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John Frusciante is back: il live dei Red Hot Chili Peppers al Firenze Rocks

I biglietti per il live dei Red Hot Chili Peppers al Firenze Rocks erano stati messi in vendita a novembre 2019. All’epoca il chitarrista della band californiana era Josh Klinghoffer; tuttavia, un annuncio del 15 dicembre dello stesso anno ha rivoluzionato tutto: John Frusciante è tornato nel gruppo che aveva lasciato, per la seconda volta, nel 2009. È bastato questo per far breccia nel cuore dei fan e per rendere ancora più speciale l’attesa di un concerto sold out e più volte rimandato per via della pandemia.

Il 18 giugno è servito del coraggio ai fan per riversarsi nella rovente Visarno Arena fin dalle prime ore del pomeriggio. Il pubblico che affolla la venue è eterogeneo, dall’adulto che segue il gruppo dagli albori degli anni Ottanta al ragazzino che ha scoperto il loro funk rock tramite Spotify. Ciò che li accomuna, però, è la passione e l’emozione per il ritorno dal vivo della formazione classica, quella che è stata la mente di due pietre miliari del rock come Blood Sugar Sex Magic e Californication.

Nell’attesa del concerto, ad intrattenere il pubblico ci hanno pensato quattro artisti: su tutti NAS, la leggenda dell’hip hop mondiale. Prima di lui si sono esibiti anche il rapper italiano Tedua – che ha fatto storcere il naso ad un pubblico troppo rockettaro per il genere proposto dall’artista -, la popstar californiana Remi Wolf e la band bolognese Savana Funk, il cui chitarrista di stampo hendrixiano ha invece entusiasmato i presenti.

Alle 21:30 le luci si spengono: il momento tanto atteso è giunto. A dare il via c’è la jam strumentale di Frusciante e Flea, che dimostrano di non aver perso la complicità di un tempo. La loro improvvisazione dà inizio a “Can’t Stop”, che apre le danze facendo scatenare la folla. Il tuffo nel passato continua con “Dani California” e “Charlie” per poi passare ad alcuni brani di Unlimited Love, il nuovo album della band uscito lo scorso aprile. Tuttavia, la loro intenzione è chiara: celebrare il repertorio della loro carriera, più che promuovere il loro ultimo lavoro (in scaletta vi erano infatti solamente cinque brani tratti da esso).

I Red Hot sul palco del Firenze Rocks (credit foto: Gabriele Ferrara)

Il tempo scorre a ritmo di slapping, funk e jam session improvvisate. L’emozione del pubblico è palpabile: il coro dei 65mila presenti è così forte da sembrare una sola voce. I Red Hot sorprendono e si divertono sul palco: Flea appare instancabile correndo da una parte all’altra; Kiedis sembra rivitalizzato dalla presenza di Frusciante, il quale si lascia andare a riff ed assoli intramontabili e dulcis in fundo Chad Smith, che nonostante possa apparire nascosto tra la batteria e il gong, è un instancabile fonte di groove e ritmo.

Il caldo patito durante la giornata lascia spazio all’adrenalina e al pogo. I presenti si scatenano infatti durante “Nobody Weird Like Me” e “Give It Away”, perdendo ogni inibizione e lasciandosi totalmente sopraffare dalla musica. La Visarno Arena riprende fiato solamente durante l’intro-medley di “Californication”, un momento intimo tra chitarrista e bassista, che ricorda ai fan quello dello Slane Castle del 2003, che hanno visto e rivisto su Youtube.

L’encore è composto da “By the Way, il brano con cui si conclude il concerto. Flea torna sul palco camminando sulle mani in verticale e Frusciante appoggia la testa sulla spalla di Kiedis una volta suonata l’ultima nota. L’alchimia tra la band è tornata, così come l’entusiasmo del pubblico nel rivedere la band dopo anni di attesa.

Gli applausi del pubblico a fine concerto (credit foto: Martina Caratozzolo)

Uniche pecche: la scaletta decisamente corta (solamente 16 brani) e l’assenza del brano simbolo Under the Bridge“. Tuttavia, siamo sicuri che una volta sul cammino di casa i fan siano tornati sognanti dall’ora e mezza di live vissuta, perché questa volta John Frusciante è tornato davvero.

A cura di Martina Caratozzolo

(credit immagine in evidenza: © Andrea Ripamonti)

Torino si accende con Cremonini all’Olimpico

Mercoledì 15 giugno 2022 lo Stadio Olimpico di Torino ha accolto Cesare Cremonini per la terza tappa del suo tour che da qui ad un mese lo porterà in giro per gli stadi di tutta Italia. Dopo due anni di attesa a causa della pandemia, il cantautore bolognese può finalmente festeggiare sul palco i venti anni di carriera e nel frattempo promuovere il suo ultimo lavoro in studio, La ragazza del futuro. D’altro canto, la sua folta schiera di seguaci aspettava impaziente il ritorno sulla scena di uno degli artisti più amati nel panorama nazionale da qualche decennio a questa parte.

credits: pagina Facebook ufficiale di Cesare Cremonini

Dopo i successi di Lignano e San Siro, anche l’Olimpico ha risposto entusiasta all’evento, con un esodo di fan di ogni età in fila già dalle prime luci dell’alba, fino a registrare un sold out da 35.000 presenze. Il cantautore felsineo, da parte sua, non ha tradito le aspettative, confermando di essere un vero showman più che un semplice cantante: due ore passate a muoversi su tutto il palco, cantare e ballare senza tregua, sfoggiare con stile look accattivanti, interagire con i suoi fedeli musicisti, accompagnarsi da solo al pianoforte ed alla chitarra, coinvolgere come un sol uomo tutti gli spettatori. Con le sue grandi doti performative, Cremonini è riuscito ad entrare a stretto contatto col pubblico (una rampa lo immerge fisicamente tra la folla) e a trasmettere così energia per tutto il live. Anche le scenografie (fatte di luci, fuochi, insegne ed immagini in movimento) contribuiscono all’impatto visivo ed emotivo. 

credits: pagina Facebook ufficiale di Cesare Cremonini

La scaletta scorre in un giusto equilibrio tra i più grandi successi del cantautore ed alcuni estratti del suo ultimo album, il già citato La ragazza del futuro. È proprio la title track, introdotta da un breve preludio strumentale, ad aprire la serata che, da quel momento in poi, alterna momenti di grande carica adrenalinica ad altri più intimi e sentimentali. Si passa dal rock sostenuto di “PadreMadre” e “Mondo” al groove di “GreyGoose”, il recente singolo “Chimica”, fino a classici strappalacrime come “La nuova stella di Broadway”, “Marmellata #25”, “Poetica” e una struggente “Nessuno vuole essere Robin” a cappella. Quando, poi, parte il riff inconfondibile di “50 special”, lo stadio si lascia andare ad un’esplosione di gioia incontenibile. Menzione a parte merita la toccante esecuzione di “Stella di mare”, con cui Cremonini ci regala un sentito omaggio ad un suo conterraneo ed ispiratore, Lucio Dalla.

credits: pagina Facebook ufficiale di Cesare Cremonini

A fine serata, Cremonini confessa l’emozione per l’esordio su un palco così prestigioso come quello dell’Olimpico di Torino, e ricambia l’affetto offerto da un pubblico altrettanto caloroso e fedele.  Il successo, d’altronde, era garantito: dopo un rinvio forzato ed una lunga attesa, l’artista ed i suoi fan hanno finalmente potuto condividere momenti di gioia e spensieratezza, cantando a squarciagola sulle note di veri e propri inni della musica italiana degli ultimi vent’anni. 

A cura di Ivan Galli

svegliaginevra in concerto all’Hiroshima Sound Gardena

Pensieri sparsi sulla tangenziale è il secondo album di svegliaginevra, uscito l’aprile scorso e presentato martedì 7 giugno durante la serata di inaugurazione dell’Hiroshima Sound Garden, la rassegna estiva dell’Hiroshima Mon Amour.

Ginevra Scognamiglio, nome di battesimo dell’artista di origine campana, ha esordito nel 2020 con il singolo “senza di me.”, che le ha permesso di essere selezionata per Sanremo Giovani 2021. Dopo l’album di debutto Letasche bucate di felicità (2021), del quale ha cantato diversi pezzi durante la serata, il secondo album è stato arricchito da diverse collaborazioni tra cui M.E.R.L.O.T., cmqmartina e Zero Assoluto. Di questi ultimi, Ginevra ci tiene a sottolineare come siano stati tra i suoi gruppi preferiti fin dall’infanzia, quando passava le domeniche mattina ad aspettare i loro video su MTV, e di come cantare insieme a loro sia stato un sogno che si realizza.

Credits: https://www.instagram.com/svegliaginevra/

Tra i palazzi del quartiere Lingotto, l’atmosfera nel giardino dell’Hiroshima è tranquilla e famigliare. svegliaginevra comincia il concerto con “Un pezzo mio”, che mette subito in chiaro l’amore dell’artista per ciò che fa, canta: «Musica, musica, musica, musica, serve per stare bene, serve per stare bene». Nel pubblico c’è qualcuno che canticchia sottovoce, qualcun altro che batte le mani a tempo, qualche curioso. Per tutta la serata, Ginevra è accompagnata dalla chitarra di Alessandro Martini: insieme creano un bel duo, dando ai brani un tono più folk, forse il più adatto per una serata estiva.

Durante il concerto la musicista racconta qualche aneddoto per ogni canzone, rendendole tutte un po’ speciali a modo loro. Canta “qualcosa!” e raccomanda di dire sempre le cose come stanno e “CALMA” perché «Con calma si fa tutto, La Spezia è ancora in Serie A». Chiude il live con “Come fanno le onde”, uno dei suoi brani più ascoltati su Spotify, tra i più ballabili e che subito si insinua nella testa degli spettatori.

Decisamente un buon inizio per Hiroshima Sound Garden che prevede altri appuntamenti nel corso dell’estate, tra cui diverse artiste come ceneri (1 Luglio), Prim (8 Luglio), Sleap-e (7 Settembre).

Take care, take care, take care: la musica torinese in festa per il Sermig

Domenica 12 giugno. L’estate, alle porte della Falchera, viene inaugurata con una fervida serata all’insegna della musica, ospiti ben quattro complessi torinesi. Al Barrio va in scena Take care, take care, take care, un vero e proprio festival di beneficenza di ispirazione post-rock, i cui proventi sono stati destinati per intero al Sermig di Torino. L’atmosfera calza a pennello con le alte temperature: i musicisti, già conosciuti e ben affermati nel panorama cittadino, accendono un pubblico di età abbastanza variegata, tutt’uno nella voglia di divertirsi e godere dell’evento all’interno del locale.

Narratore Urbano sul palco del Barrio. All credits: Martina Caratozzolo

Intorno alle 21 apre le danze il Narratore Urbano, lasciando da subito la sua impronta personale, indicata con la calzante definizione di cantautorap. La poderosa carica del suo gruppo – assolutamente da segnalare la base ritmica – sposa testi densi e graffianti, tra immagini tenere dal fondo amaro (come in “Granchietti”) e la schietta denuncia sociale di “Sei, in un paese meraviglioso”. Una voce che urla al mondo, ottima tenuta di palco, presenti scatenati.

Post-Kruger.

Subito dopo è il turno dei Post-Kruger, che nell’affiatamento generale raccolgono il testimone con grande grinta. Le sonorità, spesso vagamente elettroniche, si snodano attraverso riff incisivi: dal tiro ribollente di “Kintsugi”, singolo fresco di uscita che mette voglia di saltare a tempo, all’accattivante passo di “Acufene”, un rock ricco di sfumature eterogenee valorizza testi impregnati di immagini oniriche, a volte crude, e una voce che non ha paura di osare su registri alti.

Gli Alberi.

Gli Alberi sono il terzo gruppo della serata. La voce femminile, delicata e melodica, e la controparte maschile, potente e a tratti abrasiva nel suo growl, la fanno da padrone. Sono pezzi che, pur sviluppando la traccia post-rock con interessanti tematiche ambientali, si addentrano volentieri in meandri dal sapore metal: non per nulla il nome del loro progetto venturo sarà Now Heavier. Pubblico sospeso tra l’incanto e il pogo sfrenato, colto inoltre di sorpresa da un featuring con lo stesso Narratore Urbano.

CIJAN.

A chiudere l’evento sono i CIJAN. Il loro repertorio forse meglio ricalca l’accezione più dura e pura del genere portante, combinata con elementi di forte originalità sonora e compositiva. Spazio limitato per le voci, sapiente cocktail di momenti immersivi e saturazioni strumentali: la scena la tiene quasi tutta la musica. Degni di nota “Mercurial” e “Homecoming”, tanto per citarne un paio. L’atmosfera di un sogno ad occhi aperti regala ai presenti il miglior modo di concludere una serata ben organizzata e con musica di alto livello.

Impossibile, dulcis in fundo, non citare Giovanni Bersani, organizzatore della serata e denominatore comune di tutte e quattro le band. Il polistrumentista si destreggia magistralmente tra tastiere, percussioni e chitarre: un eclettico tuttofare, capace di suonare praticamente senza soluzione di continuità per tutta la durata dell’evento. Una serata di quelle che verranno ricordate a lungo sulla scena di Torino.

A cura di Carlo Cerrato

Il trionfo dell’Itpop a Torino: Gazzelle

Domenica 5 giugno il Pala Alpitour ha ospitato l’ultima tappa del tour di Gazzelle, inizialmente previsto per i mesi di gennaio e febbraio 2022 e poi spostato a causa della pandemia da Covid-19.

Ad aprire il concerto è Centomilacarie, artista di Maciste Dischi (stessa etichetta discografica di Gazzelle) classe 2004 che si presenta sul palco con una chitarra acustica e un look sobrio e pulito. L’ansia è sovrana e si vede, tanto che il cantante comincia a suonare senza rendersi conto che lo strumento non è ancora attaccato all’amplificatore. Il pubblico lo sostiene e lo incita a dare il meglio di sé, forse intenerito dalla sua giovane età, e Centomilacarie si esibisce con un paio di brani inediti e una cover di “Diploma” degli Psicologi: – «Spero che questa canzone mi porti fortuna, dato che il prossimo anno mi devo appunto diplomare» –.

L’ultimo brano decide invece di dedicarlo «al vero me stesso», ossia a Simone, nome di battesimo dell’artista. Nonostante qualche imprecisione vocale (causata probabilmente dall’emozione), Centomilacarie lascia il palco con uno scroscio di applausi e urla di approvazione, segno che forse avremo modo di sentirlo presto in un concerto tutto suo.

Dopo mezz’ora le luci si abbassano nuovamente e una band composta da archi (Guendalina Pulcinelli al violino, Elena Bianchetti al violoncello), pianoforte (Ettore Mirabilia), basso (Gabriele Roia), chitarra (Claudio Bruno) e batteria (Claudio Laguardia) fa il suo ingresso, seguita da Gazzelle, vero headliner della serata.

Foto: Ramona Bustiuc

Dopo qualche canzone Flavio Bruno Pardini – vero nome del cantante si fa portare un gin tonic e ringrazia la platea, euforica come se le ore passate in coda sotto al sole cocente, le ustioni sulla schiena e la disidratazione fossero improvvisamente sparite.

(Anche in quest’occasione è lecito domandarsi se le norme di accesso alle sale da concerto non dovrebbero essere riviste, dato che i tappi delle bottiglie d’acqua vengono buttati mentre oggetti più grandi e potenzialmente pericolosi possono passare).

Seguono due ore intense, fatte di momenti tristi – come il breve discorso di Gazzelle sui danni psicologici che le persone hanno subito negli ultimi due anni a causa del Covid –, momenti emozionanti – il pubblico che intona “Scintille” mentre il cantante lo ascolta in silenzio –, momenti di ballo e divertimento a ritmo di “Sopra” e “Destri”. 25 canzoni si susseguono velocemente in un tempo che sembra passare velocissimo, protagonista il trentaduenne romano che in pochi anni ha raggiunto la vetta delle classifiche dei singoli e dei dischi più venduti in Italia.

Foto: Ramona Bustiuc

Non mancano i ringraziamenti alla casa discografica, all’opening act Centomilacarie, all’organizzatore del concerto, ai musicisti che lo hanno accompagnato in questo tour; dato che era il compleanno del pianista, intonare “Tanti auguri” è stato d’obbligo.

Il finale con “Non sei tu” è un momento di pura emozione e commozione tra Gazzelle e i suoi fan, che vengono inquadrati dalle telecamere e proiettati sullo schermo dietro al palco: il cantante è rivolto verso di loro e li saluta, fino a quando anche le ultime note della canzone si dissolvono.

Foto: Ramona Bustiuc

A questo punto probabilmente il pubblico sarebbe uscito dal Pala Alpitour accompagnato da un senso di nostalgia e malinconia, ma la scelta di far partire “Song 2” dei Blur ha immediatamente impedito che qualsiasi emozione negativa potesse manifestarsi.

Così si è concluso il tour nei palazzetti di Gazzelle, che quest’estate si esibirà al Milano Summer Festival (17 luglio), al Rock in Roma (22 luglio) e al Teatro Antico di Taormina (24 luglio).

Remix Tour: Roy Paci in concerto al Cap10100

Domenica 29 maggio 2022, il Cap10100 ha ospitato la prima data del Remix Tour di Roy Paci e la sua formazione, rinnovata appositamente, che si propone di girare l’Italia con una selezione del repertorio Roy Paci & Aretuska

Nella sala si sono riunite persone di ogni età, contesto e gruppo sociale: dai giovani alternativi vestiti con abiti oversize, ai cinquantenni in camicia bianca, passando per coloro che hanno scambiato il concerto per una serata come un’altra in discoteca, fino ad arrivare ai reduci dei party anni ’70 muniti di jeans e chiodo.  Il palco, colorato  di verde dalle luci, subito si riempie con il suono distorto della chitarra di Marco Di Martino, che ha introdotto il brano “Grande la Media Noche” con cui si è aperto il concerto. 

Foto: Alessia Sabetta

Il gruppo è dirompente, gli artisti si divertono sul palco e saltano e ballano al suono dei ritmi proposti brano dopo brano, che spaziano dal reggae al mambo e accompagnando un Roy Paci che, destreggiandosi tra il canto e la sua tromba – appesa all’asta del microfono – si dichiara grato di trovarsi di fronte ad un pubblico che si diverte insieme a lui, dopo anni di silenzio.

Diversi sono stati i momenti di riflessione personale, che hanno coinvolto anche Raphael (seconda voce), in cui sono stati toccati temi differenti sotto forma di introduzione ai vari brani. 

Uno in particolare ha colpito più di tutti il pubblico che è esploso in un applauso collettivo, tra le urla di consenso dei più anziani presenti in sala. Prima del brano, Paci ha affermato «Conta capire dove nasci e sapere che prima o poi le battaglie che hai fatto trovano un senso. Non solo al sud. Se un giorno dovessi smettere di fare musica tornerei a fare volentieri quello che facevo con mio padre, il contadino». E poi ha subito afferrato la tromba, stringendola a sé, come a sottolineare il suo legame con lo strumento.

Foto: Alessia Sabetta

Una brevissima pausa per poi tornare sul palco e concludere con gli ultimi brani, tra cui “Toda Joia toda beleza”, brano del 2007 conosciuto anche dai fan meno assidui del gruppo, che aveva visto la collaborazione degli Aretuska con Manu Chao.

Musica esplosiva, un pubblico entusiasta, una band divertita (e divertente) sono stati gli ingredienti del primo live di un tour che si preannuncia capace di unire varie generazioni, sotto il segno di stili che mescolano diversi mondi e sonorità.

Immagine in evidenza: Alessia Sabetta

a cura di Alessia Sabetta

Il Future Nostalgia Tour di Dua Lipa arriva all’Unipol Arena

In seguito a due anni di rinvii causati dalla pandemia, Dua Lipa è finalmente approdata in Italia con il suo Future Nostalgia Tour: dopo le due tappe sold out di Milano, la cantante ha concluso la sua permanenza italiana all’Unipol Arena di Casalecchio di Reno il 28 maggio. La grande attesa per l’evento era già intuibile dalla quantità di fan accampati davanti al palazzetto sin dalle prime ore del mattino, con l’obiettivo di accaparrarsi i migliori posti sotto al palco.

Ad aprire il concerto ci ha pensato Griff, giovane artista britannica che trascina il pubblico e lo coinvolge proiettando il testo delle sue canzoni sul mega schermo e facendo intonare all’arena “I Wanna Dance With Somebody” di Whitney Houston.

Alle 21, dopo un breve video di introduzione per scaldare gli spettatori, le note di “Physical” rimbombano nel palazzetto e Dua Lipa sale sul palco, accolta da un caloroso boato: inizia così un’ora e mezza di performance in cui si susseguono canzoni tratte dall’ultimo album Future Nostalgia, vecchie hit e collaborazioni con Calvin Harris, Silk City ed Elton John, che duetta “virtualmente” con la cantante su “Cold Heart”.

Dua Lipa è instancabile: canta e balla senza fermarsi, se non per i cambi d’abito e per salutare i fan accalcati nell’arena, che ricambiano con grande affetto ed energia nonostante le ore passate in coda sotto la pioggia. Gli spettatori cantano dall’inizio alla fine anche i brani meno noti dal grande pubblico e intonano “Sei bellissima”, facendo ampiamente sorridere la popstar britannica.

Il concerto ha tutti gli ingredienti dei grandi eventi pop degli ultimi anni: coreografie arricchite da oggetti di scena come sedie e ombrelli, una passerella da cui Dua Lipa ammicca e saluta il pubblico, una piattaforma che sale sulle teste degli spettatori durante l’esibizione di “Levitating” e momenti più intimi come l’esibizione di “Cold Heart” in cui tutta l’arena accende i flash dei propri telefoni mentre i ballerini portano sul palco una bandiera LGBTQ+.

Credits: https://twitter.com/xhungryforart/status/1530817692449505280?t=_hfgXJ711rCpxBU6_s56WQ&s=19

Lo spettacolo termina con “Don’t Start Now”, cantata con trasporto da tutto il pubblico che quasi copre la voce di Dua Lipa e che viene chiusa da un’esplosione di coriandoli: si conclude così una serata indimenticabile, che conferma il carisma e la presenza scenica dell’artista e consolida la sua posizione come uno dei nomi più importanti e richiesti della scena musicale odierna.

Immagine in evidenza: Dimitra Kanaki (https://www.instagram.com/p/CeI-PdwuD22/?igshid=YmMyMTA2M2Y=)

a cura di Giulia Barge

Sonic Park Stupinigi: presentata la nuova edizione del festival

Mercoledì 25 maggio nella cornice del Salone d’Onore della Palazzina di Caccia di Stupinigi si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della nuova edizione del Sonic Park Stupinigi. Il festival torna per la sua quarta edizione nel Parco della Palazzina di Caccia di Stupinigi a Nichelino, alle porte di Torino. Il sito, Patrimonio dell’Unesco, ospiterà 10 serate e 11 concerti di artisti italiani e internazionali, dal 26 giugno al 20 luglio.

Il pubblico al Sonic Park Stupinigi [credit: foto ufficiali Sonic Park Stupinigi]

Il festival nasce grazie all’intuizione della Reverse Agency, capitanata dai fratelli Fabio e Alessio Boasi, che in collaborazione con la Città di Nichelino e la Regione Piemonte hanno puntato alla valorizzazione territoriale unita alla musica dal vivo. Il loro obiettivo? Unire la suggestione di un’incantevole location ad una line-up di artisti e band in grado di attirare un pubblico transgenerazionale. Questo modello prenderà vita anche nella Cavea del Sole del Sonic Park Matera, che esordirà quest’estate come festival gemello di quello piemontese.

A dare il via alla conferenza stampa, alla quale ha portato il saluto in video conferenza anche il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, il sindaco di Nichelino Giampiero Tolardo, che si è detto orgoglioso dello spettacolo che andrà in scena e per il quale ha fatto i suoi più sentiti auguri.

Diego Sarno, consigliere regionale, ha associato il festival ad un sogno, divenuto realtà grazie alla professionalità e alla strategia degli addetti ai lavoratori che di anno in anno alzano l’asticella. Un festival che giova al territorio anche in termini turistici, essendo previsto l’arrivo di spettatori da diverse parti d’Italia.

Hanno poi preso parola Alessio e Fabio Boasi, i quali hanno presentato la line-up di un festival che si svolgerà finalmente in libertà e senza limitazioni, a differenza della passata edizione. Le prime tre serate prevedono lo svolgimento dei concerti con posti a sedere, mentre il resto dei live si vivranno in piedi. Il palco di 300 metri quadrati si affaccerà sulla Palazzina di Caccia per permettere agli artisti di godersi il sito storico vis-à-vis. Come nelle passate edizioni, è stato rinnovato l’impegno nel rendere le serate sostenibili ed attente all’ambiente, grazie all’eliminazione delle plastiche monouso e all’utilizzo di materiali compostabili.

La vista della Palazzina di Caccia dal palco [credit: foto ufficiali Sonic Park Stupinigi]

Durante la presentazione ci si è inoltre soffermati sull’attuale protagonismo della città di Torino, che nelle ultime settimane è stata al centro della scena musicale e culturale grazie all’Eurovision, all’Eurovillage e al Salone del Libro. Dopo due anni di pandemia, l’estate torinese si preannuncia memorabile, grazie ad una programmazione ricca di festival e concerti.

Ecco la line-up del Sonic Park Stupinigi:

  • Nick Mason – 26 giugno;
  • Elisa – 30 giugno;
  • Zucchero – 2 luglio;
  • Achille Lauro – 3 luglio;
  • Litfiba – 9 luglio;
  • Marracash – 12 luglio;
  • Irama – 16 luglio;
  • Lp – 17 luglio;
  • Ben Harper – 19 luglio;
  • Carl Brave + Mara Sattei – 20 luglio.

Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito ufficiale del festival: https://sonicparkfestival.it/stupinigi/.

A cura di Martina Caratozzolo

Tauro Boys @ Hiroshima Mon Amour

I Tauro Boys ci hanno dedicato un tour intero, l’ultimo, ma che internet non renda felici è piuttosto chiaro. Il 26 maggio ci sono almeno tre generazioni diverse nella sala Majakovskij dell‘Hiroshima Mon Amour, a sudare, pogare ed esorcizzare ansie e paure dei
figli di internet. Ci sono gli ultratrentenni che si rifiutano di crescere e gli universitari coetanei del trio romano, in bilico tra Gen Z e Millennials. Ma ci sono anche gli adolescenti che in fila per entrare parlano dell’interrogazione di matematica il giorno dopo e poi urlano a squarciagola di voler morire. Yang Pava, Prince e MXMLN arrivano sul palco in una sala già infiammata non solo dal caldo infernale ma anche dall’entusiasmo di un pubblico che per la maggior parte è al primo concerto dopo la fine delle restrizioni Covid. La voglia di tornare ad
un idealizzato mondo pre-pandemia è tale che non servono grandi doti da animale da palcoscenico per farsi acclamare a gran voce. Ma i Tauro hanno sempre avuto un certo appeal sul pubblico, sanno muoversi bene, interagire con i fan e tra di loro, fare battute col microfono in autotune e tutti quei cliché da cui i trap boys non possono sfuggire. La setlist
pesca principalmente dall’ultimo album, Tauro Tape 3, la cui prima traccia, “Cobain Codeine”, apre anche il live. Ma i successi degli album precedenti, come “Marilyn”, non vengono certo dimenticati e i fan li accolgono sempre con un certo trasporto emotivo a cui il
trio romano non si è mostrato indifferente.


Qualcuno potrebbe rimproverare agli artisti della scena urban e dintorni di non muovere un dito sul palco – in fondo, si tratta di basi e mic in autotune – e chiedersi il motivo per cui si senta il bisogno di andare ad un concerto del genere. La lontananza dei grandi spettacoli pop dalle performance di artisti come i Tauro Boys è abissale, ma è proprio questo il punto. Non si tratta di uno show da ammirare, ma di un momento collettivo, comunitario per cantare insieme quel pezzo che condividiamo su Instagram e ascoltiamo su Spotify in solitudine, con un sostanziale annullamento della distanza artista-pubblico. Un discorso analogo – ma in realtà non così tanto – si potrebbe fare con i cantautori indie, o itpop che dir si voglia, che si pongono in un’ottica di identificazione dell’ascoltatore nei testi delle canzoni e nelle figure degli stessi cantanti. Ma il gap è piuttosto ampio: il cantautore indie non è esattamente “uno di noi”, gode in ogni caso dello status di artista, il più delle volte anche di strumentista, che dà vita alla “magia” della musica e della sua sensibilità e la dona ai suoi ascoltatori. Artisti come i Tauro Boys nella quasi totalità dei casi non suoneranno mai uno strumento sul palco anche se poi lo sanno fare davvero – e non fanno niente che non farebbe anche un fan preso a caso dall’audience. Ecco che un live come questo e come quello di tanti altri rapper e trap boys italiani trova il suo senso, ed ecco che i Tauro Boys, quando salgono sul palco, diventano, assieme al pubblico tutto, la Tauro Gang.



ESC TRA MUSICA, POLITICA E UNA TORINO PRONTA A RINASCERE

Il 14 maggio si è tenuta la finale dell’Eurovision Song Contest 2022, che ha visto l’Ucraina trionfare con 631 punti, seguita da Regno Unito e Spagna − rispettivamente con 466 e 459 punti −. L’Italia si è posizionata comunque molto bene nella classifica generale, conquistando la sesta posizione con 268 punti. La serata conclusiva è stata spettacolare e non ha affatto deluso le aspettative che si erano create anche grazie alle due serate precedenti.

Tanti sono stati i momenti clou: dall’apertura di Laura Pausini che ha incantato il palazzetto con un medley della sua carriera musicale completo di cambi d’abito per ogni brano; alla formidabile esibizione di Mika che ha coinvolto l’intero pubblico: anche lui ha portato un medley di alcuni dei suoi inediti più importanti, in uno spettacolo ricco di effetti speciali. Passando poi per i Maneskin che hanno presentato il loro nuovo inedito “Supermodel”; fino ad arrivare a Gigliola Cinquetti e alla sua eleganza senza tempo. Momenti che hanno tenuto il pubblico incollato allo schermo fino alla fine, quando è stato decretato il vincitore.

È stata una vittoria politica?  Sì. Nonostante il nobile sentimento di solidarietà tra popoli − che ha riflesso la situazione geopolitica internazionale −, si sta pur sempre parlando di un contest canoro, in cui la musica dovrebbe appunto essere al primo posto. La canzone ucraina, “Stefania” dei Kalush Orchestra, è ricca di significato e la commistione tra sonorità folk e rap risulta sicuramente originale, ma forse questo non basta dal momento che in gara erano presenti diversi altri brani interessanti sia a livello di linguaggi musicali che di testi. Questa tesi è stata sostenuta dal punteggio che la giuria − composta dai rappresentanti delle diverse nazioni in gara – ha assegnato a “Stefania” è basso: la canzone non raggiunge il podio, nonostante abbia ricevuto il massimo dei punti da parte dei paesi dell’Est Europa. Sarà il giudizio del pubblico a ribaltare poi la classifica generale. 

Già da prima dell’inizio del contest l’Ucraina era la favorita per la vittoria: il trionfo dei Kalush Orchestra è stato piuttosto scontato e per niente inatteso. Come per ogni edizione l’unanimità dei pareri non viene mai raggiunta, e se è vero che l’Ucraina ha vinto anche per quello che sta affrontando, è vero anche che diversi sono stati i paesi rivelazione dell’intero contest e il tempo potrà dare loro giustizia.

Si può dire che anche quest’anno Eurovision sia stata una celebrazione che ha unito tanti paesi sotto il segno della musica: è stato bello vedere gli artisti divertirsi, cantare e supportarsi fra loro nel backstage e tra il pubblico, rappresentando appieno lo spirito della manifestazione. 

Foto: Alessia Sabetta

È proprio su questa dimensione gioiosa che si è concentrata la conferenza stampa di chiusura dell’Eurovision Song Contest, tenutasi il 15 maggio 2022 nel Gran Salone dei Ricevimenti di Palazzo Madama.

Ad aprire la conferenza è stato il sindaco Stefano Lo Russo, che in primis ha voluto ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile l’organizzazione e la realizzazione dell’evento, considerato un punto di partenza per la produzione artistica di Torino. Questo uno degli elementi principali di tutto l’evento, insieme alla volontà di scommettere su una musica portatrice di un divertimento sano e la scelta del Parco del Valentino come luogo dell’Eurovillage, rivelatosi la location ideale per ospitare grandi eventi. Le prossime sfide che il sindaco ha intenzione di portare avanti riguardano la volontà di non disperdere la visibilità che Torino ha acquisito grazie a ESC, si è detto estremamente felice di sentir pronunciare, durante i collegamenti delle varie giurie, il nome della città. Ci tiene, inoltre a dare strutturalità e progressività al turismo nel corso di tutto l’anno, sfruttando un percorso sistematico di altri eventi inseriti all’interno di un quadro più complesso, di cui Eurovision era solo la punta dell’iceberg. 

Successivamente è intervenuto Alberto Cirio (Presidente della Regione Piemonte), che ha posto l’attenzione sulla capacità di fare squadra e lavorare in sinergia portando a casa uno spettacolo che fin dall’inizio era stato una sfida per la ricerca di luoghi, modalità e risorse, soprattutto nell’incertezza di una pandemia che dopo due anni rappresenta ancora un enorme problema. Eurovision si è rivelata una consapevolezza collettiva e anche per Cirio una delle sfide più importanti sarà quella di non disperdere il patrimonio che Torino ha in mano in questo momento. «Si festeggia un giorno per la sfida vinta, ma da domani si riprende a lavorare» ha annunciato.

Hanno poi preso parola i due produttori esecutivi di Rai. Per prima ha parlato Simona Mattorelli, che si è detta soddisfatta di quanto ottenuto: lo standard raggiunto è stato molto elevato e sono state impiegate le migliori tecnologie e le eccellenze della Rai per raggiungere il miglior risultato possibile. Poi Claudio Fasulo − che ha esordito dicendo «mi sento come la Cristoforetti», perché costretto ad un collegamento via cellulare a causa del contagio da Covid − ha voluto dare qualche informazione di carattere quantitativo, affermando che la media di share tra le ore 21 e l’1 nella serata finale ha aggiunto il 41.9%, coinvolgendo 6 milioni di telespettatori

Infine, Stefano Coletta, direttore di Rai 1, ha parlato in rappresentanza dei vertici Rai. Ha raccontato del lavoro complesso che c’è dietro all’apparato organizzativo, ringraziando tutta la forza lavoro che, instancabilmente, si è data da fare “sotto la linea”. Eurovision è stato il punto di partenza di un percorso di bellezza accolto da Torino, che in collaborazione con la Rai ha deciso di veicolare diversi valori. Ha poi parlato dei tre presentatori fortemente voluti – Mika, Laura Pausini e Alessandro Cattelan −, grazie ai quali si è respirato rispetto, libertà e capacità di dare spessore ad ogni diversità, permettendo in questo modo di far apprezzare al pubblico più generalista ogni sfumatura di eterogeneità. 

Nello spazio riservato alle domande dei giornalisti, Coletta ha poi voluto sottolineare con una punta di orgoglio che «dopo tanto tempo, nel vocabolario mass mediale dei giovani, Rai 1 non è più un canale spettrale». In questo stesso spazio, dopo una domanda relativa all’impatto economico, il sindaco ha voluto affermare che non si sente di parlare di Eurovision solo in termini di entrate e uscite: si è trattato di un investimento, un servizio donato alla città (che doveva ritornare ad avere degli spazi di socialità) e ai giovani, veri protagonisti dell’evento.

Si è affermato infine che è stato costruito un rapporto positivo tra Rai e Torino, dove Eurovision è servito a rinnovare il rapporto con l’ente. Il prossimo passo è quello di dimostrare a Rai che è utile investire nella città di Torino (e di conseguenza anche in tutto il Piemonte), non perché sia nata qui, ma per le dimostrazioni – anche in termini numerici − che sottendono una nuova mentalità, di cui Eurovision si è fatto portatore.

Immagine in evidenza: Nderim Kaceli

a cura di Alessia Sabetta