutte le paure del giudizio, delle aspettative, del fallimento i quattro amici hanno dato vita a qualcosa che segna una sorta di nuovo inizio. I Breathe me In sembrano legati da un collante che li tiene ben saldi gli uni agli altri: si percepisce la sinergia tra di loro e la si ritrova nella connessione che riescono a creare con il pubblico. Per interagire con i presenti scelgono di esprimersi tramite la loro musica, senza dilungarsi in troppi discorsi introduttivi ai brani e questa scelta risulta vincente perché il risultato è come un detonatore a rilascio immediato.

Foto: Alessia Sabetta

Vittorio Longo continua a rivolgere il microfono al pubblico che canta insieme a lui tra una ripresa video e un po’ di pogo. Il live funziona molto bene: sono incisivi, graffianti e si fanno trasportare dalla musica e dalle sensazioni che stanno vivendo, lasciano trasparire la concentrazione e le emozioni. Si vede che si divertono e che probabilmente non vedevano l’ora di mettersi a nudo per raccontare, insieme alle paure, la conquista di tante consapevolezze. Una, la più importante, la scrivono su Instagram: «la musica è, e farà parte di noi».

A cura di Alessia Sabetta

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