Tutti gli articoli di Maria Scaletta

L’esplosivo release delle Irossa con Stasi a sPAZIO211

A un mese dall’uscita dell’album, si è tenuto il 20 settembre il tanto atteso release party delle irossa a sPAZIO211 andato sold out.  L’album La mia stella aggressiva si nasconde nelle virgole e nei punti, con delicatezza e ritmi ipnotici, spazia tra la necessità di trovare un senso e il desiderio della scoperta di sé stessi. Ne parliamo in maniera più approfondita nell’intervista alle irossa

Ad aprire l’evento è il cantante Elia Arduino, in arte Stasi, con il suo producer Egor. La sua voce sussurrata e il suo stile pop-elettrico raffinato attira il pubblico come un canto ammaliante: con “Nubi sparse” e “Domani (Yakamoz)” Stasi fa scatenare gli spettatori tra momenti riflessivi e puri istanti di balli sfrenati. 

Foto di Sofia Grosso

Il cantante, tra un brano e un altro, fa un appello di ringraziamento a chi si sta impegnando per la causa palestinese, con riferimenti alla manifestazione torinese di quello stesso giorno, allo sciopero generale del 22 settembre 2025 e alla Global Sumud Flotilla. Termina con “TU TU TU!” con la partecipazione del cantante Iang Vic: l’atmosfera è calda ed è pronta per l’arrivo delle irossa ma non prima di una breve pausa.

L’aria vibra di attese: le irossa, salgono sul palco. L’esibizione comincia con “Fango”, prima canzone del nuovo disco che mette in hype tutti: il pubblico non vede l’ora di sentire nella sua interezza il tanto atteso album per la prima volta live. La platea, con i brani più movimentati come “Potomac” e “Non conosco” non riesce più a stare composta e si scatena.

Si passa poi a pezzi dell’album d’esordio Satura, con “Onde in aprile”, che ci porta in una dimensione spensierata e malinconica, per continuare con “Secchio d’acqua”, una dolce rincorsa ad un passato ormai irraggiungibile cantata da Margherita Ferracini, mentre la celebre “Dove è lei” viene intonata dal cantante Jacopo Sulis, seguito a squarciagola dal pubblico.

Foto di Sofia Grosso

Con “Falso nueve”, il bassista, Simone Ravigliono, ruba il posto del cantante, che si riposa facendo un giro sulla folla, gettandosi sul pubblico, che lo solleva e lo trasporta per la sala.

Richiesto dalle irossa, ritorna sul palco Stasi per accompagnarle nella cover de “L’estate sta finendo” dei Righeira, con cui nostalgicamente ripensiamo l’estate appena passata, ricordo amplificato dai 30 e passa gradi dell’interno del locale.

Foto di Sofia Grosso

Quando arriviamo a “Fiori, fiori”, uscito nel maggio di quest’anno, il pubblico è ormai carico: tra un pogo e un altro, più di 5 persone vengono sollevate e trasportate facendo surf sulla folla in un clima di euforia generale.  

Quando le irossa si dileguano verso il backstage, la serata sembra volgere al termine, ma è solo un atto preparatorio per preparare il gran finale. 

Il palco rimane vuoto finché non sale Sofia Rodi, fan sfegatata della band, che comincia a recitare una poesia: è il momento del brano “Storia di un corpo che cade”. Gradualmente ritornano sul palco i sei membri delle irossa per accompagnare la poesia.

L’ultima canzone della scaletta è “La mia stella aggressiva”, ovvero il brano posto come chiusura dell’album. Alla performance di una canzone così cara alla band si unisce il loro producer Claudio Lo Russo, cantante degli Atlante, che le accompagna alla chitarra. Il pubblico, seppure stanco e accaldato, non si dà per vinto e per l’ultima volta si accende trasformandosi in un pogo sfrenato.

Foto di Sofia Grosso

La serata si conclude con la rapida uscita del pubblico all’aria aperta e con l’esigenza vitale di abbeverarsi dopo una fremente esibizione che non solo ha soddisfatto le nostre aspettative, ma le ha addirittura superate. 

Che dire, non vediamo l’ora di scatenarci di nuovo con le irossa e Stasi!

Maria Scaletta

Chiusura in bellezza del Flowers Festival: Lucio Corsi e i Baustelle

Ci hanno fatto aspettare ma ne è valsa la pena: il tanto atteso concerto di Lucio Corsi e dei Baustelle, originariamente programmato per l’8 luglio ma annullato a causa del maltempo, è stato finalmente recuperato la serata del 15 luglio. Nonostante l’infelice posticipo, l’evento ha regalato una splendida chiusura al decennale del Flowers Festival.

All’incantevole calar del sole, è arrivato il nostro menestrello Lucio Corsi, con il suo stile glam rock fai-da-te, con le solite buste di patatine a sorreggere le spalline. Affiancato da una grande schiera di musicisti, si è acceso una sigaretta e ha aperto il concerto con l’assolo di “Freccia bianca”, brano incalzante tratto dall’album Cosa faremo da grandi del 2020, che ha iniziato a coinvolgere gli spettatori, dai più grandi ai più piccoli. 

Ha proseguito passando ai pezzi del suo ultimo album Volevo essere un duro, doppio vincitore della Targa Tenco, fino all’omonima canzone, reduce dall’Eurovision, creando un momento magico di celebrazione della norma e del quotidiano.

Tra una sigaretta accesa e un’altra lanciata, per avere la bocca libera per cantare, i brani si sono fatti più lenti con “Situazione complicata” e ballate come “Nel cuore della notte”, riprendendo ritmo solo nel finale, con la canzone “Francis Delacroix”.  L’ultimo brano ha fatto scatenare e divertire tutto il pubblico, soprattutto perché nessuno si era reso conto, fino a quel momento, che il fotografo che stava seguendo Lucio da tutto il concerto, con una sigaretta in bocca e un cappello da cowboy nero, era Francis Delacroix in persona.

Francis ha accompagnato con la chitarra la canzone a lui dedicata e nel gran finale si è quasi sfiorata la caduta dal palco di entrambi, tra i molteplici movimenti di Lucio, gli altrettanti spostamenti del tecnico che lo inseguiva per allentargli il cavo del microfono ed evitare si incastrasse e Francis Delacroix che si godeva appieno il suo momento. Finale spontaneo, dunque, come d’altronde spontaneo è Lucio Corsi, che per una bella oretta ci ha rapiti mostrandoci nuove realtà attraverso il suo sguardo fresco. 

Foto dal profilo Instagram del Flowers Festival

Dopo una breve pausa il pubblico ha acclamato a gran voce i Baustelle, band di Montepulciano che da quasi trent’anni unisce sonorità retrò, liriche raffinate e uno sguardo originale sulle problematiche dei giovani tra poesia urbana e una malinconia cinematografica. L’intera esibizione è stata costruita sui brani di El Galactico, album uscito nell’aprile di quest’anno, sviluppato attorno a sonorità della California anni ‘60, con un chiaro riferimento ai Beach Boys e ai Mamas and the Papas.

Solo verso il termine dell’esibizione sono giunti a brani più vecchi come: “La guerra è finita” e “Le Rane”, sul finale della quale, mentre i tecnici preparavano il palco per la canzone successiva, il frontman Francesco Bianconi ha colto l’occasione intonando “Tanti auguri a te” dedicato alla cantautrice e polistrumentista, Rachele Bastreghi, acclamata dagli spettatori.

Foto dal profilo Instagram del Flowers Festival

La band apparentemente chiude il concerto e torna sulle quinte, per poi, dopo vari cori da parte del pubblico, ritornare sul palco e far scatenare tutti con il brano, tanto atteso da tutti, “Charlie fa surf”, terminando in bellezza la decima edizione del Flowers Festival, lasciandoci senza voce, con poco udito, ma contenti.

Maria Scaletta

Gli Eugenio in Via Di Gioia tornano a Venaria Reale

«Nasciamo per strada nel 2013, suonando letteralmente ovunque, dalle vie di Torino passiamo ai club, ai festival estivi. Nel 2020 vinciamo il premio della critica “Mia Martini” a Sanremo in soli 7 minuti di permanenza sul palco. Immaginate cosa può succedere in un concerto che dura 2 ore».

Dal loro sito ufficiale: https://eugenioinviadigioia.it

Per l’ultima data de L’amore è tutto club tour, la band degli Eugenio in Via Di Gioia è tornata in Piemonte, a due passi dalla loro città. Il gruppo si è formato infatti a Torino dodici anni fa, intorno a Eugenio Cesaro, cantante e chitarrista, Emanuele Via con fisarmonica e pianoforte, Paolo Di Gioia come percussionista e batterista e infine Lorenzo Federici come bassista. Il nome della band prende spunto dai nomi di ognuno di loro, a eccezione di Federici, al quale, per questa “esclusione”, è stato dedicato il primo album (intitolato Lorenzo Federici, appunto).

Foto di Ottavia Salvadori

Il concerto di Venaria è stato aperto da Camilla Guano, in arte CAMO, conosciuta dal pubblico grazie ai social, dove è solita condividere cover di brani pop e indie accompagnandosi al pianoforte. Più avanti nella serata CAMO è tornata sul palco per cantare con la band “Lentiggini”, singolo uscito a fine 2023.

Foto di Ottavia Salvadori

Dopo il suo intervento, gli Eugenio in Via di Gioia sono saliti sul palco con un breve ritardo e hanno aperto  la serata con “Tutto”, canzone finale dell’ultimo album, facendo in seguito un ritorno nel passato con “Cerchi” e “Obiezione”. 

L’affinità dei componenti della band si sentiva nell’aria e l’energia di Eugenio si è fatta strada tra il pubblico, prima in senso metaforico poi letteralmente, quando in “Sette camice” ha camminato tra gli spettatori cantando ed entusiasmando tutta platea. Nel tornare sul palco il cantante attira l’attenzione con un apparente diverbio, che poi si è scopre essere preparato con la partecipazione di Davide D’Urso, comico conosciuto sui social per essere un simpatico imitatore dei vari accenti e delle manie dei diversi quartieri torinesi. D’Urso, salito sul palco per inseguire Eugenio, ha iniziato a togliersi la camicia gettandola all’indietro verso Emanuele Via: qui si è notato che ne indossava tante quante sono i personaggi che è solito interpretare. 

Indimenticabile, e ormai momento fisso di ogni concerto, è stata la performance di Cesaro in “Prima di tutto ho inventato me stesso”, uno dei primi brani pubblicati dalla band nel quale il cantante tenta (riuscendoci) di risolvere un gigante cubo di Rubik precedentemente scombinato da qualcuno nel pubblico, mentre canta e suona. 

Foto di Ottavia Salvadori

«Non è mai possesso, l’amore è un dono, che io faccio e ricevo contemporaneamente. Tu non sei mia, io non sono tuo, nessuno è di nessuno».

È l’introduzione di Eugenio Cesaro per la canzone “Stammi lontano” che tocca un tema importante come il prendersi cura di sé stessi all’interno della coppia e il rispetto della libertà delle scelte altrui. 

Verso la conclusione viene eseguita “L’ultima canzone”, la quale non è stata effettivamente l’ultima canzone né del disco o né del concerto, bensì è un riferimento al film Titanic nel quale, sul finale, i musicisti scelgono, consapevolmente, di non cercare un modo per salvarsi concludendo la loro vita facendo quello per cui sono più dotati, ovvero suonare, per l’ultima volta. 

Nel finale la band ha poi intonato “Terra”, inno d’amore per il nostro pianeta, che viene dedicata a chi non ha potuto partecipare al concerto a causa dell’allerta pioggia e dell’alluvione di questi ultimi giorni.

Foto di Ottavia Salvadori

Il concerto si chiude in bellezza con “Per ricominciare”, brano che simboleggia il continuo fluire degli eventi destinati a terminare per ripartire di nuovo.

È stato un ennesimo sold out per gli Eugenio in Via Di Gioia, ma non ci si poteva aspettare altro dalla loro amata città. 

Maria Scaletta

Anteprima Torino Jazz Festival: Marmellata Jam al Comala

Al Comala il 16 aprile 2025 si è tenuta la Marmellata Jam, esibizione completamente improvvisata (o quasi). Per l’organizzazione della serata, il collettivo Marmellata Jam ha optato per l’utilizzo di un canale su Telegram, nel quale chi voleva partecipare ha avuto modo di iscriversi per facilitare la ripartizione dei tempi e degli spazi di chi avrebbe improvvisato durante la serata.

L’esibizione era programmata all’esterno ma a causa della pioggia, si è tenuta in una saletta interna. 

La serata è stata divisa in due parti: la prima focalizzata sulla lettura di poesie con libero accesso da parte di persone dal pubblico, con sottofondo musicale improvvisato e disegni proiettati realizzati sul momento.
Nella seconda parte, è stata privilegiata la parte musicale, sempre con un libero accesso al microfono, all’iPad per disegnare e soprattutto, questa volta, agli strumenti.

Foto di Giulio Santullo

Si sono susseguiti innumerevoli cantanti e strumentisti, da alcuni nomi noti della scena torinese, come la cantante Caterina Ciari degli EDEN4ALL , ai meno conosciuti, i quali hanno sperimentato improvvisando attraversando i generi.

La serata si è conclusa verso mezzanotte ed è stata un grande successo nonostante il nubifragio in corso.

Degna di nota è stata la poesia di Viola Cicoria, la quale ha tenuto sospeso il pubblico:

”Salve. Salve, dunque di quale cifra si tratterebbe? Ah. E per quanto tempo? Dunque, per una settimana? Per una settimana, bene, me lo assicura? Cento milioni per una settimana. Mi assicura, dunque, che la luna si spegnerà per una settimana. Una settimana di luna spenta per cento milioni.

Sì, sì, siamo d’accordo. Sì, proceda pure. Sì, la spenga.

Prima notte di luna spenta: ma perché nessuno ci fa caso? Ha senso che nessuno ci faccia caso. Una volta al mese succede. Soltanto in pochi, in pochissimi, in così pochi nel mondo che li si potrebbe tutti stipare in uno di quegli autobus inglesi rossi a due piani, se ne sono accorti.

Foto di Giulio Santullo

Prima notte di luna spenta, un normale cielo blu (quasi) per tutti.

Seconda notte di luna spenta: qualcuno ci fa caso. Non dovrebbe crescere la luna? Prima o poi, non dovrebbe crescere? No, ma dico, oggi non dovrebbe crescere la luna? E se non crescesse mai più?

[…]

Quarta notte di luna spenta: più di più di qualcuno ci fa caso. È un guaio. Signore, signori, è un guaio. E gli astronauti di che si occuperanno ora? E cos’altro possiamo misurare se non la distanza tra qui e là? Ora che si fa? E chi costruisce i razzi? E chi cuce le tute degli astronauti? E le aste delle bandiere dove verranno piantate? E le foto? E il Paese? Quanto spenderemo per i lampioni? E perché nessuno costruisce astronavi intergalattiche?

[…]

Sesta notte di luna spenta: tutti (o quasi) ci hanno fatto caso. E i misteri? E gli dèi? E Dio? E l’amore? E l’amore, vi prego, l’amore? E le idee? Ma dico, le idee? Sono duemilaquattrocento anni che stanno da un’altra parte, lì, mentre noi le copiamo, non è che di punto in bianco si può fare così. E dove dovrei camminare ora? Con i piedi piantati in terra? Dovrei camminare sulla Terra? E dove dovrei sognare? Come dovrei sognare? A cosa, a chi dovrei dedicare? E dove, come, quando, perché dovrei dedicare ora che la luna è spenta? Quali luoghi dovrei abitare? Dove dovrei vivere? Dove potrei essere? E il mio fine quale sarà?

Settima notte di luna spenta: poveri conigli, son scomparse tutte le loro tane.

Settima notte di luna spenta, il cielo è blu.

E lei ci pensa mai a quante cose abbiamo proiettato lassù?”  

Maria Scaletta

Lezione-concerto di Unione Musicale sul folklore nella musica classica 

Sabato 8 marzo, si è tenuta al Teatro Vittoria l’ultima lezione-concerto Solo per le tue orecchie, un progetto interattivo pensato per guidare un pubblico di appassionati verso un ascolto più consapevole della musica classica. Matteo Borsarelli e Eugenio Catale (al pianoforte e al violoncello) sono stati gli interpreti della serata, insieme ad Antonio Valentino, docente al Conservatorio Verdi di Torino e direttore artistico di Unione Musicale. Valentino, con la sua competenza tecnica e storica, ha illustrato le particolarità di compositori che hanno assorbito le tradizioni musicali della loro terra trasformandole in musica colta. Il programma è stato suddiviso in tre sezioni: le Danze popolari rumene di Béla Bartók, la Suite Italienne di Igor’ Stravinskij e Le Grand Tango di Astor Piazzolla.

Foto da ufficio stampa Unione Musicale

Valentino ha dapprima introdotto Béla Bartók, compositore ungherese, pioniere dell’etnomusicologia che realizzò una quantità incredibile di raccolte di musiche popolari soprattutto della Transilvania. 
Le Danze popolari rumene sono suddivise in sei danze, caratterizzate da tratti peculiari che Valentino ha descritto dando chiare spiegazioni tecniche, affiancate dagli esempi musicali dei due interpreti. 

La prima, La Danza del Bastone, ha un ritmo fortemente irregolare. Il nome proviene da una danza tradizionale eseguita da uomini con un bastone in mano che si sfidavano in movimenti coreografici. Segue La Danza della Fascia, di origine serba, in cui la pulsazione regolare del pianoforte si mantiene mentre il tempo si fa più brillante. La terza danza è La Danza sul Posto: il movimento dei ballerini infatti è particolarmente limitato, perciò il suono del pianoforte diventa ipnotico e statico, mentre il violoncello si inserisce con piccole fioriture arabeggianti. La quarta danza è detta La Danza del Corno ed è di stampo tradizionale e pastorale, con un carattere lirico e contemplativo. 
La quinta danza è una polka, danza tradizionale polacca che qui assume un carattere allegro e spensierato. La danza conclusiva risulta inizialmente lenta per poi diventare più rapida e affine alla danza precedente. 
Dopo aver suonato degli estratti per integrare le spiegazioni del relatore, Borsarelli e Catale hanno eseguito per intero le Danze popolari rumene, con qualche applauso nel mezzo e una grande ovazione finale.

La seconda parte della serata è stata dedicata a Igor’ Stravinskij, compositore che per la prima parte della sua carriera si dedicò alla composizione di brani per balletti sotto ingaggio di Sergei Diaghilev, impresario che rese noti i Balletti Russi a Parigi. Ne nacquero capolavori come L’uccello di fuoco, Petrushka e La sagra della primavera (quest’ultima fece scalpore per la sua modernità ‘primitiva’). 

La Suite Italienne proviene dalla tradizione della musica antica italiana, in particolare dalle opere di Pergolesi, che portarono Stravinskij a un nuovo periodo stilistico, caratterizzato da una sperimentazione basata, fra altre cose, su un utilizzo apparentemente incongruo degli strumenti.

L’estratto è estrapolato dalla Serenata, seguito dall’Aria e dalla Tarantella. La rapidità del pianoforte nella Serenata rimanda al mandolino mentre il violoncello riprende le sonorità tipiche del tamburello. L’Aria è un brano molto brillante che Stravinskij comincia con una serie di pizzicati massicci che evocano un senso di ruvidità, per poi passare al tipico suono dell’arco. L’ultimo brano è la Tarantella ed è particolarmente complesso in quanto caratterizzato da un estremo virtuosismo. L’esibizione colpisce gli spettatori ipnotizzandoli e termina con qualche esclamazione relativa alla bravura dei due interpreti.

La lezione-concerto si conclude con Le grand Tango di Piazzolla, il quale reinventò il tango in chiave colta e contemporanea. Valentino ha spiegato come il tango sia sorto a fine Ottocento tra la capitale dell’Argentina, Buenos Aires, e quella dell’Uruguay, Montevideo, due città molto vicine unite dal Rio de la Plata. Il genere aveva radici profonde nel ceto popolare portuale e veniva ballato soprattutto nei bordelli, per cui suscitò fin da subito scandalo. 

Il brano è eseguito secondo la versione originale, senza necessità di arrangiamenti. 
Piazzolla, per mantenere alto l’interesse, trasforma la ripartizione binaria tipica del tango in una suddivisione più intrigante e frammentata, la quale viene diretta dal pianoforte e seguita dal violoncello, che si unisce seguendone il ritmo oscillatorio.
Durante l’esecuzione, il ritmo ossessivo tiene agganciato il pubblico, soprattutto nel finale, quando diventa sempre più tormentato, strappando un grande applauso, seguito da un’acclamazione collettiva.

La sesta lezione-concerto giunge al termine. Dopo un paio di domande relative all’esibizione, assistiamo alla conclusione, per quest’anno, del progetto “Solo per le tue orecchie” che, giunto alla terza edizione, è apprezzato più che mai.

A cura di Maria Scaletta