Archivi categoria: Stagione 2021/2022

Boyband e solisti: Harry Styles al Pala Alpitour

Dagli anni ’90 a questa parte, per ogni membro di una boy band o girl band che si rispetti è diventata tradizione esordire da solista dopo qualche anno di carriera in gruppo; c’è chi abbandona il progetto perché non ha le qualità necessarie per farcela, e c’è chi invece ha un successo dirompente. Harry Styles fa decisamente parte della seconda categoria.

Martedì 26 luglio il Pala Alpitour ha ospitato la seconda data italiana del Love On Tour, inizialmente prevista per maggio 2020, poi spostata a febbraio 2021 e infine fissata per il 2022; inutile dire come l’aspettativa degli spettatori di Bologna il giorno prima e poi di Torino fosse alle stelle (alcuni di loro hanno persino campeggiato fuori dall’arena per giorni pur di garantirsi le prime file).

LAS VEGAS, NEVADA – SEPTEMBER 04: Harry Styles performs on stage during the tour opener for Love On Tour at MGM Grand Garden Arena on September 04, 2021 in Las Vegas, Nevada. (Photo by Anthony Pham/via Getty Images)

La serata si apre con l’esibizione dei Wolf Alice, gruppo alternative rock britannico nonché opening act di buona parte della leg europea del tour. Da subito la band sembra emanare una forte intesa e una forte energia, riuscendo a coinvolgere anche i più restii. La frontwoman Ellie Roswell si muove sul palco sicura e disinvolta, mentre il pubblico accompagna l’esibizione come se i Wolf Alice non fossero semplicemente un gruppo sconosciuto in apertura, bensì i veri protagonisti del concerto: i fan saltano, prendono l’iniziativa e battono le mani a tempo, accendono le torce durante le canzoni più lente. La band scende dal palco allegra e soddisfatta, mentre gli spettatori continuano ad applaudire.

Le luci si accendono nuovamente ed è impossibile non notare le stravaganti scelte di look dei 14.500 presenti, nessuno escluso: occhiali da sole di tutte le forme, boa di finte piume colorate, camicie dalle fantasie più disparate, stivali texani e una gran quantità di cuori e abbigliamento rosa – questi ultimi due fattori chiaramente ispirati all’estetica di Fine Line (2019), secondo album solista di Styles e inizialmente tema principale del Love on Tour. Qualcuno osa addirittura indossare scarpe col tacco, qualcun altro afferma di sentirsi ad un evento che è un misto fra un Pride e un concerto di Elton John.

Il concerto ha inizio ancora prima dell’effettiva apparizione dell’artista sul palco: sulle note di “Best Song Ever” degli One Direction e “Bohemian Rhapsody” dei Queen, il pubblico balla e canta a squarciagola, creando un’unione fra le diverse generazioni presenti. Qualcuno già piange. Poi le luci si abbassano, la band – interamente vestita di giallo: forse un tributo al nuovo film dei Minions? – si posiziona dietro agli strumenti e le prime note di “Music For a Sushi Restaurant” si diffondono nel palazzetto. La folla sta già urlando a pieni polmoni quando sul palco compare finalmente Harry Styles, vestito per l’occasione con un completo a righe arcobaleno pieno di paillettes.

I look Gucci di Harry Styles per i concerti di Bologna (sinistra) e Torino (destra). @harry_lambert via Instagram

La setlist prevede 20 canzoni tratte dai tre album da solista del cantante, rispettivamente l’omonimo Harry Styles (2017), il già citato Fine Line (2019) e il recente Harry’s House (2022), il miglior debutto in Italia per un disco internazionale dal 2021, con un paio di brani aggiunti apposta per l’occasione.

In un italiano semplice e grammaticalmente corretto, nel corso della serata Styles racconta di star imparando la nostra lingua «piano piano. Quindi, per favore, siate pazienti con me». Spiega di come abbia vissuto alcuni dei momenti migliori della sua vita qui: non a caso la costiera amalfitana è stata location per le riprese del video di “Golden”, quinto singolo estratto da Fine Line.

Screenshot dal video “Golden” di Harry Styles, via YouTube
Screenshot dal video “Golden” di Harry Styles, via YouTube

Fra balletti che sembrano per lo più tentativi per schivare gli oggetti lanciati dalle prime file e profusi ringraziamenti in italiano e in inglese ai Wolf Alice e a tutti quelli che hanno reso il concerto possibile – i tecnici, la band, lo stesso pubblico –, Harry Styles ci tiene ad assicurarsi che tutti stiano bene e si stiano divertendo, incitando gli spettatori a ballare e ad accettarsi: «stasera vorrei che foste liberi di essere chi volete». I fan intonano “Sei bellissimo”, il cantante risponde intonando a sua volta “Se telefonando” di Mina, mandando il pubblico in visibilio.

A prescindere dalle gran doti canore, dalla qualità dei brani e dalle ottime capacità performative (tutti fattori presenti), è evidente come l’ex membro degli One Direction abbia costruito una comunità vera e propria di persone che lo seguono non soltanto per la sua musica, ma anche per l’atmosfera che si respira entrando a far parte di essa: un’atmosfera all’insegna dell’amore, della libertà e dell’unicità. Durante i suoi concerti Styles esegue cover dei Fleetwood Mac e degli One Direction, canta brani che ha scritto per altri artisti o pezzi mai registrati come “Medicine” o “Anna”, che diventano un grandissimo successo di pubblico proprio perché unici e inseparabili dalla dimensione live.

Harry Styles al Pala Alpitour. @justharried via Instagram

Dopo anni di attesa e continui rimandi, il concerto finisce forse troppo rapidamente, lasciando agli spettatori l’amaro in bocca e la malinconia del momento appena conclusosi. Fra il pubblico ci sono sì genitori trascinati a forza dai figli e gli stessi giovanissimi figli, ma anche chi segue Harry Styles dai tempi degli One Direction ed è cresciuto con lui: chi aveva 12 anni ai tempi di “What Makes You Beautiful” ha ormai passato i 20, e la sensazione è che sia tutto trascorso troppo in fretta.

Speriamo ci sia l’occasione di poter replicare presto, come d’altronde ha detto lo stesso Harry: «vi prometto che non passerà troppo tempo fino alla prossima volta in cui ci vedremo». E chissà, magari allora avrà già un C2 di italiano.

A cura di Ramona Bustiuc

Calibro35 plays Morricone: APOLIDE DAY 4

Prosegue il racconto del festival Apolide nella sua quarta giornata di domenica 24 luglio all’interno dell’area naturalistica Pianezze di Vialfré. Dopo un traumatico risveglio in tenda e reduce dai postumi della sera prima, il pubblico è pronto a godersi l’ultima giornata tra attività, musica e spettacoli. In chiusura di questa edizione di Apolide, un’esibizione magistrale dei Calibro 35 sulle note del maestro Ennio Morricone.

Sono le nove del mattino quando il primo caldo comincia a farsi sentire nelle tende del Joongla Camp, dove «si dorme poco ma si sogna tanto». I più mattinieri inaugurano la processione verso le docce, gli sguardi assonnati si incrociano e la sensazione è quella di far parte di una grande famiglia, seppure per un paio di giorni. Tra un caffè ed un morso ad una brioche si fanno due chiacchiere e ci si scambia qualche opinione sulle serate precedenti.

Fra le prime esibizioni della giornata c’è quella di Lorusso sul Boobs Stage. Spogliato dei suoi strumenti, Lorusso – progetto solista del torinese Claudio Lo Russo, voce e chitarrista degli Atlante – si cimenta nella produzione musicale accompagnandosi con la sua inconfondibile voce mentre il pubblico, seduto a terra, si gode l’esibizione.

Dalla pagina Facebook Apolide Festival, foto di Gabriele Tuninetti

È sufficiente percorrere qualche metro per rendersi conto che il festival è abitato da diverse anime. Contemporaneamente alle esibizioni sono infatti numerose le attività proposte: non è affatto strano imbattersi in sessioni di yoga mattutine, tornei di pallavolo amatoriali e spettacoli irriverenti come quello del burattinaio Rasid Nikolic, in arte The Gipsy Marionettist. Per i più atletici non mancano proposte più estreme come la parete da arrampicata o i tessuti aerei per la danza acrobatica.

Dalla pagina Facebook Apolide Festival, foto di Antonio Roseti

Il pomeriggio scorre veloce e intorno alle 18.30 il main stage comincia ad animarsi, vedendo sfilare in ordine Marco Fracasia, Meskerem Mees, Bluem. Direttamente da Torino, Marco Fracasia porta sul palco di Apolide il suo primo sognante EP, Adesso torni a casa (per 42 Records) in una versione live rockeggiante. Segue la cantautrice belga Meskerem Mees, che colpisce per la voce pura e malinconica, in un accompagnamento minimal composto da chitarra e violoncello.

Dalla pagina Facebook Apolide Festival, foto di Antonio Roseti

Il sole comincia a tramontare e la tappa all’Area Food è d’obbligo per ristorarsi dopo una giornata di sole e musica non stop. I più attendono il gruppo a cui spetta il compito di chiudere in bellezza l’edizione 2022 del festival, ovvero i Calibro 35.

Dalla pagina Facebook Apolide Festival, foto di Antonio Roseti

Il loro ultimo disco, Scacco matto al Maestro – Volume 1, tutto dedicato alla musica di Morricone, viene eseguito sul palco di Apolide in un’atmosfera solenne come solo la musica del compositore sa creare. La band non si limita a ricreare le melodie del “Maestro”: si tratta di vere e proprie reinterpretazioni dei brani alternati con stralci di dialoghi, estratti talvolta dai film, talvolta dal recente documentario Ennio di Giuseppe Tornatore. La folta formazione – che oltre a Massimo Merlotta, Enrico Gabrielli, Fabio Rondanini, Luca Cavini e Tommaso Colliva conta della collaborazione di Paolo Ranieri alla tromba, Sebastiano De Gennaro alle percussioni e Valeria Sturba al theremin, violino e voce – dà vita ad uno spettacolo mai banale e dinamico, con tanto di theremin alternato alla voce per le linee vocali.

Dalla pagina Instagram Apolide Festival, foto di Antonio Roseti

La varietà del pubblico conferma la transgenerazionalità della musica di Morricone, chiusura perfetta per i quattro giorni di Apolide.

A cura di Alessandra Mariani

Ariete al Flowers Festival, un elogio all’adolescenza

Iniziato il 29 Giugno, il Flowers Festival 2022 si è concluso il 16 luglio 2022 con il concerto della cantautrice Ariete, che si è raccontata sul palco in modo semplice e spontaneo. 

Con Specchio Tour 2022 Ariete è già al suo secondo tour a soli vent’anni d’età. La giovane cantautrice ha avviato la sua carriera negli anni della pandemia, e in poco tempo le sue canzoni di carattere intimo hanno fatto il giro di tutta Italia; indubbiamente la sua fama è figlia dei social network: su TikTok vanta 514.7K di followers e negli anni è stata capace di costruire un ottimo dialogo con i suoi fan. 

Dalla pagina Facebook del Flowers Festival, foto di Fabio Marchiaro

La platea è gremita di ragazzi, pronti a riprendere con il cellulare il suo arrivo sul palco. Dopo una lunga attesa ecco comparire Ariete (pseudonimo di Arianna Del Giaccio) vestita con una salopette di jeans e un cappellino arancione. Emerge subito la personalità trasparente e priva di ambiguità della cantautrice: caschetto nero, identità gender fluid e voce inconfondibile. Ad aprire il concerto è il brano “L’ultima notte”, cantata e suonata con la chitarra elettrica dalla stessa Ariete, mentre per i pezzi successivi viene raggiunta da Emanuele Fragolini alla batteria, Jacopo Antonini al basso e alle tastiere, e Alessandro Cosentino alle chitarre.

Durante tutto il concerto i fan lanciano e regalano ad Ariete in segno di affetto i più disparati oggetti, tra cui un reggiseno con all’interno delle sigarette, una bandiera della pace, delle ciabatte a forma di unicorno… tutte cose che la cantante userà sul palco durante la sua performance. Ariete si dimostra molto gentile verso tutti, reagendo a ciò che succede con una grande ironia e leggerezza. 

Foto di Fabio Marchiaro

A circa metà concerto arriva l’evento più atteso dai fan: come è tradizione nei suoi concerti, Ariete sceglie due persone dal pubblico che abbiano qualcosa di importante da dire, a cui tengano particolarmente, dandogli la possibilità di salire sul palcoscenico. La cantautrice prima suona una versione acustica di “Venerdì” e poi dà la parola a Sara e a Sofia. La prima fa un appello per chi soffre di autolesionismo, e condividendo la sua esperienza, sprona a perseguire il proprio benessere mentale, mentre la seconda celebra l’anniversario di due amici, leggendo la loro storia d’amore. Il pubblico ascolta partecipe e la cantante è in grado di fare da mediatrice, in modo che non sia pura esibizione del dolore, ma piuttosto racconto e condivisione. 

Dalla pagina Facebook del Flowers Festival, foto di Lorenzo De Matteo

Uno dei momenti più emozionanti di tutto il concerto è l’esecuzione di “Spifferi”: da sola sul palco, Ariete canta accompagnandosi al piano, e il pubblico, con tutte le luci accese e alzate al cielo, si emoziona e canta il brano con le lacrime agli occhi.

A un primo ascolto potrebbe trasparire dai testi di Ariete una sorta di ingenuità, ma dietro cui c’è anche una grande consapevolezza. Per quanto le sue canzoni sembrino avere poco a che fare con una vera e propria scrittura musicale, ma risultino piuttosto essere dei flussi di coscienza confidenziale accompagnati dalla musica, bisogna riconoscere il grande talento dell’artista che, sostenuta da tutto il suo team, è in grado di far vivere ai fan un concerto in cui si possano sentire a casa; concetto perfettamente espresso dalla frase «Le mie braccia sono il posto in cui potrai ripararti, in cui potrai ripararti» del brano “Cicatrici” scritto in collaborazione con Madame, con cui Ariete chiude il concerto.

Dalla pagina Facebook del Flowers Festival

Non ci poteva essere dunque titolo più azzeccato per il primo album della cantante, Specchio, uscito 25 febbraio 2022 con l’etichetta Bomba Dischi: una generazione si è riflessa nei suoi testi, e in ciò va ricercata senz’altro la radice del successo di Ariete. La musica ha aiutato lei e ora, a specchio, aiuta i suoi fan. Le sue canzoni si trasformano in uno strumento per affrontare le montagne russe e le insicurezze tipiche dell’adolescenza, diventando per i giovani ragazzi un modello a cui fare riferimento. 

A cura di Stefania Morra

Collisioni 2022: Tutto Normale

Cosa c’è di meglio per battere il caldo della pianura Padana che cinque ore di concerto non stop sotto al sole, precisamente sull’asfalto rovente di Piazza Medford ad Alba, nel cuneese? Difficile immaginarlo.

Il 16 luglio si è tenuta la terza giornata di Collisioni Festival. Nato a Novello (CN) nel 2009 e poi trasferitosi a Barolo e – quest’anno – ad Alba, il festival è organizzato da Associazione culturale Collisioni con il patrocinio di Regione Piemonte, Comune di Barolo, Agenzia Regionale per lo sviluppo rurale, Regione Friuli-Venezia Giulia e Agenzia Nazionale per i Giovani.  In particolare, la giornata di sabato si è tenuta all’insegna dello slogan Tutto Normale, inaugurato nel 2021 con un programma dedicato interamente ai giovani, particolarmente trascurati durante la pandemia. Il cartellone 2022 ha visto susseguirsi le performance di Madame, Tananai, Sangiovanni, Frah Quintale e Coez, artisti divenuti ormai virali fra gli ascoltatori under 30.

Il pubblico a Collisioni 2022 – Foto di Ramona Bustiuc

La prima artista ad esibirsi è Madame, che alle 20, puntualissima – la puntualità durante i festival non è mai scontata – sale sul palco di fronte a un pubblico entusiasta. Accompagnata alla console da Estremo, dj e producer che ha co-prodotto “Voce” insieme a Dardust per la partecipazione della stessa Madame al Festival di Sanremo 2021, la cantante ha alternato brani meno conosciuti a hit (“Marea”, “Sciccherie”, “L’eccezione”) e featuring (“Mi fiderò” con Marco Mengoni, “L’anima” con Marracash, “Il mio amico” con Fabri Fibra), in quest’occasione realizzati in maniera virtuale. Nonostante la maggioranza del pubblico viaggiasse fra i 15 e i 30 anni, capitava spesso di scorgere persone over 40 cantare a squarciagola e ballare ininterrottamente, non preoccupandosi di fare video o di far cadere la birra in mano.

Madame a Collisioni 2022 – Foto di Ramona Bustiuc

Dopo quarantacinque minuti di performance e un rapido cambio di strumenti è la volta di Tananai, ovvero l’incubo peggiore degli addetti alla sicurezza. Il cantante straripa di energia da tutti i pori, salta e corre da una parte all’altra del palco, si affaccia alle transenne e cerca di prendere tutto quello che il pubblico gli lancia – cappelli di paglia, cartelloni, ventagli, fiori. Sparisce e riappare continuamente e seguirlo in un mare di 15.000 persone diventa complicato, e tuttavia particolarmente divertente, perché è impossibile non sentirsi contagiati da tutto questo entusiasmo. Alberto Cotta Ramusino (nome di battesimo di Tananai) è giovane, umile, si è appena affacciato al successo e ringrazia più volte – a volte in modo sconnesso e imbarazzato – chi lo ha seguito finora, chi lo sta accompagnando nella sua carriera ma anche il personale di Collisioni che sta facendo impazzire, dedicando poi al cameraman (inciampato mentre camminava di spalle per filmarlo) “Sesso occasionale”: «Marco, questa è per te». Incita il pubblico e scherza con autoironia: «Non ho più scuse per fare schifo» dice, dopo essersi seduto alla tastiera  per cantare “Giugno” e aver chiamato soccorsi per risolvere un problema tecnico. E Tananai non fa assolutamente schifo, anzi. È bravo, carismatico e ha voglia di distinguersi.

Tananai a Collisioni 2022 – Foto di Ramona Bustiuc

Le ultime luci del giorno svaniscono, le prime stelle compaiono in cielo ed è la volta di Sangiovanni, che incarna perfettamente l’esempio di come un talent non sia in grado di fornirti gli strumenti necessari a diventare un vero performer. Nonostante gli importanti successi radiofonici come “Lady” e “Malibu” – entrambi risalenti alla sua partecipazione nel 2021 ad Amici di Maria de Filippi – e la partecipazione al Festival di Sanremo 2022 con “Farfalle”, è chiaro che al cantante manchi quella tanto spesso citata [JT3] gavetta, ma che ancora oggi riesce a fare la differenza fra un prodotto destinato a durare e uno confezionato per essere semplicemente alla moda. I giochi di luce e le proiezioni dall’atmosfera futuristica non colmano le mancanze causate da una scarsa presenza scenica e dall’intonazione vacillante.
Ad esclusione di qualche gruppetto di undicenni innamoratissime, Sangiovanni non riesce a convincere gli spettatori di Piazza Medford.

Sangiovanni a Collisioni 2022 – Foto di Ramona Bustiuc

Un’altra breve pausa e poi Frah Quintale arriva sul palco con un’energia pari a quella di Tananai – che nel frattempo ricompare sottopalco in qualità di fan –, ma con meno mal di testa per il personale di Collisioni. Il pubblico è in visibilio, le canzoni si susseguono senza interruzioni – fatta eccezione per l’apparizione di Coez, che sale sul palco senza preavviso e senza un particolare motivo – e il pubblico non smette di cantare nemmeno un secondo nonostante la stanchezza accumulata. Nelle brevi pause fra un brano e l’altro il cantautore sorseggia un calice di vino, dedicando un brindisi a tutti quelli che stanno bevendo insieme a lui in piazza e continuando poi a esibirsi senza fare una piega. Non mancano momenti romantici e suggestivi con le torce del telefono accese come durante “Nei treni la notte”, così come momenti di pura energia durante brani come “Amarena”, “Sì, ah” o “Due Ali”.

Frah Quintale a Collisioni 2022 – Foto di Ramona Bustiuc

È da poco passata la mezzanotte e Collisioni si prepara per accogliere l’ultimo e più atteso artista della serata, Coez, che per il 90% del pubblico è servito da colonna sonora in alcuni momenti importanti della vita; non si tratta di un dato scientifico, ma l’intera redazione dichiara di non conoscer persona che non abbia ascoltato il suddetto cantante almeno una volta con la sua dolce metà, pensando alla sua dolce metà, in viaggio con gli amici verso il mare o a chiusura in discoteca nelle notti estive. D’altronde Coez è attivo come solista dal 2009, e negli ultimi 13 anni ha avuto modo non solo di costruirsi una solida fanbase, ma di capire come farsi apprezzare anche dagli ascoltatori occasionali.
Il cantante è consapevole della stanchezza del pubblico, come lui stesso ammette, ma chiede a tutti un ultimo sforzo, e cioè di saltare e cantare insieme a lui. Fra una comparsata di Frah Quintale con una bottiglia mezza vuota in mano e le variazioni dei testi delle canzoni usando il nome di Tananai (che è ancora sottopalco), gli spettatori accolgono la richiesta di Coez e non vengono meno all’impegno richiesto, ballando e cantando fino all’una inoltrata.

Coez a Collisioni 2022 – Foto di Ramona Bustiuc

Filo conduttore delle cinque ore di concerti è stato sicuramente la serie di svenimenti fra il pubblico, accalcato dalle 16:30 davanti al palco e sopravvissuto per la maggior parte grazie ai pompieri che periodicamente azionavano la pompa dell’acqua sugli stessi spettatori. Non sono mancati nemmeno i cori in segno di gratitudine, decisamente molto più forti di quelli durante le esibizioni della serata: «Il corpo nazionale dei vigili del fuoco…».

I pompieri bagnano la folla a Collisioni 2022 – Foto di Ramona Bustiuc

Decisamente una serata – o meglio, una giornata – memorabile.

A cura di Ramona Bustiuc


Quattro esibizioni in un solo concerto: Irama @ Stupinigi Sonic Park

Ci sono concerti che vengono ricordati come adrenalinici, altri come commoventi, e poi ci sono artisti come Irama, che è riuscito a portare sul palco del Stupinigi Sonic Park un turbinio di emozioni che difficilmente può essere descritto. Filippo Maria Fanti, in arte Irama, inizia a farsi notare nel panorama televisivo e musicale partecipando nel 2016 a Sanremo nella categoria Nuove Proposte e poi nel 2018 al talent show Amici di Maria De Filippi risultando vincitore della categoria Canto, per poi tornare a Sanremo nel 2019, 2021 e 2022 – classificandosi secondo nella categoria Campioni con “Ovunque Sarai”.

Ad aprire la serata del 16 luglio 2022 alla Palazzina di Caccia di Stupinigi è Giorgia Li Vecchi – in arte Giøve – cantautrice torinese classe ‘99. A luglio 2021 ha preso parte all’Altamarea Festival e ad ottobre 2021 ha vinto il premio al miglior testo al Premio Bianca D’Aponte, competizione riservata alle cantautrici. Prima volta di fronte a così tanti spettatori, Giøve non nasconde l’emozione, ma cerca sin da subito di coinvolgere il pubblico chiedendo di battere le mani all’unisono. Molti sono gli spettatori che la sentono cantare per la prima volta, altri sono già suoi grandi fan: nasce un vero e proprio tifo, con cartelloni, urla e Instagram stories con le lacrime agli occhi. 

Giorgia Li Vecchi (Giøve) sul palco del Stupinigi Sonic Park (foto: Chiara Vecchiato)

Pochi minuti di pausa, un bambino in braccio al genitore che chiede a gran voce «Ma quando arriva Irama?!», ed ecco che sale sul palco Epoque, nome d’arte di Janine Tshela Nzua, cantante e rapper di origine congolese, nata a Torino e cresciuta tra Parigi e Bruxelles. Tra i singoli che porta davanti al pubblico c’è “Boss (io & te)”. brano che mischia italiano, lingala e francese e che l’ha portata al successo; tornerà poi più avanti nella serata, al fianco di Irama, per cantare con lui il featuring “Moncherie”.  Più volte ripete «Nichelino, ci sei?», attirando l’attenzione non solo con la sua voce ma anche con un atteggiamento sicuro sulla scena. 

Irama ed Epoque sul palco del Stupinigi Sonic Park (foto: Chiara Vecchiato)

È la volta del tanto atteso Irama, che compare sul palco tra le note di “Mediterranea”, mentre il pubblico esplode in un grido di gioia. Si alternano singoli più conosciuti come “Arrogante” ed il nuovo “PAMPAMPAMPAMPAMPAMPAMPAM”; altri che «vediamo quanti la conoscono»: “È la Luna”. Nel buio della notte, il cantante chiede ai fan di accendere le torce del telefono, per cantare tutti insieme il brano che «dopo stasera» porterà «sempre nel cuore»: “Ovunque sarai”. Al suo fianco durante la serata è presente anche Fré Monti – Francesco Monti –, per cantare insieme il singolo “Milano”. 

Irama e Francesco Monti (Fré Monti) sul palco del Stupinigi Sonic Park (foto: Chiara Vecchiato)

Un’esibizione all’insegna dell’eterogeneità musicale: a cominciare dalla cantautrice Giøve, passando per il rap cosmopolita di Epoque e arrivando al pop di Irama, accompagnato dalla voce di Fré Monti. Generi diversi e artisti differenti, ognuno con il proprio percorso, che hanno saputo unirsi in un unico obiettivo: quello di lasciare ai propri fan, e non solo, un’emozione, da portarsi dietro fino al prossimo concerto. 

A cura di Chiara Vecchiato

Brillanti e coraggiose: Ditonellapiaga e Margherita Vicario al Flowers Festival

Al Flowers Festival di Collegno nella serata del 13 luglio 2022 è stata la volta di Margherita Vicario e Ditonellapiaga che hanno fatto ballare ed emozionare il pubblico. Le due cantautrici hanno portato sul palco con coraggio le loro forti personalità, raccontandosi con le loro scelte stilistiche e i loro testi; in punti diversi delle loro carriere, ma entrambe con alle spalle una formazione anche di tipo teatrale, entrambe si distinguono per i loro progetti mai scontati e frutto di un’autentica ricerca personale.

Foto di Isabella Ravera

Ad aprire il concerto è stata Caffellatte (nome d’arte della cantautrice, attrice e scrittrice barese Giorgia Groccia, classe 1994), che con la sua delicatezza e essenzialità ha regalato al pubblico una golden hour accompagnata da note leggere e malinconiche. 

Poi arriva il momento dei set principali, e sul palco sale per prima Ditonellapiaga (pseudonimo di Margherita Carducci, cantautrice romana classe 1997), che apre il concerto con “Morphina” per poi alternare pezzi dalle facce mutevoli – come richiama il titolo del suo album d’esordio Camouflage –, ma che mantengono un’anima comune. Senza grandi scenografie, accompagnata da una band (Benjamin Ventura alla tastiera, Alessandro Casagni alla batteria, Adriano Matcovich al basso) e con la sua forte presenza scenica, Ditonellapiaga riesce a far vibrare il palco, non risultando mai ripetitiva e coinvolgendo il pubblico. 

Spiccano indubbiamente le sue capacità performative: molto attento è l’uso del movimento, con momenti di coreografia veri e propri, che sembrano richiamare modelli internazionali come Madonna e Britney Spears. Non da meno è la capacità interpretativa della cantautrice, che emerge sia negli intermezzi recitativi, sia nel canto, e che rende il suo live dinamico e mai piatto. 

Elettrica e brillante, Ditonellapiaga lascia il pubblico carico di energia e curioso di vedere quali saranno le sue future evoluzioni come artista. 

Foto di Isabella Ravera

A seguire è il momento di Margherita Vicario, che non manca mai nel dimostrare il suo affetto per Torino. Subito prima del concerto scrive in un post su Instagram: «Torino le ho scritte tutte lì da te! Con alti e bassi, è dal 2018 che vuoi bene anche a me.» E il pubblico torinese non può che ricambiare, cantando a squarciagola ogni canzone. 

Dietro di lei, a fare da scenografia sono tre pannelli bianchi su cui compaiono le parole “Egalité”, “Fraternité” ed “Abaué”, quest’ultima titolo del primo singolo pubblicato sotto InriTorino e che nel 2019 ha sancito l’inizio della sua collaborazione con Dade, musicista e produttore torinese e fondatore della stessa Inri.

Per chi l’aveva conosciuta agli esordi con l’album Minimal Musical e per brani come  “Il bacio” e “Il responsabile”, la pubblicazione di “Abaué” e dell’album Bingo sono stati un mix di stupore e sorpresa. La cantautrice Margherita Vicario di strada ne ha fatta parecchia e, senza mai tradire la sua identità, è passata da suonare in compagnia solamente della sua chitarra, a un progetto completo e maturo, dal sound unico in tutta Italia.

A circa metà concerto le viene portata proprio una chitarra e la cantante introduce il brano “Frollino” così: «Ora posso farvela sentire come l’avevo immaginata, grazie a questa band fantastica». A seguire l’esecuzione del brano, dapprima in versione acustica e poi con l’accompagnamento di tutta la band (Davide Savarese alla batteria, Stefano Rossi al basso, Cristiana Della Vecchia alla tastiera, Elisabetta Mattei al trombone, Riccardo Nebbiosi al sax contralto e Giuseppe Panico alla tromba). Da sottolineare la bravura della corista Micol Touadi, a cui Vicario lascia ampio spazio solistico nel corso del concerto.

Foto di Isabella Ravera

Il motivo di “Abaué” fa da filo conduttore e ritorna più volte durante il live, fino a conclusione. Margherita Vicario incita il pubblico a una sorta di rito di chiusura: un gioco corale a due voci, su cui la cantautrice improvvisa frasi vocali. I fan assistono al suo volteggiare in una danza ricca di espressività, dai caratteri quasi rituali: una donna sicura di sé che può finalmente liberarsi nello spazio che la circonda.

A cura di Stefania Morra

Willie Peyote gioca in casa e si prende l’amore del pubblico @ Flowers Festival

Una cosa è certa: Willie Peyote è uno degli artisti torinesi più amati dai suoi concittadini. Venerdì 8 luglio il rapper e cantautore torinese ha avuto finalmente l’occasione di “tornare a casa” — precisamente nella cornice del Flowers Festival a Collegno —, proponendo un grande live per tutti i suoi fan che lo attendevano da tempo.

Willie Peyote @ Flowers Festival – foto di Erika Musarò

Ad aprire il concerto ci ha pensato Michael Sorriso, rapper classe ’90 originario proprio di Collegno, che negli ultimi anni è riuscito a farsi notare e apprezzare da vari artisti della scena torinese e non. A suon di rime ha riscaldato il pubblico presente, preparandolo al meglio.

Willie Peyote @ Flowers Festival – foto di Erika Musarò

Dopo un’ora di live, tocca al protagonista della serata. Sono le 22:30, il palco è ancora in preparazione ma la gente urla e reclama Peyote sul palco. Un’esplosione di luci e la voce di Michela Giraud aprono il concerto e il rapper finalmente fa la sua comparsa cantando “Fare schifo”, brano che ha anticipato l’uscita dell’ultimo album Pornostalgia (2022) e che vede proprio una collaborazione con la nota comica; è un brano che ricorda il bello di non essere perfetti, soprattutto quando la ricerca della perfezione comporta un perenne senso di insoddisfazione.

Da subito il pubblico dimostra di essere preparato ad intonare a memoria ogni singola canzone della scaletta. Ad ogni nuovo brano un coro si alza dal pubblico, creando un’atmosfera di condivisione veramente unica. Questa sensazione rimane presente per la durata di tutto il concerto, che vede susseguirsi brani tratti da Pornostalgia ma anche pietre miliari della carriera del rapper come “Willie Pooh”, “Porta Palazzo” e “Semaforo”. Non sono mancati i momenti di denuncia sociale, con riferimento a tematiche da sempre trattate anche nelle canzoni di Willie Peyote, come il razzismo e la questione climatica. Tante anche le citazioni nel corso del concerto, dagli Arctic Monkeys a Dr. Dre, sapientemente utilizzate come apripista ad alcuni dei suoi singoli.

Willie Peyote @ Flowers Festival – foto di Erika Musarò

Anche questa volta Willie Peyote ha dimostrato di rimanere coerente con la cifra stilistica che lo ha da sempre contraddistinto: è raro, infatti, che un rapper si faccia accompagnare da una band —in questo caso dalla All Done, band formata da Luca Romeo (basso), Dario Panza (batteria), Daniel Bestonzo (tastiere synth), Enrico Allavena (trombone) e Damir Nefat (chitarra) —. Sicuramente una scelta che contribuisce a rendere ancora più spettacolare ed emozionante ogni suo live.

A cura di Erika Musarò

Skunk anansie @ Flowers Festival con “Celebrating 25 Years” tour

Il 1° luglio si è tenuta l’ultima delle date italiane degli Skunk Anansie che, in occasione del tour celebrativo per i 25 anni di carriera, si sono esibiti al Parco della Certosa di Collegno per il Flowers Festival.

Ad aprire il concerto sono stati i Manitoba (duo fiorentino già conosciuto per la partecipazione a XFactor 2020) e r.y.f. (pseudonimo di Francesca Morello, cantautrice portavoce della comunità queer) che hanno iniziato a scaldare la serata in attesa dell’arrivo sul palco della band britannica.

Poi le luci stroboscopiche hanno tinto di rosso il palco, su cui si sono posizionati Cass Lewis (basso), Mark Richardson (batteria), Martin Kent (chitarra) ed Erika Footman (cori, tastiere e percussioni). I quattro hanno iniziato a suonare “Yes Is Fucking Political”. Sui primi accordi, che hanno mandato il pubblico in visibilio, è arrivata Skin con una giacca arancione, dei pantaloni di velluto neri e un copricapo che ricordava i capelli della Gorgone Medusa.

Skin con il suo copricapo e Martin Kent (foto di Alessia Sabetta)

Già dai primi secondi sul palco, Skin sembrava intenzionata a tuffarsi sulla folla, proposito rimasto tuttavia irrealizzato. Nonostante ciò, già sul secondo brano in scaletta, “Here I stand”, è riuscita con pochi gesti a incitare al pogo i fan, che non si sono lasciati sfuggire l’occasione.

Dopo essere sparita giusto il tempo necessario per togliere l’ingombrante copricapo, Skin ritorna in scena sulle note di “Because of You”, per poi scendere dal palco su “I can Dream”, scavalcando le transenne e facendosi spazio tra la folla, incredula di averla accanto. Anche gli altri membri del gruppo – che si muovevano su una passerella montata appositamente sulla scena o si sporgevano sul bordo del palco, quasi a voler farsi osservare per bene – hanno saputo da subito creare una sinergia con il pubblico.

Foto di Alessia Sabetta

La scaletta prevedeva alcuni dei brani più famosi della band e il concerto è proseguito con ritmi serratissimi, senza particolari pause tra un brano e il successivo. Un momento estremamente toccante è stata l’introduzione del brano “Love Someone Else”, in cui Skin si è presa un momento per fare un discorso legato alla libertà degli esseri umani e al principio di uguaglianza, urlando diverse volte «My Body My Choice» (“Il mio corpo, la mia scelta”, celebre slogan nella lotta per il diritto all’aborto) prima di iniziare a cantare.

Al termine, dopo essere uscita di scena per qualche minuto, la band è riapparsa di fronte al pubblico, che non aveva alcuna intenzione di andare via. Nonostante la stanchezza e il caldo evidentemente accusati dai componenti, gli Skunk Anansie hanno continuato a cantare, esibendosi con alcuni dei brani più attesi tra cui le cover di “Higway to hell” degli AC/DC e “Best of You” dei Foo Fighters. 

La band saluta i fan (foto di Alessia Sabetta)

Si chiude così una serata che lascia l’adrenalina di un concerto hard rock, ma anche una nostalgia inspiegabile che sembra aver riportato tutti indietro nel tempo, agli anni ’90, quando la band dominava le scene. Complice forse anche il pubblico, composto per lo più da persone adulte (all’epoca poco più che ventenni), accorse per rivivere quei momenti.

a cura di Alessia Sabetta

Galea e Galeffi ospiti a Cantautori in Canottiera

Galea e Galeffi sono saliti sul palco di Cantautori in Canottiera come due scolaretti al primo giorno di scuola, ma appena seduti hanno rotto il ghiaccio dimostrando, con gli strumenti tra le mani, una grande padronanza del palco. 

Cantautori in Canottiera è una rassegna musicale estiva ideata e prodotta da The Goodness Factory, che dal 2016 a questa parte ha visto diversi cantautori avvicendarsi sul palco dell’Off Topic. Quest’anno gli appuntamenti sono iniziati il 21 giugno e si concluderanno il 26 luglio. 

Nella serata del 28 giugno si sono incontrati Galeffi (pseudonimo di Marco Cantagalli, cantautore romano classe 1991) e Galea (nome d’arte di Claudia Guaglione, cantautrice pugliese classe 2000), che hanno chiacchierato con i moderatori e musicisti Marco Di Brino e Anna Viganò.

Galeffi e Galea con Marco Di Brino e Anna Viganò (credit foto: Alessia Sabetta)

Ad aprire la serata è stato Galeffi con il brano “In questa casa”, tratto dal suo nuovo album Belvedere, uscito lo scorso maggio; a seguire Galea interpreta “Femminuccia”, uno dei singoli contenuti nell’album Come gli americani al ballo di fine anno, pubblicato lo scorso gennaio. Il “salottino musicale” è proseguito con i due che hanno raccontato il programma dei prossimi mesi, molto simile per entrambi i cantautori che, oltre alla scrittura, prevedono un tour-premio post pandemia (così come lo ha inteso Galeffi), per avvertire l’energia di cui sentono di aver bisogno. 

Galea e Galeffi sembrano provenire da due mondi differenti: lui vestito con un paio di pantaloni di velluto, i calzettoni di spugna e l’immancabile cappellino marrone; accompagnato dalla tastiera, nelle sue canzoni racconta la malinconia quotidiana con un pizzico di romanticismo retrò. Lei più sofisticata, magliettina bianca sotto ad un vestitino con spalline sottili sui toni dell’azzurro, avvolge il pubblico con il suo timbro di voce caldo e la sua chitarra acustica. Galea racconta di non aver mai avuto un’epifania che le facesse capire di avere una voce da utilizzare per cantare, perché lo fa da quando ha ricordi. Galeffi, invece, confessa di aver «costruito» pian piano la sua vocalità dopo un primo approccio alla produzione musicale, risalente ad un duo rap con un suo amico delle scuole superiori. L’esperienza è stata utile a fargli capire di provare piacere cercando di scrivere qualcosa su un foglio bianco. 

Galea (credit foto: Alessia Sabetta)

Molto diverso anche l’esordio di entrambi infatti, per il romano è stato frutto di scrittura d’istinto. Mentre per la pugliese, le prime produzioni pubblicate sulle piattaforme sono state più studiate e strutturate, a differenza delle canzoni iniziali, ascoltate solo da pochissime persone a lei vicine, frutto di un approccio (a sua detta un po’ prematuro) avvenuto nel periodo dell’adolescenza.

Tra una canzone e l’altra è stata posta loro la domanda «Se il vostro ultimo disco fosse un film, quale sarebbe?” Anche in questo caso viene rimarcata la provenienza da due mondi totalmente diversi. Galeffi da buon cinefilo cita Il favoloso mondo di Amelie per alcune sonorità che indubbiamente riconducono alle atmosfere parigine un po’ sognanti; cita anche La dolce Vita, come il titolo della seconda traccia del suo album e The Dreamers di Bertolucci. Galea, colta un po’ alla sprovvista, afferma di essere in difficoltà e molto candidamente parla di High School Musical e di «sonorità alla Disney Channel» come concept dell’album.

Galeffi (credit foto: Alessia Sabetta)

All’ultima domanda prima della chiusura, «Cosa faresti se non fossi qui?», Galea risponde di immaginarsi con una laurea magistrale in lettere e Galeffi sceneggiatore di qualche film. Poi hanno concluso cantando e suonando insieme “Occhiaie” (brano con cui Galeffi ha esordito nel 2017) accompagnati dal pubblico.

a cura di Alessia Sabetta

BECK LIVE ALL’ANFITEATRO DEL VITTORIALE DI GARDONE RIVIERA.

Domenica 26 giugno 2022, ore 20: il sole splende sulla sponda bresciana del Lago di Garda. Gli edifici, le vie e le piazze che caratterizzano il Vittoriale degli Italiani sembrano una cartolina ritagliata da un film di Federico Fellini; molte ragazze indossano lunghi vestiti a fiori, i bambini giocano nel piazzale mentre si attende l’apertura dei cancelli che conducono all’Anfiteatro per la nuova edizione della rassegna musicale Tener-a-mente.

Foto: Eleonora Iamonte

A completare questo dipinto apollineo e paradisiaco è l’entrata in scena di Beck  poco dopo le 21:40. Il cantautore statunitense appare in vesti quasi angeliche, indossando un completo bianco; nuvole di fumo gialle e blu lo avvolgono mentre canta e suona la chitarra acustica. 

Dopo aver eseguito i primi brani in versione solista, arriva una brusca interruzione: la band sale sul palco, le luci diventano psichedeliche; restare seduti è davvero una sfida e la maggior parte del pubblico in platea si alza in piedi per ballare. Il giardino dell’Eden sembra ora essersi trasformato in una discoteca a cielo aperto: per gli amanti del groove e dei ritmi avvolgenti il vero paradiso inizia ora.

Foto: Eleonora Iamonte

Beck dà vita ad un concerto che ripercorre i suoi quasi trent’anni di carriera presentando alcuni dei suoi primi successi come “Loser”, ma anche brani freschi di pubblicazione come “Take it Back”, realizzato con l’artista Jawny (pseudonimo di Jacob Lee-Nicholas Sullenger). 

L’esperienza sonora strizza l’occhio al funk, all’indie-rock, all’hip hop, al grunge, al pop e all’R&B, muovendosi tra l’acustico e l’elettronico. La voce calda e inconfondibile di Beck, avvolta in una spiccata quantità di riverbero, riesce a fondersi alla perfezione con le armonie vocali presenti nei campioni sonori diventando la firma definitiva dell’autore, riconoscibile in ogni brano. 

Foto: Eleonora Iamonte

Il clima che si respira all’interno dell’Anfiteatro – che ha una capienza massima di circa 1500 persone – è familiare e informale: Hansen parla al pubblico, chiede amichevolmente ad una signora di avvicinarsi agitando davanti a lui il suo ventaglio per riprendersi dal caldo.

L’evento si chiude alle 23:20 circa, con il vociare malinconico degli spettatori che richiamano sul palco il cantante; Beck torna in scena per un’ultima canzone, eseguita solo con voce a cappella e armonica.

A cura di Eleonora Iamonte