GENERIC ANIMAL AL CIRCOLO DELLA MUSICA: BENEVOLENT TOUR

Il 1° aprile 2022, presso il Circolo della Musica di Rivoli si è tenuta la prima data del Benevolent Tour di Generic Animal. A scaldare l’atmosfera e il pubblico ci ha pensato il giovanissimo artista nostrano Marco Fracasia.

Alla sua quarta esperienza in studio Luca Galizia, in arte Generic Animal, esce il 18 marzo con il nuovo disco Benevolent promosso da un tour che al momento conta cinque date tra alcune delle principali città italiane come Bologna, Roma e Pisa. L’artista, che non ha potuto dare libero sfogo nei live al suo precedente disco Presto – pubblicato alle soglie dello scoppio dell’emergenza sanitaria – si cimenta in un tour con tanto di furgoncino e strumentisti pronti ad accompagnarlo in questo viaggio musicale.

Sono le ore 21.30 quando tra un qr code e l’altro e una birra in mano il pubblico si appresta a varcare le soglie della sala concerti del Circolo della Musica di Rivoli, ex Maison Musique, avvolta da un gioco di luci soffuse. L’atmosfera che si respira è intima e familiare, quasi come a riflettere le sensazioni del disco stesso. A catturare l’attenzione è il palco e la ricca strumentazione posizionata su di esso.

Un tecnico esegue gli ultimi test di rito e poi si parte con l’artista rivolese Marco Fracasia. Seduto a gambe incrociate al centro del palco e circondato dalla band di supporto, Marco si presenta con un synth in mano e con la voglia di trascinare il pubblico in una sorta di trance collettiva. Dopo una prima performance interamente strumentale, il musicista esegue alcuni tra i singoli tratti dal suo EP d’esordio Adesso torni a casa. L’artista, che a casa si trova di fatto essendo Marco rivolese, viene accolto calorosamente dal pubblico costituito in parte anche da amici e conoscenti.

Giunge poi il momento di Generic Animal che si presenta accompagnato dalla sua nuova formazione messa insieme ad hoc. Lo sfondo si tinge di giallo e al centro del palco accasciato in terra c’è Benevolent Kappa, il “bambino mascherato da mostro” come lo definisce Luca, un fantoccio dalle sembianze antropomorfe protagonista nella copertina del suo ultimo lavoro. Su invito dell’artista il pubblico si avvicina al palco, da cui prende vita una performance che stupisce per il talento dimostrato da ogni componente del gruppo. La voce di Luca è una garanzia e gli arrangiamenti studiati per la performance esaltano la bravura dei turnisti che lo accompagnano – Arianna Pasini, Michele Barletta e Giacomo Ferrari – e che passano agilmente da uno strumento all’altro.

Foto di Alessandra Mariani

All’esecuzione dei brani del nuovo disco, presentati in questa occasione per la prima volta in live, si alternano alcuni dei singoli più noti tratti dall’album precedente come “Scherzo” e “Presto”. Sotto palco i più affezionati non sbagliano una parola. Il flusso della serata viene variato a circa tre quarti del concerto con l’esecuzione inaspettata della cover del brano dei Wheatus “Teenage Dirtbag”, perla nostalgica dei primissimi anni 2000 che solo in pochi hanno riconosciuto, ricevendo ironicamente da parte del cantante l’appellativo di “young boomers”.

Dopo gli applausi, gli strumentisti abbandonano momentaneamente il palco per lasciare spazio ad un medley di quattro brani – “Aeroplani”, “Scarpe”, “Broncio” e “Qualcuno che è andato” – eseguiti dal cantante solo con voce e chitarra in una atmosfera più cupa e malinconica. L’esibizione volge alla conclusione con il ritorno sul palco della band e l’esecuzione degli ultimi tre brani previsti in scaletta.

Dopo l’applauso finale e i ringraziamenti, il pubblico viene esortato ad uscire trovandosi all’esterno sorpreso da un leggero manto di neve e da un freddo pungente, decisamente in contrasto con la calda atmosfera della serata appena giunta al termine.

Foto di Alessandra Mariani

A cura di Alessandra Mariani

I 10 MIGLIORI SINGOLI DI MARZO

I dieci singoli migliori usciti nel mese di marzo, secondo Musidams.

SO CHI SEI – bnkr44
Con questo nuovo singolo i bnkr44 si confermano una realtà interessante da tenere sott’occhio. Convincenti e travolgenti in questo brano che sa di estate. Il ritornello entra in testa dopo pochi ascolti.
27/30

Skrting On The Surface
– The Smile
La telecaster di Jonny Greenwood, la voce spettrale di Thom Yorke e la batteria jazz di Tom Skinner ci fanno fare un viaggio in una galassia lontana, fatta di bellezza e suoni sospesi. Un brano originariamente dei Radiohead, riadattato e registrato dalla nuova band in questa nuova e convincente versione.
28/30

Tra chi fugge e chi resta – Giorgieness
La delicatezza e la forza di Giorgieness emergono in questo brano come due poli opposti che si attraggono. «Era giusto sbagliare» è diventato il nostro nuovo mantra.
27/30

maybe
– Machine Gun Kelly (feat. Bring Me The Horizon)
Un brano che mostra come Machine Gun Kelly e Oliver Sykes abbiano macinato ascolti su ascolti di “All The Small Things” dei blink-182. L’inizio soft si scatena in un ritmo che spettina e fa venire voglia di ballare (possibilmente ad un live).
25/30

Poster Child – Red Hot Chili Peppers
Signore e signori, John Frusciante è tornato e noi non potremmo esserne più felici. In attesa di Unlimited Love il gruppo rock ha presentato questo travolgente brano funky, dimostrando di saperci ancora fare. Adesso, però, i fans si aspettano dei pezzi più “cattivi” e degli assoli trascinanti.
26/30

A cura di Martina Caratozzolo

100 Uomini – Paky
Genny Savastano incontra la drill. Paky, invece, cestina l’autotune e con un doppio carpiato e un dito medio alla scena trap, confeziona una delle poche uscite interessanti a spezzare il vuoto cosmico post-Sanremo. Da ascoltare insieme al resto dell’album, Salvatore.
27/30

Privilegio raro
– Tutti Fenomeni
Pezzo ben costruito, articolato ma per niente ostico. Una valanga di citazioni pop, tra una marcia funebre di tradizione colta e un raffinatissimo “Gingerbread Man” dei Residents. Tutti Fenomeni è una garanzia.
28/30

Passerà – Gianni Bismark feat. Franco126
Il periodo storico è già tragico così, ci si mettono anche Gianni Bismark e Franco126, tra le voci più malinconiche e farcite di spleen cosmico degli ultimi dieci anni. L’opaca cartolina di una Roma notturna e solitaria per raccontare ragazzini mai cresciuti e amori finiti malissimo. Forse l’indie non è poi del tutto morto.
29/30

Fiori morti
– Psicologi
Un incoraggiamento per gli Psicologi, che sembrano aver perso la verve e il graffio iniziale già da un pezzo. Un po’ come in una prima serata su Canale 5, non sai bene cosa stia succedendo di sbagliato, ma vuoi comunque vedere come va a finire. Interessante osservare l’evoluzione di Drast e Kaneki, ma in fondo in fondo, tutti speriamo tornino a soffrire in chitarre acustiche arpeggiate.
25/30

Trip
– Yung Lean
Un trip di acidi pagati un po’ troppo poco, come solo Yung Lean sa fare.
27/30

A cura di Clarissa Missarelli

VIDEOINTERVISTA: FRAN E I PENSIERI MOLESTI

Fran e i Pensieri Molesti è una band nata a Torino nel 2016, che attualmente ha all’attivo un album e diverse esperienze live importanti. In occasione dell’uscita del loro nuovo singolo, “Petrolio”, hanno deciso di raccontarsi per noi.

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i Dodici Violoncellisti dei Berliner per Lingotto Musica

Lunedì 21 marzo 2022 all’auditorium Giovanni Agnelli di Torino si è tenuto il concerto per i 50 anni dei Dodici violoncellisti dei Berliner Philharmoniker. Il gruppo nasce nel 1972, in occasione della produzione radiofonica dell’Hymnus op. 57 di Julius Klengel, brano con cui hanno aperto la serata. 

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Canadesi un po’ pazzerelli: Voivod – Synchro Anarchy

Accantonati finalmente le opinioni, più o meno deliranti a seconda dei casi, sul Festival di San Remo e passato il quarto d’ora mediatico conseguente alla kermesse musicale, giungiamo ora al primo, vero piatto forte di questo 2022.  Synchro Anarchy dà il titolo al quindicesimo album dei Voivod, una delle più uniche, imprevedibili, anticonformiste, innovative e assolutamente sottovalutate band della storia del metal tutto. Descriverli a chi non li conosce è alquanto difficile vista la camaleontica capacità del quartetto di mutare costantemente negli anni: si parte dal thrash grezzo e dalla forte vena punk di War and Pain (1984) al thrash tecnico e futuristico di Killing Technology (1987) e Dimension Hatross (1988), sino alle sonorità visionarie e di stampo progressive metal acidissimo e talvolta dissonante dei meravigliosi Nothingface, Angel Rat The Outer Limits usciti nei primi anni novanta. In molti ne hanno apprezzato la musica, pochissimi l’hanno capita e fatta propria a causa della sua natura sfuggente e di difficile interpretazione. La musica dei Voivod si è affinata perfezionandosi negli anni e rimanendo sempre fresca e immediata da una parte, quanto altrettanto ostica, surreale e stramba dall’altra.

Volendo semplificare di molto, potremmo dire che Synchro Anarchy prosegue sulle stesse coordinate creative del precedente The Wake (2018) in quanto scioltezza e urgenza espressiva, ma allo stesso tempo aggiorna al 2022 le scorribande psichedeliche e futuristiche – sia nelle sonorità che nelle tematiche fantascientifiche – di Nothingface. Una volta premuto il tasto play si viaggia nello spazio profondo perdendosi nelle labirintiche ritimiche imbastite da Away (batteria), Chewy (chitarra) e Rocky (basso), ora più punkeggianti e vicine ai primi The Killing Joke, ora caratterizzate da quel thrash metal pieno di cambi tempo, dissonante e bislacco che ha fortemente caratterizzato la cifra stilistica dei canadesi. E in tutto questo l’unico appiglio certo sono le linee vocali spiritate e dalle tematiche super nerd cantate da Snake, che potremmo definire come il Syd Barrett del thrash old school, con meno LSD in corpo ma altrettanto visionario. La grandezza dei Voivod sta nell’inserire sonorità e soluzioni nuove ed inaspettate all’interno di uno stile già di per sé unico, senza ribadire mai lo stesso concetto e senza essere dispersivi e logorroici. In termini pratici per farsi un’idea più precisa – anche perché quanto detto fino ad ora è un insieme di suggestioni più o meno accurate vista la proposta alquanto singolare – basterà ascoltare “Paranormalium”, la titletrack, “Planet Eaters” la delirante “Mind Clock” o i viaggi sonori “Quest For Nothing” e “Memory Failure”.

Nonostante siano passati più di trent’anni dal loro debutto, nonostante le quattordici uscite discografiche precedenti a Synchro Anarchy e nonostante siano orfani da, qualche anno a questa parte, del genio compositivo dell’ex chitarrista Piggy, i Voivod si riconfermano una solida realtà pubblicando un disco contenente semplicemente belle canzoni efficaci e immediate, ma anche opportunamente strutturate e piene di idee interessanti e fresche che si pongono in continuità col sound del quartetto canadese rivedendolo, riplasmandolo e  svecchiandolo. Da avere, senza se e senza ma.

Sanremo 2022 – Le pagelle della serata cover

Attesa più dell’elezione del Presidente della Repubblica, la serata delle cover al 72° Festival di Sanremo è finalmente arrivata, tra piacevoli sorprese e dolorosissime conferme.

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Sanremo 2022 – Le pagelle della seconda serata

Fra sketch comici che non fanno ridere, monologhi infiniti, ritardi e cambiamenti in scaletta, anche la seconda serata di questo Sanremo 2022 è andata – per fortuna, aggiungerei -.

Sangiovanni – “Farfalle”
Sangiovanni, ovvero un confetto rosa che spunta direttamente dall’era house degli anni ‘80 per aggiungere un po’ di auto tune a questo festival – giusto perché non bastava -. Se “Malibu” non vi è bastata, preparatevi a sentirlo in radio anche quest’estate.
Voto: 24/30

Giovanni Truppi – “Tuo padre, mia madre, Lucia”
Giovanni Truppi si presenta con un look degno delle migliori spiagge di Sanremo e canta anche come se fosse ad uno dei migliori falò delle spiagge di Sanremo. Testo bellissimo, performance dimenticabile.
Voto: Camp Rock/30

Le vibrazioni – “Tantissimo”
Caro Sarcina, è proprio vero, fa male tantissimo questa canzone, perchè non c’è proprio verso che azzecchi una nota. Forse è tempo di prendere in considerazione la pensione e di lasciare il palco a chi stona un po’ meno.
Voto: anche basta/30

Emma – “Ogni volta è così”
Un ritorno sul palco dell’Ariston un po’ sottotono per Emma: è ormai chiaro che questo Sanremo se lo stiano contendendo Dardust e Mahmood, dato il loro coinvolgimento in quasi tutti i brani in gara. E si vede.
Voto: 23/30

Matteo Romano – “Virale”
Un Matteo Romano emozionantissimo alla sua prima apparizione davvero importante, che sorprende piacevolmente. C’è un buon margine di miglioramento.
Voto: 23/30

Iva Zanicchi – “Voglio Amarti”
Iva Zanicchi torna a Sanremo cercando di rimpiazzare la sensuale performance di Orietta Berti dello scorso anno, ma con scarsi risultati. +1 CFU per l’esibizione senza autotune.
Voto: 20/30

Ditonellapiaga e Rettore – “Chimica”
Un’accoppiata interessante su un pezzo ancora più interessante, che fa ballare dall’inizio alla fine, con un ritornello che sembra non uscirti più dalla testa. Divertente e leggero.
Voto: 27/30

Elisa – “O forse sei tu”
Elisa ritorna a Sanremo dopo 21 anni e lo fa col botto, garantendosi il podio di questa edizione grazie a una canzone lieve, sublime, perfettamente in linea con lo stile del Festival. Approvatissima.
Voto: 28/30

Fabrizio Moro – “Sei tu”
Sì, sei tu, proprio tu, Fabrizio Moro, che hai deciso di plagiare “Che sia benedetta” di Fiorella Mannoia. E non posso perdonartelo.
Voto: premio originalità/30

Tananai – “Sesso occasionale”
Tananai decide di debuttare sul palco di Sanremo con un tributo alle sigle dei cartoni animati di Cristina d’Avena, ma meno intonato. Il “Sesso e ibuprofene” urlato di Aiello di Sanremo 71 però non si batte.
Voto: premio nostalgia/30

Irama – “Ovunque sarai”
Irama decide di omaggiare tutti i nonni d’Italia indossando un centrino, poi cerca di vincere facile con una canzone in perfetto stile Disney. Ottime doti vocali sprecate su un brano mediocre.
Voto: 22/30

Aka7even – “Perfetta così”
Aka7even tira fuori il completo più anonimo dal suo armadio per regalarci una hit estiva da boyband del 2010 – chi vuole intendere intenda -. Carina, ma dimenticabile.
Voto: 22/30

Highsnob e Hu – “Abbi cura di te”
I Coma Cose incontrano Brunori Sas per tirare fuori qualcosa di interessante verso il finire della serata. Bonus per Hu che reclama i fiori anche per il suo collega.
Voto: 25/30

A cura di Ramona Bustiuc

Sanremo 2022 – Le pagelle della prima serata

La rinascita dopo la pandemia, i balletti di TikTok, la retorica un po’ anni ‘80 della canzone ballabile che nasconde un testo impegnato: così si presenta la 72° edizione del Festival di Sanremo. La conduzione artistica di Amadeus, che persevera e ci riprova per la terza volta, tenta di accontentare nonni e nipoti, tra vaghi ricordi di Dalla e autotune. 

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6 album per iniziare Bene il 2022

Il 2022 è arrivato e con esso anche gennaio, il mese che non passa mai. Ecco perché abbiamo pensato di cominciare quest’anno suggerendovi sei album che vi permetteranno di partire con il piede giusto, nella speranza di vivere qualche concerto in più e qualche pandemia in meno.

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Il risveglio dei maestri: A View From the Top of the World – Dream Theater

I Dream Theater sono artisticamente morti dopo l’uscita di Kevin Moore

“Sono noiosi, didiscalici e freddi.”

“Esagerano con la componente tecnica. Sembra di sentire una serie di esercizi per i rispettivi strumenti”

“James LaBrie è bollito. Un cantante così dovrebbe ritirarsi.”

“Mike Mangini è una drum machine. Quanto ci manca Mike Portnoy.”

Ecco, questi sono i commenti ricorrenti che puntualmente affollano le sezioni commenti dei principali social network e nelle discussioni inerenti i Dream Theater. Ed è giunto il momento di scrollarsi di dosso tali giudizi preconfezionati e frutto di una generazione ingrata di pseudo intenditori musicofili da cameretta, che dopo aver abbondantemente mangiato dal succulento piatto offerto dal quintetto statunitense nel corso degli anni, ha evidentemente deciso di tornare sui propri passi risputandolo, per bollarlo come per spacciato. Pura ipocrisia da leoni da tastiera sempre più diffusa nel mondo metal, e specialmente in Italia, dove si fa a gara a chi denigra i nomi storici che hanno contribuito a delineare i connotati di questa musica, sparando giudizi lapidari e spregiativi a raffica, spesso senza aver ascoltato a dovere il disco in questione. In un clima odierno in cui la vita media di un album nuovo al momento dell’uscita è piuttosto breve oltre che affollata ed oscurata da centinaia di uscite analoghe, sembra sempre più evidente la tendenza ad un ascolto superficiale, distratto e di contorno rispetto alla vera cosa importante: dare il proprio giudizio prima di qualunque altro, ponendosi in modo quanto più assolutistico possibile, badando bene a non ascoltare una singola parola detta da chi la pensa diversamente.

In questo contesto, i Dream Theater pubblicano il  sostanzioso A View From the Top of the World, quindicesimo lavoro in studio in oltre trent’anni di onorata carriera. Le sette lunghe tracce in esame testimoniano la volontà da parte della band di scrollarsi di dosso questi giudizi grossolani andando a costituire una prova di forza inaspettata, ponendosi come una netta inversione di tendenza rispetto al ben più lineare e di facile presa Distance Over Time  (2019). Non dovendo più dimostrare niente e forti di uno stile consolidato nel tempo e sempre coerente in termini di tecnica, melodia, pomposità epica ed emotività, i Dream Theater costruiscono nota su nota della musica che esplora abbondantemente le sfumature più heavy metal della loro gamma sonora, intessendoci sopra elaborate divagazioni e variazioni sul tema che dal progressive traggono il gusto per il virtuosismo estremamente melodico unito ad una disinibita sperimentazione sui tempi dispari, le poliritmie e controtempi senza soluzione di continuità. Ci troviamo idealmente in un crocevia che fa eco al repertorio più oscuro e pesante della band, prendendo a riferimento le atmosfere algide di Awake, lo shredding tamarro di Train of Thought ed il gusto per repentini ammiccamenti orecchiabili presi da Dream Theater. Ed è così che si viene travolti dall’isterico vortice sonoro di “The Alien”, che per quanto canonica e vicina alle ultime cose fatte dai Dream Theater negli ultimi anni vanta un’ottima coda strumentale in levare sul finale, mentre “Answering the Call” e “Invisible Monster” sono gradevoli numeri a tratti vicini a certo power-progressive moderno.

Il meglio però arriva con la bislacca “The Sleeping Giant” dal riff portante tanto heavy quanto trascinante, alla quale segue il tributo ai Rush di “Trascending Time”. Le due suite finali, ovvero “Awaken the Master” e la title track, che coprono la mezzora finale del disco, alzano ulteriormente l’asticella introducendo alcune novità che fanno ben sperare per il futuro e lasciano intravedere interessanti sviluppi in territori djent. “Awaken the Master” è infatti il brano più aggressivo dell’intero lavoro e vede John Petrucci sfoderare per la prima volta la sua nuova Music Man a otto corde. Nel complesso, si tratta di un bel pezzo dinamico dall’andamento tempestoso che riesce ad essere coerente con il consolidato stile dei Dream Theater pur non rinunciando all’influenze derivate dalle frange più moderne del metal attuale. “A View From the Top of the World” merita un discorso a sé. Se infatti “Octavarium” era una lucida dichiarazione d’amore verso il progressive rock ispiratore della band che però precisava anche la volontà di distaccarsi dagli stilemi dei padri fondatori del genere ricercando uno stile personale, così questa suite è una dichiarazione d’intenti di un gruppo mai domo che, nonostante non debba per forza dimostrare il proprio valore, mira a raggiungere nuovi ed ambiziosi risultati. 

Nel complesso dunque, il songwriting dell’album risulta più curato ed ispirato che in passato, complice anche la lunga pausa forzata dovuta alla pandemia che ha permesso forse più tempo per riflettere ed elaborare le numerose idee messe in campo. Soprattutto James LaBrie, che negli ultimi anni è stato oggetto di pesanti critiche sul rendimento altalenante dal vivo e per le performance sempre più arrancanti in studio rispetto ai colleghi sembra, pur avendo fisiologicamente perso lo smalto di una volta, aver ritrovato parte di quell’espressività che a detta di molti è svanita. Certamente non può più far leva sull’estensione vocale per cui è noto, ma a conti fatti è ancora l’unico cantante adatto per i Dream Theater. Ha ancora senso ascoltare materiale inedito dei Dream Theater nel 2021? Sì perché A View From the Top of the World rielabora con opportuni ammodernamenti una visione, un’idea, un approccio personale e ormai ben delineato e coerente d’intendere la musica nel corso del tempo. 

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