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Dall’oscurità alla luce: il Trittico di Puccini

Dopo la presentazione del 12 giugno tenuta da Susanna Franchi al Piccolo Regio, il Trittico è andato in scena il 18 giugno per l’Anteprima Giovani. L’opera è formata da tre atti unici: Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi composte da Giacomo Puccini (su libretto di Giacomo Adami per Suor Angelica e Il Tabarro mentre il testo di Gianni Schicchi e di Giovacchino Forzano) tra il 1913 al 1918. La prima rappresentazione è avvenuta il 14 dicembre del 1918 al Metropolitan Opera di New York.

Le vicende nel Tabarro narrano un dramma ambientato su di una chiatta sulla Senna a Parigi. Racconta la storia di gelosia e omicidio del triangolo amoroso tra Michele, Giorgetta e l’amante Luigi.
Suor Angelica porta in scena un soggetto con tono lirico e drammatico ambientato in un convento. La trama segue la storia della protagonista Suor Angelica, la quale è stata costretta a prendere i voti dopo aver avuto un figlio illegittimo. Dopo la scoperta della morte del figlio, la donna compie un atto disperato di suicidio, seguito da una visione di redenzione. Gianni Schicchi è una commedia vivace basata su un episodio dell’Inferno di Dante Alighieri. Racconta le vicende del protagonista Gianni Schicchi, uno scaltro popolano che inganna una famiglia per assicurarsi l’eredità di un ricco defunto a favore della figlia e del suo amante.

L’ouverture viene eseguita a sipario chiuso per introdurre i principali temi musicali preparando il pubblico all’esperienza narrativa che seguirà.
Il regista Tobias Kratzer e lo scenografo Rainer Sellmaier propongono nel Tabarro un allestimento dalle tonalità scure ed ombrose.
Sono presenti quattro quadranti in rimando all’impaginazione dei fumetti, in cui si svolgono le vicende dei protagonisti accompagnati dai cantanti del coro: il primo quadrante in alto a destra presenta la struttura della chiatta con sfondo rosso di immagini di grattacieli, il secondo in basso a destra raffigura la stiva con sfondo bianco, il terzo in alto a sinistra rappresenta una cabina con un letto e una televisione con sfondo arancio e nel quarto quadrante in basso a sinistra abbiamo il boccaporto in cui si staglia la visione della chiatta nel mare con sfondo azzurro. Ed infine sul lato destro abbiamo incorporata nella struttura scenografica una televisione, che trasmette al pubblico una sitcom che è vista dallo stesso Michele nel Tabarro, che fa da filo conduttore in rimando a Gianni Schicchi con la morte di Buoso Donati.

Il Tabarro

Per Suor Angelica la scelta scenografica è ricaduta sull’utilizzo di un video in bianco e nero con qualche accento di colore rosso delle immagini: sullo sfondo un cortometraggio della vita monastica condotta dalle suore; che viene scandita in ogni ora del giorno. Intanto le cantanti primarie e il coro femminile si trovano sedute in scena, in rimando al giardino del convento. Il video viene frammentato dall’arrivo di un giornalino proibito che viene consultato da una suora (oggetto del peccato che rimanda alle vicende scabrose che si sono susseguite precedentemente nel Tabarro) e dal desiderio compiuto di un’altra suora nel voler mangiare cibo non consentito come la cioccolata (evidente il rimando al terzo cerchio dei golosi dell’Inferno di Dante Alighieri nella Divina Commedia).

Suor Angelica

In Gianni Schicchi la scenografia è costituita del pubblico seduto sulle
gradinate in scena, che osserva da “voyeur” la storia della famiglia come se fosse in uno studio televisivo. In scena vengono inseriti oggetti per simulare la casa del morente Buoso Donati: un mobile smontabile in più parti, vettovagliamento, asciugamani, un giradischi e un frigorifero colmo di bottiglie di vino. Il cast dei cantanti inizia a smontare la scena alla ricerca del testamento nascosto da Buoso Donati nella busta del disco di Suor Angelica e intanto arriva Gianni Schicchi per la risoluzione dei problemi; il quale sposta il cadavere del morto tra il pubblico fingendosi egli stesso il malato per poter mettere su carta le ultime volontà testamentarie a favore della figlia e del suo amante. Il finale si conclude con l’arrivo in scena dall’alto di una lussuosa vasca idromassaggio in cui i due amanti amoreggiano divertiti.

Gianni Schicci

Bern Purkrabek, alla luminotecnica, è stato in grado di far immergere lo spettatore grazie al contrasto tra il buio delle scene e i giochi di luci colorate all’interno dei blocchi nel Tabarro, l’utilizzo di luci bianche fredde in Suor Angelica per esaltare il video sullo sfondo e per ricreare una dimensione intima e castigata in rimando alla vita di clausura delle suore, mentre in Schicchi le luci sono tutte puntate sui cantanti per esaltare la frenesia e la concitazione delle scene.

Grande lavoro è stato svolto dal Coro del Teatro Regio con la direzione di Ulisse Trabacchin e dalle Voci Bianche dirette da Claudio Fenoglio: pur non essendo così compresenti in scena, hanno saputo esaltare la dicotomia dei sentimenti contrastanti “del bene e del male” dei protagonisti in tutte le sfaccettature e hanno saputo dar voce ad ogni singola emozione provata.
Giorgetta insoddisfatta della vita di coppia (interpretata dal soprano Elena Stikhina) moglie di Michele, proprietario della chiatta (interpretato dal baritono Roberto Frontali) il quale teme che la moglie lo tradisca con il giovane scaricatore Luigi (interpretato dal tenore Samuele Simoncini).
Suor Angelica è la protagonista, una giovane suora dal passato doloroso (interpretata dal soprano Elena Stikhina) avrà un duro scontro con la Zia Principessa (interpretata dal contralto Anna Maria Chiuri) ricevendo conforto dalla suora amica Genovieffa (interpretata dal soprano Lucrezia Drei).

Suor Angelica

Gianni Schicchi popolano fiorentino (interpretato dal baritono Roberto Frontali) che ha abilità nel risolvere con astuzia i problemi, viene chiamato dalla famiglia Donati per modificare il testamento del defunto Buoso Donati e destinando tutti gli averi alla giovane figlia Lauretta (interpretata dal soprano Lucrezia Drei) innamorata di Rinuccio nipote del Buoso (interpretato dal tenore Matteo Mezzaro).
I cast dei cantanti nel Trittico hanno saputo rendere giustizia alle tre opere messe in scena grazie alla grande abilità vocali e interpretative. Particolare nota al soprano Elena Stikhina nel Tabarro e in Suor Angelica per il bellissimo timbro vocale, alla significativa morbidezza nell’emissione dei suoni e all’abilità nei filati, in Gianni Schicchi al soprano Lucrezia Drei per il raffinato registro centrale, alla grande facilità di emissione degli acuti e nell’emissione dei pianissimi ed infine al baritono Roberto Frontali per la grande esperienza maturata in carriera sia vocalmente parlando che per la grande presenza scenica.

Gianni Schicci

La direzione orchestrale è stata affidata alle mani sapienti del direttore d’orchestra Pinchas Steinberg, ha espresso una da una profonda comprensione delle dinamiche orchestrali e dai giochi di colore tra le opere mantenendo una coesione stilistica complessiva: nel Tabarro ha saputo definire un’atmosfera cupa attraverso la gestione degli archi e degli ottoni, in Suor Angelica ha creato una dimensione lirica e contemplativa grazie all’impiego dei legni e degli archi ed infine in Gianni Schicchi ha ottenuto un suono brillante grazie agli strumenti a fiato per sottolineare i momenti ironici e di scherno.
Nel Trittico, vengono trattati temi unificanti e disgreganti come l’amore, la passione, la morte e la redenzione: l’amore coniugale in crisi nel Tabarro che si conclude con un omicidio, l’amore materno e il desiderio di redenzione in Suor Angelica che si conclude con un suicidio sperato nella redenzione, o l’amore giovane e spensierato tra Lauretta e Rinuccio in Gianni Schicchi con la morte di Buoso Donati attorno a cui ruotano gli inganni.

A cura di Angelica Paparella

“Un Bel Dì vedremo…Puccini in Jazz” -Torino Jazz Festival

Nell’ampia offerta concertistica raccolta da Torino Jazz Festival, Andrea Tofanelli e Riccardo Arrighini hanno proposto un concerto accattivante: giovedì 25 Aprile, presso l’Educatorio della Provvidenza, il duo ha offerto una performance coinvolgente, unendo le suggestive melodie di Puccini con la vivacità e il colore del jazz.

L’ispirazione per questo progetto è nata da Riccardo Arrighini che, con una profonda passione per il grande compositore, ha saputo rielaborare le armonie e le melodie pucciniane in chiave jazzistica.È stato chiesto ad Arrighini come è stato accolto dal pubblico questo connubio musicale per la prima volta: l’esperimento è stato presentato nel 2005 in Australia, durante il bis di un concerto jazz per solo piano. Il medley pucciniano ha ricevuto un estremo apprezzamento, «Venne giù il teatro» ha detto Arrighini. La reazione lo ha spinto a mettere a punto quella che all’epoca era una semplice idea.

Nel 2008, durante il centocinquantenario della nascita di Giacomo Puccini, Arrighini ha presentato gli arrangiamenti jazz in piano solo, ma sentiva il bisogno di qualcosa in più. «Volevo mettere qualcosa che più vicino potesse esserci a una voce, ma non volevo una voce lirica, non volevo una voce jazz. Volevo qualcosa che fosse un po’ il tutto», ha detto. Per poi continuare dicendo di aver trovato in Andrea Tofanelli (alla tromba) l’insieme di cui aveva bisogno: un musicista con una ferrea preparazione classica unita alla capacità di improvvisazione jazzistica, il tutto coronato da un notevole gusto melodico.

Il concerto è stato caratterizzato dalla straordinaria agilità con cui il duo ha eseguito le composizioni di Puccini, arricchendole con brillanti improvvisazioni. La capacità dei due di muoversi agilmente attraverso le complesse armonie e sfumature emotive delle melodie pucciniane ha dimostrato una profonda passione per il compositore. Notevole inoltre l’abilità del duo nel mantenere un equilibrio tra spontaneità e precisione rendendo l’ascolto piacevole e fluido.

Con piccoli interventi, aneddoti e pensieri, il concerto è durato circa due ore senza pause e ben poche presentazioni delle musiche, lasciando così fluire il susseguirsi dei brani: “Addio fiorito asil”, dalla Madama Butterfly, e il “Valzer di Musetta” dalla Bohème, hanno dato subito al pubblico un assaggio del coinvolgente concerto che ci attendeva. Arrangiamenti, a volte quasi riscritture, hanno arricchito i brani di Puccini. Tofanelli spiega: «La musica di Puccini, sembrava già pronta e paresse dire: aspetto solo qualcuno che mi tramuti in Jazz». Il “genio del male”, definizione amichevole con cui Tofanelli si riferisce ad Arrighini, ha preso l’aria “Vecchia Zimarra”, dalla Bohème, rivestendola di nuova importanza ed emozione. Il canto della tromba sul ritmo incalzante del pianoforte, ha reso questa musica simile ad una passeggiata adatta alla riflessione. Per dare una pausa alla tromba è arrivato un brano piano solo: l’arrangiamento dell’intermezzo di Manon Lescaut, che vive ancora con influenze wagneriane, di crescita e stasi. Superfluo dire che il talento rielaborativo del pianista ha incantato il pubblico, trasportandolo dalla giocosità di “Ma che gelida manina”, a una nuova atmosfera di un impetuoso pianoforte.

In chiusura è stato eseguito uno dei brani più belli di Puccini: il finale della Bohème, alla morte di Mimi. Tofanelli con la sua tromba unisce la melodiosità del canto con virtuosismi sulle scale e fraseggi di puro colore, creando un momento di raccoglimento attorno al canto di Mimi. Presentando un momento ludico di imitazione e “verso” l’uno l’altro, il duo si è spostato su un altro masterpiece di Puccini, l’intramontabile “Nessun dorma”, dalla Turandot, ovviamente senza far mancare i propri interventi di divertissement. La tromba trionfante ha intonato il culmine dell’aria “il nome suo nessun saprà…” sostenuto da un tremolo del pianoforte spingendo un forte crescendo, per poi andarsi ad addolcire sulla coda finale. wNell’ultimo brano proposto si è giocato molto anche con i timbri della tromba, dove Andrea Tofanelli ha dimostrato grande versatilità, usando sordine particolari per donare colori diversi al suo ottone.

Nel saluto è toccato anche al pubblico partecipare: battendo le mani a ritmo del pianoforte si è entrati nel groove e nel pieno spirito che ha accompagnato tutto il concerto. Un concerto senza dubbio apprezzato, applaudito e gioiosamente goduto, sia dagli intenditori che dai “profani” di entrambi i generi.

Puccini in jazz: la sua musica è in ottime mani.

a cura di Joy Santandrea

Puccini: La Fanciulla del West al Teatro Regio

“Non siamo disposti a perdonare! Si perdona ciò che si vuole! Allora perdonerete!”

Sono frasi significative che inaugurano la messa in scena dell’Anteprima Giovani under 18-30 del 21 marzo 2024 al Teatro Regio con “La Fanciulla del West”, l’opera lirica in tre atti composta da Giacomo Puccini, su libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini. La sua prima rappresentazione è avvenuta al Metropolitan Opera House di New York nel 1910. L’Opera è stata presentata prima dell’Anteprima Giovani, mercoledì 20 marzo al Piccolo Regio alle ore 18, nella conferenza-concerto condotta da Susanna Franchi.

Dal punto di vista del genere, La Fanciulla del West mescola elementi di dramma e lirismo. È un’opera che si colloca nel contesto del verismo, un movimento artistico che rappresentava la vita reale e le emozioni umane in modo crudo e sincero. Tuttavia, quest’opera si distingue per la sua ambientazione americana e per l’inclusione di temi legati al Far West, raggiungendo una certa originalità tra i titoli di Puccini. Sotto il punto di vista musicale, utilizza melodie popolari americane, come le “ballate del West”, insieme a motivi più operistici. La partitura è caratterizzata da una scrittura vocale impegnativa e da un’orchestrazione incalzante che riflette i sentimenti e le atmosfere dell’ambientazione.

La direzione orchestrale viene affidata a Francesco Ivan Ciampa, il quale con grande maestria crea una forte sinergia tra la componente orchestrale e quella canora. La regia viene condotta da Valentina Carrasco, la quale si ispira nell’allestimento al genere cinematografico degli “spaghetti Western”: manca solo la figura di John Wayne in Ombre Rosse per chiudere in bellezza! Il palco del tempio lirico del Regio diventa “un set cinematografico” in cui tutte le scene vengono girate e riprese dal vivo dai macchinisti, coordinate dal regista e infine proiettate sullo schermo visibile in sala dagli spettatori per cogliere i momenti più significativi e precostituiti dall’Industria degli effetti speciali cinematografici. I momenti solistici ribaltano la situazione di ripresa di realtà in cui viene meno la dimensione cinematografica ritornando alla dimensione operistica.

Le scene sono realizzate da Carles Barga e Peter Van Praet grazie all’utilizzo di tecnologie quali pannelli digitali retrostanti removibili in cui si ha la proiezione della neve (rappresenta la stagione invernale) e delle immagini collinari (il tipico finale Western dei due innamorati che si dirigono verso terre sconosciute e inesplorate). Si ha un’intuizione geniale nell’utilizzo dei cantanti secondari (i nativi americani, i cosiddetti “pellerossa”), con un cartello di protesta per effettuare un attacco satirico ed ironico contro la discriminazione razziale e l’integrazione forzata di comunità minoritarie all’interno della cultura bianca dominate.

La fanciulla del west
Foto di Daniele Ratti

Grande lavoro è stato svolto da Ulisse Trabacchin nella direzione corale della sezione maschile (baritoni e tenori), i quali hanno saputo mescolarsi con le voci solistiche creando una comunanza di cuori verso la storia d’amore tra la cameriera del Saloon Minnie (il soprano Oksana Dyka) e il bandito Ramerezz (il tenore Amadi Lagha) osteggiata dallo sceriffo Jack Rance (il baritono Massimo Cavalletti).

La Fanciulla del West, rispetto alle altre opere pucciniane, si conclude con un finale inaspettatamente lieto in cui è la donna a dominare sulla scena rispetto alla presenza maschile, ed essa non diviene vittima dell’uomo, anzi diviene figura che redime, mitiga ed espia le colpe di tutto il genere maschile.

A cura di Angelica Paparella

“La Rondine” di Puccini in un particolare omaggio al Teatro Regio

Al Teatro Regio continua il successo di anteprime per ragazzi under 30. Ancora una volta la sala è piena di giovani che vogliono avvicinarsi ad un mondo lontano da quello contemporaneo. 

Il 16 novembre 2023 è andata in scena La Rondine, commedia lirica poco conosciuta del celebre Giacomo Puccini. La direzione dell’orchestra è stata affidata a Francesco Lanzillotta, direttore d’orchestra e attento esperto del panorama operistico italiano contemporaneo. Lanzillotta ha dimostrato la sua grande abilità, riuscendo a comunicare la forza di quest’opera, che si muove a ritmi di danza tipici dell’epoca pucciniana, tra cui il tango, il one-step e soprattutto il valzer. Quest’ultimo è centrale in tutta la rappresentazione e dona momenti di sensualità e passione. 

Degna di nota è la regia di Pierre-Emmanuel Rousseau, che torna a Torino dopo l’inaugurazione della stagione scorsa. Il nuovo allestimento de La Rondine vuole essere un omaggio innanzitutto al Teatro Regio, ma anche agli anni Settanta francesi, anni di fermento successivi alle rivolte del Sessantotto. Rousseau ha collocato, quindi, l’azione in un anno ben preciso, il 1973, momento della riapertura del Teatro dopo la ricostruzione progettata dall’architetto Carlo Mollino, a seguito del tragico incendio del 1936. 

Il primo atto si svolge in un loft minimalista dell’alta borghesia francese durante un after party. La scena è arredata con piccole sculture che fanno riferimento a Mollino, mentre i colori si concentrano sul nero e sull’oro, alimentando l’idea di ricchezza dei personaggi coinvolti. Nel secondo atto si viene catapultati in una grande festa proprio nel foyer del Teatro Regio, ben rappresentato in ogni dettaglio. Infine, nel terzo atto ci si ritrova in Costa Azzurra, evocata dallo sfondo celeste, simile al colore del mare e, soprattutto, dagli abiti indossati dai protagonisti: costumi da bagno e camicie leggere.

L’esibizione corale del secondo atto è stata sicuramente la più coinvolgente: sembrava davvero di partecipare, insieme ai protagonisti, ad un party anni Settanta. Il coro, istruito dal maestro Ulisse Trabacchin, si è ben inserito nella scena e i ballerini, su coreografie di Carmine de Amicis, si sono esibiti in danze tra cui il vogueing. In questo quadro, oltre alla scenografia, un altro omaggio al Regio: i costumi di scena sono stati presi in prestito direttamente dal magazzino della sartoria teatrale. La performance è stata accolta molto positivamente da tutto il pubblico in sala, il quale ha espresso il suo consenso con un lungo e caloroso applauso.

I cantanti sono emersi bene durante tutta la rappresentazione, senza mai essere sopraffatti dall’impianto scenografico. In particolare, la protagonista Magda, interpretata dal soprano di origine russa Olga Peretyatko, che grazie alle sue capacità e alla grande estensione vocale, è riuscita a rendere leggeri e piacevoli acuti, senza mai mostrare fatica. 

Interessante la realizzazione del progetto Contrasti per questa serata. L’artista ospite è stato Marquis, giovane promettente che nell’ultimo anno ha collaborato alla composizione delle musiche per la colonna sonora della serie I leoni di Sicilia, tratta dall’omonimo romanzo di Stefania Auci. Come d’abitudine l’esibizione si è svolta nel Foyer del Toro, questa volta però non in conclusione della serata, ma come sottofondo durante gli intervalli, generando veri e propri “contrasti” all’atmosfera del teatro.

Dunque, ancora una volta il Regio è riuscito a incuriosire e avvicinare un pubblico giovane, contestando una visione elitaria del teatro lirico.

A cura di Roberta Durazzi