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Gli Eugenio in Via Di Gioia tornano a Venaria Reale

«Nasciamo per strada nel 2013, suonando letteralmente ovunque, dalle vie di Torino passiamo ai club, ai festival estivi. Nel 2020 vinciamo il premio della critica “Mia Martini” a Sanremo in soli 7 minuti di permanenza sul palco. Immaginate cosa può succedere in un concerto che dura 2 ore».

Dal loro sito ufficiale: https://eugenioinviadigioia.it

Per l’ultima data de L’amore è tutto club tour, la band degli Eugenio in Via Di Gioia è tornata in Piemonte, a due passi dalla loro città. Il gruppo si è formato infatti a Torino dodici anni fa, intorno a Eugenio Cesaro, cantante e chitarrista, Emanuele Via con fisarmonica e pianoforte, Paolo Di Gioia come percussionista e batterista e infine Lorenzo Federici come bassista. Il nome della band prende spunto dai nomi di ognuno di loro, a eccezione di Federici, al quale, per questa “esclusione”, è stato dedicato il primo album (intitolato Lorenzo Federici, appunto).

Foto di Ottavia Salvadori

Il concerto di Venaria è stato aperto da Camilla Guano, in arte CAMO, conosciuta dal pubblico grazie ai social, dove è solita condividere cover di brani pop e indie accompagnandosi al pianoforte. Più avanti nella serata CAMO è tornata sul palco per cantare con la band “Lentiggini”, singolo uscito a fine 2023.

Foto di Ottavia Salvadori

Dopo il suo intervento, gli Eugenio in Via di Gioia sono saliti sul palco con un breve ritardo e hanno aperto  la serata con “Tutto”, canzone finale dell’ultimo album, facendo in seguito un ritorno nel passato con “Cerchi” e “Obiezione”. 

L’affinità dei componenti della band si sentiva nell’aria e l’energia di Eugenio si è fatta strada tra il pubblico, prima in senso metaforico poi letteralmente, quando in “Sette camice” ha camminato tra gli spettatori cantando ed entusiasmando tutta platea. Nel tornare sul palco il cantante attira l’attenzione con un apparente diverbio, che poi si è scopre essere preparato con la partecipazione di Davide D’Urso, comico conosciuto sui social per essere un simpatico imitatore dei vari accenti e delle manie dei diversi quartieri torinesi. D’Urso, salito sul palco per inseguire Eugenio, ha iniziato a togliersi la camicia gettandola all’indietro verso Emanuele Via: qui si è notato che ne indossava tante quante sono i personaggi che è solito interpretare. 

Indimenticabile, e ormai momento fisso di ogni concerto, è stata la performance di Cesaro in “Prima di tutto ho inventato me stesso”, uno dei primi brani pubblicati dalla band nel quale il cantante tenta (riuscendoci) di risolvere un gigante cubo di Rubik precedentemente scombinato da qualcuno nel pubblico, mentre canta e suona. 

Foto di Ottavia Salvadori

«Non è mai possesso, l’amore è un dono, che io faccio e ricevo contemporaneamente. Tu non sei mia, io non sono tuo, nessuno è di nessuno».

È l’introduzione di Eugenio Cesaro per la canzone “Stammi lontano” che tocca un tema importante come il prendersi cura di sé stessi all’interno della coppia e il rispetto della libertà delle scelte altrui. 

Verso la conclusione viene eseguita “L’ultima canzone”, la quale non è stata effettivamente l’ultima canzone né del disco o né del concerto, bensì è un riferimento al film Titanic nel quale, sul finale, i musicisti scelgono, consapevolmente, di non cercare un modo per salvarsi concludendo la loro vita facendo quello per cui sono più dotati, ovvero suonare, per l’ultima volta. 

Nel finale la band ha poi intonato “Terra”, inno d’amore per il nostro pianeta, che viene dedicata a chi non ha potuto partecipare al concerto a causa dell’allerta pioggia e dell’alluvione di questi ultimi giorni.

Foto di Ottavia Salvadori

Il concerto si chiude in bellezza con “Per ricominciare”, brano che simboleggia il continuo fluire degli eventi destinati a terminare per ripartire di nuovo.

È stato un ennesimo sold out per gli Eugenio in Via Di Gioia, ma non ci si poteva aspettare altro dalla loro amata città. 

Maria Scaletta

Anteprima Torino Jazz Festival: Marmellata Jam al Comala

Al Comala il 16 aprile 2025 si è tenuta la Marmellata Jam, esibizione completamente improvvisata (o quasi). Per l’organizzazione della serata, il collettivo Marmellata Jam ha optato per l’utilizzo di un canale su Telegram, nel quale chi voleva partecipare ha avuto modo di iscriversi per facilitare la ripartizione dei tempi e degli spazi di chi avrebbe improvvisato durante la serata.

L’esibizione era programmata all’esterno ma a causa della pioggia, si è tenuta in una saletta interna. 

La serata è stata divisa in due parti: la prima focalizzata sulla lettura di poesie con libero accesso da parte di persone dal pubblico, con sottofondo musicale improvvisato e disegni proiettati realizzati sul momento.
Nella seconda parte, è stata privilegiata la parte musicale, sempre con un libero accesso al microfono, all’iPad per disegnare e soprattutto, questa volta, agli strumenti.

Foto di Giulio Santullo

Si sono susseguiti innumerevoli cantanti e strumentisti, da alcuni nomi noti della scena torinese, come la cantante Caterina Ciari degli EDEN4ALL , ai meno conosciuti, i quali hanno sperimentato improvvisando attraversando i generi.

La serata si è conclusa verso mezzanotte ed è stata un grande successo nonostante il nubifragio in corso.

Degna di nota è stata la poesia di Viola Cicoria, la quale ha tenuto sospeso il pubblico:

”Salve. Salve, dunque di quale cifra si tratterebbe? Ah. E per quanto tempo? Dunque, per una settimana? Per una settimana, bene, me lo assicura? Cento milioni per una settimana. Mi assicura, dunque, che la luna si spegnerà per una settimana. Una settimana di luna spenta per cento milioni.

Sì, sì, siamo d’accordo. Sì, proceda pure. Sì, la spenga.

Prima notte di luna spenta: ma perché nessuno ci fa caso? Ha senso che nessuno ci faccia caso. Una volta al mese succede. Soltanto in pochi, in pochissimi, in così pochi nel mondo che li si potrebbe tutti stipare in uno di quegli autobus inglesi rossi a due piani, se ne sono accorti.

Foto di Giulio Santullo

Prima notte di luna spenta, un normale cielo blu (quasi) per tutti.

Seconda notte di luna spenta: qualcuno ci fa caso. Non dovrebbe crescere la luna? Prima o poi, non dovrebbe crescere? No, ma dico, oggi non dovrebbe crescere la luna? E se non crescesse mai più?

[…]

Quarta notte di luna spenta: più di più di qualcuno ci fa caso. È un guaio. Signore, signori, è un guaio. E gli astronauti di che si occuperanno ora? E cos’altro possiamo misurare se non la distanza tra qui e là? Ora che si fa? E chi costruisce i razzi? E chi cuce le tute degli astronauti? E le aste delle bandiere dove verranno piantate? E le foto? E il Paese? Quanto spenderemo per i lampioni? E perché nessuno costruisce astronavi intergalattiche?

[…]

Sesta notte di luna spenta: tutti (o quasi) ci hanno fatto caso. E i misteri? E gli dèi? E Dio? E l’amore? E l’amore, vi prego, l’amore? E le idee? Ma dico, le idee? Sono duemilaquattrocento anni che stanno da un’altra parte, lì, mentre noi le copiamo, non è che di punto in bianco si può fare così. E dove dovrei camminare ora? Con i piedi piantati in terra? Dovrei camminare sulla Terra? E dove dovrei sognare? Come dovrei sognare? A cosa, a chi dovrei dedicare? E dove, come, quando, perché dovrei dedicare ora che la luna è spenta? Quali luoghi dovrei abitare? Dove dovrei vivere? Dove potrei essere? E il mio fine quale sarà?

Settima notte di luna spenta: poveri conigli, son scomparse tutte le loro tane.

Settima notte di luna spenta, il cielo è blu.

E lei ci pensa mai a quante cose abbiamo proiettato lassù?”  

Maria Scaletta

Lezione-concerto di Unione Musicale sul folklore nella musica classica 

Sabato 8 marzo, si è tenuta al Teatro Vittoria l’ultima lezione-concerto Solo per le tue orecchie, un progetto interattivo pensato per guidare un pubblico di appassionati verso un ascolto più consapevole della musica classica. Matteo Borsarelli e Eugenio Catale (al pianoforte e al violoncello) sono stati gli interpreti della serata, insieme ad Antonio Valentino, docente al Conservatorio Verdi di Torino e direttore artistico di Unione Musicale. Valentino, con la sua competenza tecnica e storica, ha illustrato le particolarità di compositori che hanno assorbito le tradizioni musicali della loro terra trasformandole in musica colta. Il programma è stato suddiviso in tre sezioni: le Danze popolari rumene di Béla Bartók, la Suite Italienne di Igor’ Stravinskij e Le Grand Tango di Astor Piazzolla.

Foto da ufficio stampa Unione Musicale

Valentino ha dapprima introdotto Béla Bartók, compositore ungherese, pioniere dell’etnomusicologia che realizzò una quantità incredibile di raccolte di musiche popolari soprattutto della Transilvania. 
Le Danze popolari rumene sono suddivise in sei danze, caratterizzate da tratti peculiari che Valentino ha descritto dando chiare spiegazioni tecniche, affiancate dagli esempi musicali dei due interpreti. 

La prima, La Danza del Bastone, ha un ritmo fortemente irregolare. Il nome proviene da una danza tradizionale eseguita da uomini con un bastone in mano che si sfidavano in movimenti coreografici. Segue La Danza della Fascia, di origine serba, in cui la pulsazione regolare del pianoforte si mantiene mentre il tempo si fa più brillante. La terza danza è La Danza sul Posto: il movimento dei ballerini infatti è particolarmente limitato, perciò il suono del pianoforte diventa ipnotico e statico, mentre il violoncello si inserisce con piccole fioriture arabeggianti. La quarta danza è detta La Danza del Corno ed è di stampo tradizionale e pastorale, con un carattere lirico e contemplativo. 
La quinta danza è una polka, danza tradizionale polacca che qui assume un carattere allegro e spensierato. La danza conclusiva risulta inizialmente lenta per poi diventare più rapida e affine alla danza precedente. 
Dopo aver suonato degli estratti per integrare le spiegazioni del relatore, Borsarelli e Catale hanno eseguito per intero le Danze popolari rumene, con qualche applauso nel mezzo e una grande ovazione finale.

La seconda parte della serata è stata dedicata a Igor’ Stravinskij, compositore che per la prima parte della sua carriera si dedicò alla composizione di brani per balletti sotto ingaggio di Sergei Diaghilev, impresario che rese noti i Balletti Russi a Parigi. Ne nacquero capolavori come L’uccello di fuoco, Petrushka e La sagra della primavera (quest’ultima fece scalpore per la sua modernità ‘primitiva’). 

La Suite Italienne proviene dalla tradizione della musica antica italiana, in particolare dalle opere di Pergolesi, che portarono Stravinskij a un nuovo periodo stilistico, caratterizzato da una sperimentazione basata, fra altre cose, su un utilizzo apparentemente incongruo degli strumenti.

L’estratto è estrapolato dalla Serenata, seguito dall’Aria e dalla Tarantella. La rapidità del pianoforte nella Serenata rimanda al mandolino mentre il violoncello riprende le sonorità tipiche del tamburello. L’Aria è un brano molto brillante che Stravinskij comincia con una serie di pizzicati massicci che evocano un senso di ruvidità, per poi passare al tipico suono dell’arco. L’ultimo brano è la Tarantella ed è particolarmente complesso in quanto caratterizzato da un estremo virtuosismo. L’esibizione colpisce gli spettatori ipnotizzandoli e termina con qualche esclamazione relativa alla bravura dei due interpreti.

La lezione-concerto si conclude con Le grand Tango di Piazzolla, il quale reinventò il tango in chiave colta e contemporanea. Valentino ha spiegato come il tango sia sorto a fine Ottocento tra la capitale dell’Argentina, Buenos Aires, e quella dell’Uruguay, Montevideo, due città molto vicine unite dal Rio de la Plata. Il genere aveva radici profonde nel ceto popolare portuale e veniva ballato soprattutto nei bordelli, per cui suscitò fin da subito scandalo. 

Il brano è eseguito secondo la versione originale, senza necessità di arrangiamenti. 
Piazzolla, per mantenere alto l’interesse, trasforma la ripartizione binaria tipica del tango in una suddivisione più intrigante e frammentata, la quale viene diretta dal pianoforte e seguita dal violoncello, che si unisce seguendone il ritmo oscillatorio.
Durante l’esecuzione, il ritmo ossessivo tiene agganciato il pubblico, soprattutto nel finale, quando diventa sempre più tormentato, strappando un grande applauso, seguito da un’acclamazione collettiva.

La sesta lezione-concerto giunge al termine. Dopo un paio di domande relative all’esibizione, assistiamo alla conclusione, per quest’anno, del progetto “Solo per le tue orecchie” che, giunto alla terza edizione, è apprezzato più che mai.

A cura di Maria Scaletta