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RockIsh Festival: allo sPAZIO211 il rock alternativo italiano

Sono ben sette le band della seconda edizione del RockIsh Festival 2023, tutte in una sola e scoppiettante serata: è il 9 luglio e allo sPAZIO211 l’appuntamento, realizzato in collaborazione con la casa di produzione discografica Pan Music, è finalmente alle porte. Tra il main stage affacciato sul prato – futuro teatro del TOdays a fine agosto – e il side stage collocato sulla sinistra, i presenti fanno la spola in fibrillazione, gasati a buon diritto da una line-up che abbraccia la musica alternativa con un rock, un punk e un metal tutti italiani (soprattutto torinesi, ma non solo). Troviamo in maggioranza un pubblico di giovani e giovanissimi; a disposizione delle band – almeno, delle prime sei – c’è una mezz’ora ciascuno. Si parte alle 20.

Domani Martina. Credits: Lunasoft Video

I Domani Martina aprono le danze sul main stage. Il quintetto si contraddistingue da subito per un suono rock deciso, in cui risaltano i riff di chitarra, protagonisti insieme a un cantautorato degno di merito; i ritmi cadenzati – spesso e volentieri si tratta di groove danzabili in levare – fanno il resto, e lo fanno bene. “Uno come me” racchiude tutte queste caratteristiche, accendendo una platea ancora sparuta ma in vena di saltare a tempo e cantare sotto il palco, stuzzicata inoltre dalla cover di “Charlie fa surf” dei Baustelle: il primo round si conclude spaccando il secondo, con premesse eccellenti per il prosieguo.

Breathe Me In. Credits: Lunasoft Video

Pochi secondi e ci si fionda tutti sotto il gazebo del side stage, dal quale i Breathe Me In chiamano a raccolta i presenti. La band, attiva da 15 anni, propone brani dai tratti aggressivi, nei quali hardcore, metal ed elettronica non scendono a mezzi termini in una commistione vincente (vedasi l’esordio con “Animali Feriti”); la voce è intensa, nel registro acuto, e lo scream ci sta come il cacio sui maccheroni. Quel flirt con il pogo, solo vagheggiato in precedenza, ora diventa un matrimonio che s’ha da fare: complice lo spazio ristretto, il pubblico entra in contatto a più riprese, fomentato dallo stesso cantante. Una gran bella carica.

Tonno. Credits: Lunasoft Video

In uno schiocco di dita si fanno le 21; nel chiarore serale la folla torna sul prato, dove il gruppo toscano dei Tonno si è preso la scena. I riff sono semplici ma mai banali, in un pop rock con manifeste influenze emo. La voce qui graffia, quasi dà forma ai testi; dietro un’apparenza scanzonata, questi suggeriscono un disagio, vago o profondo, che sembra trovare radici nel quotidiano. Stasera, però, nulla ferma la voglia di ballare: “Fettine panate” è una hit indiscussa, perfetta per accompagnare il tramonto, e di certo rimarrà in testa a qualcuno nei giorni a venire («Ci sparavamo quei video / ci guardavamo quei video / delle fettine panate / dopo aver fatto l’amore»).

BRX!T. Credits: Lunasoft Video

Pronti, via, altro giro. Il quarto turno è dei BRX!T (pronunciato “Brexit”), quartetto che manda in estasi gli spettatori più energici. Il loro rock sa essere incisivo, pur lasciando sfogo ad aperture melodiche più pulite: un esempio di questo incrocio è dato da “Notti a caso”, brano lento ma grintoso che tanto si addice a questa serata in periferia, fatta di musica, incontri, afa e zanzare. Anche la sezione ritmica è da applausi, con un basso che sa decisamente il fatto suo e una batteria scatenata tra piatti forati e jam-block. Il pubblico si fa man mano più voluminoso: l’atmosfera è satura e gli spazi vuoti diminuiscono a vista d’occhio.

Madbeat. Credits: Lunasoft Video

Di nuovo il main stage, dove scalpitano i Madbeat, band di stanza tra Torino e Cuneo con dieci anni di attività alle spalle. La loro è un’impronta ben marcata: pop punk, senza se e senza ma. Attraverso strofe serrate e ritornelli esplosivi, il gruppo nei suoi versi racconta di un desiderio di rivalsa, delle fatiche e delle ansie di ogni giorno che costellano gli orizzonti urbani; un riscatto profuso nella freschezza giovanile di altre notti, stavolta proprio le “Notti Punk”, quelle che vengono prima dei giorni «con cui fare a botte». Altri due artisti si accompagnano al gruppo in due featuring: sono il rapper torinese Mauràs e il cantante Fabio Valente degli Arsenico. Si continua.

THE UNIKORNI. Credits: Lunasoft Video

Sesto round, un quarto d’ora dopo le 22. Nel side stage si presenta un duo, composto da una batterista e un cantante/chitarrista, se si esclude il peluche di un animale fantastico posizionato sulla cassa: THE UNIKORNI è il nome del progetto. La spinta è molto forte, con un grunge dai suoni ruvidi, dagli stacchi potenti e una vocalità spesso filtrata, che vola alta sulle ottave. Le tematiche sono più che attuali: la libertà di fare scelte sul proprio corpo, il successo degli influencer e le aspettative della società verso un individuo che non può permettersi di mostrarsi debole o avere paura. Di questo in particolare parla “CREPO/VIVO”, pezzo abrasivo e originale; lo sPAZIO è ora al completo.

Punkreas. Credits: Lunasoft Video

Gli headliner della serata sono i Punkreas, storica formazione proveniente dall’hinterland milanese e dal lontano – ormai lontanissimo – 1989. È soprattutto qui, com’era ovvio, che si palesano diversi fan di vecchia data, a variegare la composizione generazionale del pubblico. La musica della band (nomen omen), declinata in diverse fogge dall’hardcore allo ska punk, definisce uno stile mantenuto con coerenza in più di trent’anni; tanti i brani più iconici, tra cui “Il vicino”, “La canzone del bosco” e “Sotto esame”, mentre da Electric Déjà-Vu, ultimo album uscito lo scorso marzo, sono tratti pezzi come “Mani in alto” e “Tempi distorti”. Come prima e più di prima, si poga fortissimo, in un tripudio di polvere e corpi sudati sul prato, con qualcuno che fa addirittura crowd-surfing; tra ironie pungenti, stoccate al Dalai Lama e numerosi botta e risposta con la folla, un’ora abbondante passa veloce. Non prima di concludere con il selfie di rito post-concerto e una freddura dal sapore altopadano rivolta ai presenti: «Sembravate di Villarboit» (comune a nord di Vercelli da cui l’omonima area di servizio lungo l’A4, n.d.r.).

Il dj-set finale. Credits: Lunasoft Video

È quasi mezzanotte quando il RockIsh termina, lasciando spazio a un dj-set (ancora: pop punk) per chi non è stanco di muoversi, nemmeno in una torrida domenica sera di luglio; un evento divertente e ben organizzato, con ospiti di qualità e un’offerta eterogenea ma assortita nel migliore dei modi. Lo sPAZIO211 si conferma punto di riferimento assoluto per il panorama musicale, locale e non: una realtà che sa valorizzarsi e farsi apprezzare in ogni occasione.

A cura di Carlo Cerrato

PHONY BEATLEMANIA HAS BITTEN THE DUST: il Punk fra suoni, moda e politica a 20 anni dalla morte di Joe Strummer

Genere musicale o estetica? Fenomeno di consumo giovanile o nuova forma di protagonismo culturale? Sotto l’etichetta punk – termine che non trova una corrispondenza esaustiva nella lingua italiana – rientrano queste e altre declinazioni. La poliedricità del fenomeno è stata ben resa nel seminario che si è tenuto il 20 dicembre presso l’Auditoriom Quazza di Palazzo Nuovo e organizzato all’interno dei corsi DAMS di Popular music e Moda e costume di StudiUm – Dipartimento di Studi Umanistici, in collaborazione con Cinema Massimo – Museo del Cinema di Torino e con il patrocinio del Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino.

Cuore della due giorni – apertasi il 19 dicembre e chiusasi il 20 con un doppio appuntamento presso il Cinema Massimo –, la natura interdisciplinare dell’evento è stata ben raccontata da Alessia Masini, autrice del libro Siamo nati da soli. Punk, Rock e Politica in Italia e in Gran Bretagna (1977-1984) (Pacini 2019) frutto del suo dottorato di ricerca in Storia, Politica e Istituzioni presso l’Università di Macerata e da Matteo Torcinovich, musicista artista e grafico autore di diversi volumi tra cui Punkouture. Cucire una rivolta. 1976-1986 (Nomos edizioni) e 1977. Don’t Call It Punk (Goodfellas).

Foto di Alessandra Mariani

Guidata “spiritualmente” nel suo lavoro dalla capacità di osservazione di Pier Vittorio Tondelli, Alessia Masini ha fornito ai presenti un inquadramento storico e culturale dell’Italia a cavallo tra gli anni di piombo e gli anni Ottanta, identificati generalmente come anni del riflusso dalla mobilitazione post-1968 al privato. La tesi di Alessia Masini si concentra sullo scardinamento di questa semplificazione che tende a ridurre drasticamente la poliedricità del periodo, che in realtà nascondeva diverse forme di protagonismo politico.

A fare da cesura tra questi due decenni sarebbe proprio il movimento punk. Per Alessia Masini il 1977 rappresenta l’inizio del punk in Italia, che trova come canali di ingresso le riviste di movimento come Re Nudo, tra le principali riviste italiane di controcultura che nel maggio del 1977 pubblica un articolo intitolato “Il movimento dell’oltraggio” in cui veniva descritto il clima giovanile londinese dell’epoca. Masini racconta come il punk nasca inizialmente come un fenomeno di consumo giovanile, per ramificarsi poi in una corrente meno politicizzata – coloro che erano più interessati ai concerti, alla musica, all’estetica – e una corrente più politicizzata – nella declinazione anarchica.

La contraddizione del fenomeno punk consiste nell’aver avuto una diffusione di massa – la discografia, la stampa, la moda – ma allo stesso tempo nell’aver rappresentato un fenomeno controculturale. Nel suo intervento e nei suoi lavori Matteo Torcinovich afferma che il punk può essere definito anche come un vero e proprio movimento artistico. Il fatto stesso di scrivere un libro sulla moda punk è una contraddizione, afferma l’autore, poiché originariamente l’estetica punk nasce proprio per essere contro la moda, piegandosi però con il tempo ad una vera e propria codificazione. Il desiderio di protagonismo tipico del movimento si sarebbe declinato nella moda nel concetto del “pezzo unico” – i giovani erano soliti a a personalizzarsi autonomamente i propri capi di abbigliamento, pratica che ha trovato nella tecnica a stampa della serigrafia il suo principale approdo – e nella pratica di tradizione duchampiana della risemantizzazione di oggetti di uso comune come ornamenti a completamento di outfit estrosi.

Foto di Alessandra Mariani

Durante l’incontro sono stati visionati alcuni brevi reportage dell’epoca come quello di Raffaele Andreassi trasmesso su Rai 2 il 4 ottobre 1977 (reperibile su YouTube), che a vederlo oggi strappa un sorriso per le parole utilizzate dal commentatore per descrivere un fenomeno giovanile in cui “I capelli sono corti, possibilmente con colori assurdi: verde, arancio, viola. L’espressione del viso è dura, senza sorriso. Il linguaggio naturalmente… volgare”.

L’incontro si è concluso con un’interessante tavola rotonda tra i due ospiti in dialogo con Fabio Acca, Eleonora Chiais, Federica Mazzocchi e Jacopo Tomatis.

A cura di Alessandra Mariani

Yungblud al Carroponte: Life On Mars Tour

Dopo tre anni di assenza in Italia, mercoledì 18 maggio Yungblud è tornato a cantare a Milano, questa volta riempiendo il Carroponte di Sesto San Giovanni nell’unica data italiana del Life On Mars Tour.

Dopo neanche un giorno dall’annuncio di Yungblud – terzo album del cantante la cui uscita è prevista per il 2 settembre prossimo –, il ventiquattrenne inglese Dominic Harrison ha avuto finalmente l’occasione di suonare dal vivo anche nel nostro Paese i brani di weird! (2020)

Il sole non è ancora scomparso dietro al muro di amplificatori al centro del palco quando arrivano le Nova Twins, duo rock londinese composto dalla cantante Amy Love e dalla bassista Georgia South. Scelta a dir poco perfetta per aprire il concerto: non siamo ancora al ritornello del primo brano che il pubblico – a maggioranza under 25 e rigorosamente vestito in stile punk rock – si sta già muovendo a ritmo.

Sono invece da poco passate le 21 quando tutte le luci si spengono e dopo un video introduttivo risuonano le note iniziali di “Strawberry Lipstick”: Yungblud corre sul palco ed incita subito tutti a saltare con lui. La sua energia coinvolge in pochi secondi i presenti: è praticamente impossibile non ballare con il cantante che ti obbliga a farlo.

Credits: https://www.instagram.com/carroponteofficial/

In pochi minuti volano birre e plettri. Yungblud canta uno dei suoi ultimi singoli, “The Funeral”. I fan intonano con lui il brano, che parla di amare sé stessi e accettarsi così come si è. Il concerto non è iniziato neanche da una ventina di minuti e il cantante appare già sinceramente commosso, forse sorpreso di trovare fan così affezionati, che non sbagliano neanche una parola dei suoi testi. Anche durante i pezzi più lenti come “mars” – una ballata che racconta la storia di una fan transgender, ma più in generale la storia di chi si è sempre sentito diverso – non viene mai meno la sua energica presenza scenica.

Credits: https://www.instagram.com/carroponteofficial/

Oltre i brani del secondo album, la scaletta prevede anche alcuni pezzi dal primo e vari singoli più recenti, ad esempio “Memories” realizzata in collaborazione con Willow e “Fleabag”, sempre dai toni pop-punk.  Con il proseguire della serata – e il diminuire dei capi di vestiario addosso a Yungblud, che per gli ultimi brani rimane in pantaloncini e bretelle – aumentano le interazioni con il pubblico: prima una proposta di matrimonio, poi il coming out di un fan. Si è creata un’atmosfera quasi intima, forse difficile da credere pensando alla quantità di gente presente. 

Yungblud elogia l’accoglienza italiana, «Ho trovato una famiglia qui a Milano» e aggiunge «Ho speso diciannove anni della mia vita sentendomi giudicato per essere diverso, ma volete sapere come riesco a essere su questo palco oggi ed essere chi voglio? È grazie ad ognuno di voi». E nel caso in cui qualcuno avesse ancora dubbi riguardo il suo affetto nei confronti dei fan, ad un certo punto inizia a indicare ogni presente nelle prime file ripetendo «Ti amo, ti amo, ti amo».

Il live si chiude con “Machine Gun (F**k the NRA)”, un brano che denuncia la facile accessibilità alle armi negli USA. Ma sono i cori di “Loner” intonati dal pubblico a fare da sottofondo mentre lentamente il Carroponte si svuota.

Gazzelle @ Flowers Festival 2019

K-Way, occhiali da sole neri, intimismo e attitudine indie incontrano folla urlante di giovani, meno giovani e giovanissimi: l’attrito fa scintille, fa Flavio Pardini in arte Gazzelle, martedì scorso, al Flowers Festival 2019.
Nonostante non sia ormai più negabile la svolta mainstream dell’indie italiano, che riempie palazzetti e arene, assistere a questo contrasto dal vivo, ha tutto un altro sapore.

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Wide Hips 69 @ Blah Blah

Da Teramo al Blah Blah di Torino, l’ironia performativa delle Wide Hips 69

15 giugno: il palco del Blah Blah di Torino si apre allo spirito autoironico delle Wide Hips 69, già dichiarato nella locandina grazie all’apposita etichetta di genere “gar(b)age punk”. Nonostante la sua composizione “almost female”, la band ama definirsi al femminile di fronte al pubblico del web, dimostrando un gusto per il gioco di parole che non risparmia la sfera sessuale. Quest’ultima, già fortemente dissacrata nei testi, arriva a intaccare il mondo televisivo più pop con il titolo del loro ultimo album, The Gang Bang Theory.

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