Archivi tag: patagarri

I Patagarri e la Bandabardò al Flowers Festival, come la ginestra nel deserto

In occasione del decimo compleanno del Flowers Festival il programma – già denso negli scorsi anni – si è infittito con due o addirittura tre concerti nella stessa serata. Uno di questi è quello del 28 giugno quando sono saliti sul palco prima i Patagarri e poi la Bandabardò

Per i meno avvezzi al mondo dello spettacolo, menzionare i Patagarri significa risalire al Primo Maggio di Roma del 2025 e alle numerosissime critiche di cui sono stati investiti per aver suonato “Hava Nagila”, canto tradizionale ebraico, privato del suo testo originale in favore dello slogan «Palestina libera». Come spesso accade in questi casi, l’attenzione dei media si era focalizzata sul gesto politico, da molti ritenuto inopportuno. Per chi, invece, ha più familiarità con il mondo dell’intrattenimento i Patagarri erano tra i membri della squadra di Achille Lauro a XFactor 2024 dove, in finale, si sono aggiudicati il terzo posto.  La band − composta da Francesco Parazzoli (tromba e voce), Jacopo Protti (chitarra), Daniele Corradi (chitarra), Nicholas Guandalini (basso), Giovanni Monaco (clarinetto e percussioni), Arturo Monico (trombone e percussioni) − aveva attirato l’attenzione del pubblico del talent distinguendosi dal panorama musicale canonico: in un mix di gypsy jazz, swing, rock i Patagarri avevano proposto inediti e brani standard e della tradizione, sapientemente riarrangiati. 

foto di Alessia Sabetta

Singolare, per esempio, la scelta di aprire il concerto alla Certosa con “Tutti quanti voglion fare jazz” dal film  Gli Aristogatti, scelta comunque  in linea con la loro personalità frizzante e fuori dagli schemi. La cosa che colpisce non è però soltanto lo stile  controcorrente: i Patagarri sono preparati, colti, sanno stare sul palco. Nonostante la giovane età e nonostante siano appena usciti da un talent.  A differenza di tantissimi artisti che, appena fuori dai format televisivi, appaiono ingessati e privi di esperienza dal vivo, i Patagarri sono estremamente coinvolgenti e si muovono con naturalezza sul palco creando un filo conduttore coerente tra i vari brani, sapientemente introdotti da Frankie, il frontman, l’unico a parlare.  In più, freschi di conservatorio, hanno una solida formazione musicale che si riflette negli arrangiamenti abilmente ricamati e negli assoli dove emergono padronanza tecnica e sensibilità artistica. A queste ultime si aggiunge una scelta musicale non scontata, non banale. A eccezione di “Summertime”, standard jazz «l’unica hit estiva», il repertorio è un viaggio musicale tra le varie tradizioni. Per “Occhi Neri”, per esempio, dicono di aver «rubato melodia e accordi a una vecchissima canzone russa e scritto un testo in italiano, perché le canzoni belle si riciclano»; poi è il turno dell’ispirazione della locomotiva gucciniana grazie alla quale è nato l’inedito “Il camionista”, che parla di un camionista che si scontra contro un giovane in Ferrari perché «non ci sono binari su cui puoi dirottare un camion»; successivamente “Egyptian Ella”, «per ricordarci che non siamo noi il problema, ma chi ci sta attorno»; anche la già citata “Hava Nagila”, poi una suggestiva “Il cielo in una stanza” e “Hit The Road Jack” innestata su “Vengo dalla Luna” di Caparezza. Non mancano gli inediti come “Sogni” e “Caravan” con cui si congedano dal pubblico per lasciare il palco alla Bandabardò.

La band folk rock fiorentina è in tour dopo l’uscita del loro ultimo album Fandango e continua a esibirsi anche dopo la morte di Erriquez, a cui sono dedicate  “Notti di luna e falò”, con la formazione che vede Alessandro Finazzo, Finaz, (voce e chitarra), Andrea Orlandini, Orla, (chitarra), Don Bachi (basso e contrabbasso elettrico), Alessandro Nutini, Nuto, (batteria), Federico Pacini, Pacio, (tastiere) e Jose Ramon Caraballo Armas (percussioni). Quest’ultimo si diletta al microfono con “Caro amico”, brano tratto proprio dall’ultimo album, così come Orla che invece canta “Mojito Football Plan” in memoria dei concerti da giovani in cui ci si ubriacava e si costruivano porte fittizie per giocare a calcio, accroccando vestiti e borsoni. Un omaggio a Rino Gaetano con “Ubriaco canta amore” introdotta da Finaz, citando Vasco Rossi: «Un filosofo contemporaneo vivente qualche anno fa ha detto che le canzoni nascono da sole e vengono già con le parole».  Immancabile il momento di monito sociale con “Lo sciopero del sole” introdotta questa volta da Don Bachi «siamo stati accusati di essere eco terroristi, ma gli effetti del cambiamento climatico oggi si vedono» e “Manifesto”, sempre presente.

foto di Alessia Sabetta

Poi risalgono sul palco i Patagarri per un finale improvvisato, senza prove, sulla scia di quella che Finaz definisce «musica vera fatta sul palco». E quindi «Una mattina, mi son svegliato» urlato a squarciagola dal pubblico mentre l’accompagnamento musicale, in sottofondo, ricorda una festa balkan, che si conclude con le note di “Se mi rilasso collasso”, all’insegna di abbracci, risate e assoli degli strumenti a fiato dei Patagarri.

Due stili musicali, due background, due generazioni. Cosa hanno in comune? Il pubblico ballerino a suon di folk e swing ma soprattutto uno sguardo attento sulla politica e le questioni sociali. Come la ginestra, che resiste e fiorisce anche nei terreni più aridi, dove tutto sembra ostile. 

Alessia Sabetta