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Al via con Schubert la nuova stagione di Lingotto Musica

Si riaccendono le luci sul palco dell’auditorium “G. Agnelli” di Torino per la serata inaugurale della stagione concertistica di Lingotto Musica 2022-23. Anche quest’anno, come quello passato,  l’onore spetta all’orchestra Le concert des Nations ed al suo direttore nonché fondatore Jordi Savall. La formazione, nata allo scopo di salvaguardare e riprodurre con fedeltà i repertori storici, riunisce specialisti internazionali nell’interpretazione della musica antica su strumenti originali. Dopo il successo del ciclo sinfonico beethoveniano proposto nel corso degli ultimi due anni, si passa ora a Franz Schubert, di cui vengono eseguite, per l’occasione, la Sinfonia n.8 “Incompiuta” e la Sinfonia n.9 “Grande”.

credits: Lingotto Musica

L’autore viennese prosegue il cammino tracciato da Beethoven, conducendo la musica dallo stile settecentesco verso nuovi canoni formali ed espressivi che culmineranno con la stagione romantica a venire. Mentre Beethoven termina la sua ultima “Corale”, Schubert è impegnato nella stesura dell’ottava sinfonia, che, tuttavia, non porterà mai a termine, consegnandola alla storia come “Incompiuta”. L’incompiutezza formale, data dalla presenza di soli due tempi, ne sottintende una più ideale: il turbamento emotivo dell’autore si trasfigura in un irrisolto dualismo tra un nucleo tematico tetro e drammatico ed uno più soave e disteso. Fin dal lamento strisciante d’apertura di violoncelli e contrabbassi, un velo di tensione avvolge il pubblico tenendolo in ostaggio, tra un picco e l’altro, fino alla tregua raggiunta nel secondo movimento. 

Il tempo di riprendere fiato con il canonico intervallo di metà concerto, e si riparte con la “Grande”. Scritta pochi mesi prima della morte, l’ultimo lavoro sinfonico di Schubert sembra chiudere il cerchio del suo processo evolutivo interiore. A coronamento della ricerca irrequieta avviata nella “Incompiuta”, il compositore sviluppa su quattro movimenti un pensiero riflessivo più maturo, dando libero sfogo ai suoi stati d’animo. Al termine di un’intensa ora di ascolto, il nutrito pubblico si lascia andare ad un lungo applauso liberatorio per la buona riuscita del concerto.

credits: Lingotto Musica

Le concert des nations fornisce un’esibizione convincente e di qualità, mantenendo fede alla propria reputazione sui repertori ottocenteschi. Grande merito va alla direzione oculata di Jordi Savall, che, con gesti chiari, misurati ed efficaci, trasmette sicurezza ai propri fedeli orchestrali, ottenendo una resa espressiva ottimale. Punto di forza: la gestione delle dinamiche. Frasi secche e decise si alternano ad altre più dolci e melodiche, secondo un’altalena di emozioni che consente di apprezzare al meglio l’ascolto. Gli stessi esecutori godono del momento, scambiandosi cenni d’intesa, occhiate complici e sorrisi compiaciuti. Si percepisce una stretta alchimia tra gli orchestrali che si diffonde poi per tutta la sala, riscuotendo consensi convinti dagli spalti.

A chiosa della serata, il direttore, pronunciato un discorso toccante e sincero sui dolori che affliggono la civiltà odierna, offre ancora il secondo tempo della celebre “Italiana” di Mendelssohn come omaggio per tutte le vittime nel Mondo, e riserva una dedica d’eccezione alla compianta Francesca Gentile Camerana, la fondatrice, tra le altre, della stessa associazione Lingotto Musica, tristemente scomparsa da pochi mesi.

credits: Lingotto Musica

A cura di Ivan Galli

L’Orchestre de Paris ospite all’Auditorium Lingotto

Serata di gala all’Auditorium Lingotto, dove, mercoledì 27 aprile, si è tenuto il concerto di chiusura della stagione musicale. Dopo i Dodici violoncellisti dei Berliner Philharmoniker, questa volta ospite è stata l’Orchestre de Paris, la principale formazione sinfonica del panorama francese attuale, qui diretta da Esa-Pekka Salonen. Il finlandese, già vincitore di svariati prestigiosi riconoscimenti (tra cui sette Grammy Awards), è l’attuale direttore musicale della San Francisco Symphony, nonché direttore onorario della Los Angeles Philarmonic e della londinese Philarmonia Orchestra.

Il programma prevedeva alcuni classici del repertorio d’oltralpe, tra cui la Pavane di Maurice Ravel e soprattutto la sinfonia Fantastique di Hector Berlioz; completava il quadro la suite dal Mandarino meraviglioso di Béla Bartók, di cui il direttore è esperto conoscitore (diverse le registrazioni discografiche, con la stessa Philarmonia di Londra).

In sala predominava un pubblico di giovani (molti, per giunta, studenti di Conservatorio), fedeli rappresentanti di un vivo e crescente interesse per il mondo della classica. 

Foto: Ivan Galli

Ad aprire il concerto è stata la Pavane pour une infante defunte di Ravel. Il tema tradizionale delle “tombe precoci” viene espresso, qui, con una sensibilità e raffinatezza tipicamente francesi. Tutto il brano ruota attorno ad un’unica melodia, semplice e struggente.

Questo idillio introduttivo è stato presto spezzato dalle dissonanze armoniche e i ritmi forsennati della suite dal Mandarino meraviglioso di Bartók. L’atteggiamento di orchestra e direttore era radicalmente cambiato: la gestualità della bacchetta si era fatta più marcata e decisa, il suono ottenuto da archi, ottoni, legni e percussioni più secco e incisivo.

Una pausa di venti minuti ha permesso al pubblico di prendere fiato prima di ripartire con la Symphonie fantastique di Berlioz, un caposaldo della produzione sinfonica francese. Divisa in cinque sezioni, l’opera riporta in musica una storia letteraria ottocentesca: un giovane artista innamorato ma non corrisposto, elabora, sotto effetto di un narcotico, visioni oniriche allucinanti, tra cui quella mutevole della fanciulla desiderata. L’immaginario dipinto (fantasmi, scheletri, magia, scene macabre e feste sataniche) incarna in modo esemplare i canoni estetici del filone gotico-romantico di cui Berlioz stesso è portavoce

Foto: Ivan Galli

Dopo quasi un’ora di esecuzione, che ha raggiunto l’apice drammatica nell’ultimo tempo della sinfonia, ci si avviava verso il termine della serata. Il direttore, concedendosi una breve introduzione, ha omaggiato il pubblico con un bis di tutto rispetto: di nuovo le sonorità ovattate di Ravel, questa volta con il Jardin féerique da Ma mère l’oye.

L’orchestra parigina, protagonista della serata, si è distinta per una lodevole capacità di alternare registri e linguaggi così lontani tra loro, pur conservando sempre una fine chiarezza esecutiva. Passaggi tecnici affiancati ad altri più lirici, problemi ritmici complessi sbrogliati con eleganza, sapiente dosaggio delle dinamiche, grande pulizia e omogeneità sonora: queste sono state alcune delle virtù performative che il pubblico ha potuto apprezzare.

L’Auditorium ha chiuso, così, in bellezza una stagione sinfonica, pur in tempi di pandemia, comunque densa e memorabile. L’attesa per l’anno prossimo è già partita.

Foto: Ivan Galli

A cura di Ivan Galli