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Whitemary in concerto all’Hiroshima Mon Amour

Nuovo progetto, nuovo disco, nuovo tour: tre elementi di un percorso che rinnova le stagioni musicali e il rapporto tra pubblico e artisti. Ma le strade si possono percorrere in modi diversi, come nel caso di Biancamaria Scoccia in arte Whitemary, che ha scelto l’elettronica quasi per vocazione, lasciando da parte il canto jazz. Dopo aver presentato il suo ultimo album New bianchini in varie esibizioni in solitaria sotto il titolo di New bianchini sound system, si presenta ora con una band, con un live che partendo dall’ultimo album sintetizza il suo intero percorso.

Foto di Alessia Sabetta

Siamo andati ad ascoltarla venerdì 24 gennaio all’Hiroshima Mon Amour, nella sua prima esibizione a Torino, davanti a un pubblico curioso e partecipe sin dal primo minuto. Sul palco troviamo tre sintetizzatori analogici al centro e due batterie ai lati, sullo sfondo un grande schermo che riporta il nome dell’artista in rosso. 

Foto di Alessia Sabetta

Entrano prima i musicisti Sergio Tentella (del duo Ephantides) e Davide Savarese, entrambi con un kilt marrone. Poi arriva Bianca, con in testa un cappellino e corna rosse, si avvicina al microfono e dà il via al concerto con “OH! MA DAI”. Così, pian piano, ci tira e ci trascina in un flusso denso, senza interruzioni, in un continuo cambio di luci da vero club techno, in cui si salta e si balla senza mai fermarsi.
La scaletta alterna brani dell’ultimo disco e del precedente Radio Whitemary. Vediamo la cantante spesso chinata sui synth, agitarsi nel buio, una silhouette in contrasto con lo schermo su cui scorrono video in loop, con i testi delle canzoni o artefatti generati e manipolati a partire dall’impulso vocale.
Non mancano momenti di pausa e dialogo col pubblico, in cui Bianca parla del valore di alcuni brani come “DITEDIME” e “MI DISP”, che prelude al rush finale. Proprio la seconda pausa incide molto sull’intero senso della performance. Il trio esce dal palco, mentre rimangono solo le ‘macchine’ a suonare. Sullo schermo nero vediamo una farfallina blu che gira intorno a un cerchio, iniziano a salire i battiti dei bassi, il pubblico tiene il ritmo, è l’orecchio umano che percepisce la transizione, l’ingresso in nuovo vortice, in uno spazio diverso, alternativo e vertiginoso.
Il finale è emozionante ed esplosivo, con “Ti dirò” che chiude in maniera esemplare un concerto folle… ma senza troppa folla. Un peccato: chi non c’era non sa cosa si è perso. Whitemary abbraccia il pubblico, adesso siamo tutti un po’ amici, tutti un po’ “bianchini”. Lei che crea tutto da sola insieme ai suoi synth adesso si inchina di spalle e ribadisce il carattere ludico dello stare insieme agli altri, in modo libero e spontaneo.

It’s interesting and I think it’s also what

the human ear picks up

Quite a lot of electronic music which

is just made with presets like

a machine and it have like ninety-nine pieces

You’re not really doing anything

(estratto da “Presets / Doing anything”)

A cura di Alessandro Camiolo

I Selton all’Hiroshima Mon Amour: la giusta dose di divertimento, serietà e intimità

Grazie ai Selton l’Hiroshima Mon Amour la sera di giovedì 23 gennaio ha visto il suo palco animarsi, a partire dagli schermi colorati di verde neon fino al grande entusiasmo del pubblico, che dalla prima nota non ha mai smesso di ballare.

Mentre il gruppo italo-brasiliano sale sul palco e si prepara a suonare, una voce registrata parla di Barcellona, luogo magico in cui i membri si sono conosciuti nel lontano 2005. Ramiro Levy, Daniel Plentz ed Eduardo Stein Dechtiar, dopo aver passato un anno a suonare cover dei Beatles, sono stati scoperti da un produttore italiano di MTV, e la loro carriera è iniziata ufficialmente a Milano con il disco Banana à Milanesa.

Foto di Alessia Sabetta.

La prima cosa a colpire è la disposizione del palco: creando una simmetria, Ramiro e Eduardo sono ai due lati; in centro una batteria doppia, suonata da una parte da Daniel, e dall’altra dalla talentuosa Giulia Formica, che sta accompagnando il gruppo durante questo tour, insieme alla tastierista Daniela Mornati. L’introduzione strumentale ci trasporta subito nel mondo dei Selton: ritmi energetici, melodie pop e una grande sintonia.

Tra italiano, portoghese, inglese e spagnolo, vengono suonate molte canzoni dell’ultimo album GRINGO Vol.1, ma anche vecchi successi, tra cui alcune delle diverse collaborazioni con artisti italiani e non, come “Karma Sutra” (con Margherita Vicario) e “Estate” (con Priestess). Il pubblico, tra chi conosce tutti i pezzi a memoria, e chi può cantare solo i ritornelli più celebri, rimane ugualmente contagiato dai ritmi brasiliani e le sonorità dal pop, passando per l’indie fino al rock: a ballare sono proprio tutti.

Foto di Alessia Sabetta.

Un momento degno di nota è quello di “Calamaro Gigante”, che spezza la leggerezza della serata per aprire una parentesi più seria. Si tratta di un breve monologo scritto dal punto di vista di un mostro marino, che maestosamente tocca l’argomento delicato e tragico dell’immigrazione, ma più in generale parla di natura umana, riuscendo a essere politico il giusto senza cadere in banalità poco originali.

Il momento serio non lascia però l’amaro in bocca, almeno non fino alla fine del concerto, perché i Selton hanno una grande capacità di muoversi fra i sentimenti più disparati in modo fluido e funzionale. Torna un momento danzante, seguito da “Smoking Too Much”, la ballad che conclude l’ultimo album, registrata ad Abbey Road, come a chiudere il cerchio aperto agli inizi della storia del gruppo. Una vera perla.

Foto di Alessia Sabetta.

E quando ci sembra di aver già visto tutto, il palco si svuota e il pubblico viene diviso, formando uno spazio vuoto in centro alla sala. Velocemente compaiono degli sgabelli posizionati in cerchio. I musicisti ci salgono sopra con i loro strumenti, ed eseguono ancora due pezzi. L’atmosfera si fa ancora più intima di prima, ora le persone si guardano in faccia.

I Selton sono una chicca della musica italiana, che ha già fatto tanto ma lascia comunque l’impressione di avere molto altro da offrire, qualche nuova influenza, un diverso sound, un’inaspettata collaborazione…

A cura di Enea Timossi 

I “Sentieri” che uniscono: Avital, Sollima, Tondo e Copia a Torino

Volendo racchiudere in poche parole il messaggio che il concerto Sentieri ha trasmesso, si potrebbe affermare che la musica, in fondo, è un rituale che unisce. E non parliamo di un rito noioso, ma di un rito che fa battere i cuori all’unisono, che ti trascina in un sentimento collettivo. Mercoledì 22 gennaio Unione Musicale ha portato sul palco del Conservatorio «Verdi» un quartetto straordinario di artisti, capitanato dall’eclettico Giovanni Sollima, che fa ritorno a Torino dopo il successo in Piazza San Carlo dei 100 Cellos, gruppo fondato dal violoncellista insieme a Enrico Melozzi. Con Sollima c’era Avi Avital, uno dei più importanti mandolinisti del panorama internazionale e il primo ad essere nominato ai Grammy Award per la musica classica. A completare il quartetto la voce autentica e naturale di Alessia Tondo, membro del Canzoniere Grecanico Salentino e, alla chitarra battente e alla tiorba, Giuseppe Copia specializzato in musica barocca e rinascimentale.

Foto di Luigi De Palma, da profilo Facebook di Unione Musicale.

Il concerto va oltre i confini, abbatte tutte le barriere: le tradizioni si fondono, la distinzione tra generi musicali viene meno e anche la nota ‘quarta parete’ che separa il palco dal pubblico viene demolita. Nessun muro, nessun limite, ciò che conta è l’armonia e la sintonia che nasce da un incontro sincero tra artisti, pubblico, musica, emozioni e tradizioni. I suoni si trasformano in narrazioni, emozioni, ed energia. Ogni strumento e ogni ‘voce’ si intrecciano alla perfezione dando vita ad una fusione unica di suoni e sensazioni che hanno coinvolto ogni singolo spettatore. I quattro musicisti con le loro individualità diventano un magico superorganismo.

Giovanni Sollima, con il suo violoncello, sfida ogni convenzione: sussurra e urla allo stesso tempo, trasmettendo una profondità emotiva evidente non solo all’orecchio ma anche agli occhi. Le sue mani, i suoi movimenti e le espressioni del viso mostrano un virtuoso del violoncello ma anche un narratore-attore di storie, emozioni e pensieri. Il mandolino di Avital, con i suoi virtuosismi e la sua delicatezza, conferisce al concerto una dolcezza sognante che si contrappone all’energia vitale emanata da Sollima, e allo stesso tempo la completa.

L’interazione con il pubblico nasce da un invito di Sollima a battere a tempo le mani. Il concerto procede e l’interazione diventa spontanea. Da spettatore a protagonista: il pubblico si trasforma in coro – sorprendentemente preciso e intonato –, diretto da Alessia Tondo che gratifica la platea dissipando malinconia e negatività. «Cacciala fore malinconia, cacciala fore è malattia» cantavamo tutti insieme, unendo le voci in un «rito del buon pensiero che funziona solo se viene cantato», un’occasione quindi da non sprecare!

Foto da cartella stampa di Unione Musicale.

Sentieri è stato un viaggio lungo le strade del cuore, dove ogni passo era un incontro, un racconto, una condivisione. È stato anche un viaggio nel tempo che ha attraversato diversi territori musicali, dal barocco di Scarlatti alla musica tradizionale sefardita, turca, macedone, salentina, fino ad arrivare alla contemporaneità con musiche di Sollima – padre e figlio – e di Tondo. Un dialogo intenso tra epoche e tradizioni apparentemente lontane ma sorprendentemente vicine. La Sonata n. 2 di Scarlatti, sebbene affondi le sue radici nel barocco, si è integrata perfettamente con la vitalità della “Pizzica di Aradeo” e la freschezza di “Sta Notte” di Alessia Tondo.
Le differenze culturali non sono mai un limite, sono nutrimento e arricchimento che permette alla musica di raggiungere le corde più profonde.

Se il pubblico si fosse alzato per ballare la tarantella, la sala del Conservatorio si sarebbe trasformata davvero in una meravigliosa festa senza fine. Le due ore e mezza di concerto sono volate via in un soffio grazie a una performance coinvolgente che nessuno voleva più smettere di ascoltare e guardare. Al termine del programma ufficiale, l’entusiasmo del pubblico ha spinto gli artisti a tornare sul palco per due bis: la “Pizzica di San Vito” come brano ‘sorpresa’ e la “Pizzica di Aradeo”, brano che pur essendo stato riproposto ha riscontrato lo stesso travolgente successo della prima esecuzione.

Foto da cartella stampa di Unione Musicale.

La sala, animata da un’energia inconsueta, ha visto un pubblico partecipativo ma allo stesso tempo completamente incantato, attratto da un magnete potentissimo. La domanda sorge spontanea: sarà stata anche la presenza di molti studenti del Conservatorio a fare la differenza? Forse è il segreto del fragore degli applausi: una generazione giovane, coinvolta e pronta a condividere un’esperienza che richiama i rituali dei concerti di musica pop-rock.

Un pubblico, insomma, che ha saputo cogliere l’invito al viaggio nascosto in ogni nota e ogni gesto di Sollima e del suo stupefacente quartetto.

A cura di Ottavia Salvadori

Cameristi Cromatici e Cardioteam: Concerto benefico dell’immacolata a Torino

L’occasione festosa a scopo benefico, proposta da Carlo Romano con l’Ensemble Cameristi Cromatici e dalla Cardioteam Foundation Onlus, ha regalato un viaggio musicale nel tempo: dall’eleganza del Barocco alle intense colonne sonore contemporanee.

L’Ensemble Cameristi Cromatici nasce nel 2017 dall’amicizia tra Carlo Romano, storico Primo oboe dell’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI e per quarant’anni oboe solista preferito da Ennio Morricone, e Roberto Bacchini, organista e compositore. L’Ensemble, formato da strumentisti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale RAI, ha generosamente prestato, senza risparmio di energie, la propria professionalità al progetto benefico nato dalla volontà del Maestro Romano di omaggiare la Cardioteam Foundation Onlus del Dr. Diena che dal 2008 è impegnata in screening gratuiti di prevenzione cardiovascolare effettuati con l’ausilio di ambulatori medici itineranti, camper e barca a vela, per piazze e porti italiani.

foto di Joy Santandrea

Un breve saluto di ringraziamento dai cardiochirurghi Marco Diena e Maria Teresa Spinnler dà il La al programma musicale, appositamente arrangiato da Roberto Bacchini e diretto da Carlo Romano, in un crescendo di emozioni arricchito con tre fuori programma.

La prima parte inizia con l’energia di Vivaldi con degli estratti dai movimenti delle Quattro Stagioni, prosegue con la poetica di Mozart, passando per la famosissima «Nessun dorma» di Puccini e l’intermezzo della Cavalleria Rusticana di Mascagni. Conclude il fuori programma il Waltzer n.2 di Šostakovič, eseguito dall’emozionata Spinnler, in versione violinista, accompagnata da Costantin Beschieru.

foto di Joy Santandrea

La seconda parte, aperta a sorpresa dal giovanissimo e applauditissimo talento del violoncello Daniel Beschieru, prosegue con la suite da Il Padrino di Nino Rota, la struggente colonna sonora di Schindler’s List di Williams, le note danzanti del valzer del film Il Gattopardo di Verdi arrangiato da Nino Rota, per arrivare al clou con una suite di brani tratti dai film con colonna sonora di Ennio Morricone. Toccando l’animo dell’ascoltatore con le splendide note di C’era una volta in America, passando dolcemente attraverso la bellezza di brani indimenticabili soprattutto per gli amanti della settima arte, si raggiunge l’acme con Gabriel’s Oboe: ascoltare Carlo Romano dal vivo nella famosissima esecuzione di questa iconica melodia è un attimo di puro raccoglimento.

foto di Joy Santandrea

Rispondendo alla standing ovation, Romano regala un ultimo fuori programma. In segno di personale gratitudine accenna un gesto sul cuore e, donando un liberatorio sorriso rivolto alla platea in gran parte formata da medici e loro collaboratori, propone col suo Ensemble il medley tratto dalle musiche di Nicola Piovani per il film La Vita è Bella. È impossibile non lasciarsi toccare l’animo da un messaggio di speranza e rinascita così potente, in cui gratitudine e passione si fondono per creare qualcosa di meraviglioso.

Carlo Romano, l’Ensemble Cameristi Cromatici, Medici e Collaboratori della Cardioteam Foundation onlus ci ricordano che il cuore non batte solo per vivere, ma anche per emozionarci.

a cura di Joy Santandrea

Un tuffo nel passato: Cisco all’Hiroshima

La serata del 5 dicembre all’Hiroshima Mon Amour sarà una di quelle che difficilmente potrà essere dimenticata. Una serata all’insegna del folk-rock, dell’energia, del divertimento, della ribellione, della pace, dei pugni alzati, dei racconti di vita e di un ritorno al passato che è tutt’altro che nostalgico: è un passato che risuona attuale e, a distanza di trent’anni, ancora vivo e vibrante. Il mondo è cambiato ma 1994 e 2024 sembrano essere più vicini di quanto si possa immaginare.

Ad aprire il concerto, un opening act del cantautore torinese Carlo Pestelli: sale sul palco con la sua chitarra e incanta il pubblico alternando brani da lui composti, a brani storici del Cantacronache – come “Dove vola l’avvoltoio”, scritto da Calvino. La sua interpretazione è un gioco tra parole e musica: divertita, recitata, con una melodia controintuitiva che rivela le influenze di Amodei e Brassens. Una voce, quella di Pestelli, che rientra perfettamente nello stile del Cantacronache.
Per concludere e creare un “ponte” con l’attesissimo concerto di StefanoCisco” Bellotti, Pestelli suona «una canzone tutt’altro che datata»: “Oltre il ponte” scritta da Calvino e musicata da Liberovici e che tanti artisti, tra cui proprio Cisco, hanno portato sul palco.

Foto di Ottavia Salvadori

Con un doppio appuntamento – 5 e 6 dicembre 2024 – Cisco e alcuni ex membri dei MCR fanno tappa a Torino con il tour invernale Riportando tutto a casa (live!) 30 anni dopo.
Un filo rosso unisce Cisco ai Modena City Ramblers e difficilmente questo legame si può spezzare. Nel 30° anniversario dall’uscita del primo album d’esordio, Cisco riunisce alcuni ex MCR per riproporre quel disco che ha aperto la strada al combat folk-rock. Un tuffo nel passato fatto di sorrisi, complicità e musica che non conosce età. Insieme a Cisco, sul palco alcuni storici amici-musicisti: Alberto Cottica (fisarmonica), Marco Michelini (violino), Giovanni Rubbiani (chitarra), Massimo Giuntini (bouzouki,  uilleann pipes, low whistle), Roberto Zeno (percussioni), Arcangelo “Kaba” Cavazzuti (batteria e chitarra) a cui si aggiungono «i pischelli che non ci potevano essere»: Enrico Pasini (tromba, tastiere) e Bruno Bonarrigo (basso).

Foto di Ottavia Salvadori

Salgono sul palco, accolti da una tempesta di applausi, sulle note di “Mo Ghile Mear”, intro perfetta alla canzone “In un giorno di pioggia”. Una dolce ed energica dichiarazione d’amore per l’Irlanda che ha saputo subito risvegliare la voce e i movimenti del pubblico. Non c’è tempo da perdere: tutti a cantare a squarciagola, tutti a ballare con un entusiasmo e un sentimento che non conosce freni.
Ma è solo l’inizio di una serata che ha trasformato il concerto in un’esperienza condivisa, un “fare musica” che non conosce più confini. Palco e pubblico non sono più entità separate ma si fondono in un’unica grande energia che trasforma la sala dell’Hiroshima in un grande abbraccio caldo e familiare. Cisco si sporge verso il pubblico, lo coinvolge nel canto, lo fa ballare, battere le mani creando – come riesce sempre a fare – una connessione autentica. Ed è in serate come queste che l’imbarazzo sparisce, che la timidezza di qualcuno si dissolve: nessuno resta con i piedi ancorati a terra, tutti sollevati in salti e in movimenti liberi da ogni costrizione. Nessuna bocca serrata ma solo cuori che battono all’unisono su canzoni che raccontano, che hanno fatto la storia e che continueranno a farla. L’energia, il divertimento, la forza dei testi e della musica attraversano l’intera sala dell’Hiroshima travolgendo ogni angolo.

Foto di Ottavia Salvadori

Si balla, sì, ma la malinconia e la drammaticità di alcune storie si fa sentire: “Ebano”, “Cento Passi”, “I funerali di Berlinguer” sono solo alcuni esempi di racconti di una realtà che sembra distante ma che è ancora tangibile. Niente effetti speciali – eccetto gli occhiali da vista di Cisco – e niente artifici, ma il palco si colora di rosso: una bandiera Arci con il volto di Berlinguer viene dapprima fatta sventolare da Cisco per poi essere utilizzata a mo’ di mantello diventando un elemento scenico di grande significato simbolico. Sul palco un gruppo di amici e artisti che fa ciò che ama con passione, entusiasmo e divertimento ma anche grande professionalità.

Foto di Ottavia Salvadori

Fortunatamente tra il pubblico «molte facce giovani» e questo è la dimostrazione che c’è un pubblico affezionato ma anche in evoluzione; e chissà… che la presenza di giovani ragazzi – purtroppo però mancano i giovanissimi – a concerti come questo non sia un primo passo verso il vero cambiamento…?

Un viaggio nel tempo – come lo definisce Cisco – ma con qualche salto nel presente con una canzone scritta recentemente e intitolata proprio come l’album d’esordio Riportando tutto a casa: una canzone malinconica che ripercorre il tempo passato. E a completare questo viaggio c’è “Siamo moltitudine” un inedito che «parla di noi, della nostra generazione, di quello che siamo e quello che siamo diventati (e come)».

Un po’ di emozione e nostalgia forse nell’aria c’è… ma queste sonorità e parole non moriranno mai, continueranno a sopravvivere con intensità nei cuori, nei corpi e nelle menti di ognuno.

A cura di Ottavia Salvadori

Le Nozze di Figaro: un inizio frizzante, giocoso ed emozionante per la stagione 24/25 del Teatro Regio

Cosa meglio di Le Nozze di Figaro per aprire la stagione 2024-2025 del Teatro Regio: un’opera giocosa, divertente e ricca di sfumature che incarna perfettamente il leitmotiv di questo cartellone. Una gioventù spensierata, umana, ironica che dà vita ad una vicenda turbinosa in cui l’amore e l’inganno diventano motori dell’azione.

Sul podio, il 21 novembre, per la sua prima direzione d’orchestra al Regio, Leonardo Sini: giovane direttore vincitore del Premio Assoluto nel Concorso «Maestro Solti» e il cui debutto professionale risale al 2019 a Budapest. L’approccio di Sini appare fresco: una direzione molto animata ma che mantiene un equilibrio perfetto tra l’esuberanza drammatica e la profondità dell’opera di Mozart.

Foto da cartella stampa Teatro Regio – Mattia Gaido

La regia di Emilio Sagi si è concentrata sulla fluidità narrativa, sfruttando scenografie semplici ma efficaci che hanno valorizzato l’intimità dei momenti più lirici e l’ironia delle situazioni comiche.
L’allestimento scenico è tradizionale ma con un tocco scenico davvero originale: durante l’ouverture, un sipario semitrasparente ha introdotto il pubblico alla storia in modo graduale, svelando scorci di vita quotidiana di Figaro e del castello prima che la scena si aprisse del tutto. Una scelta che non solo ha creato un effetto visivo affascinante, sfruttato anche successivamente in altri punti dell’opera per regalare l’effetto “vedo non vedo”, ma ha anche incarnato l’essenza del pensiero mozartiano, in cui lo spettatore si immerge in una “tranche de vie” già avviata, spiando un mondo già in movimento.
Una scenografia minimal, sui toni del grigio, ma sempre elegante e di grande efficacia espressiva. L’allestimento del Teatro Reale di Madrid, come affermato durante la conferenza stampa, era in completa armonia con il clima sivigliano settecentesco.

Gli interpreti sul palco sono stati degni di nota: Giulia Semenzato (Susanna) ha offerto una performance di grande musicalità e sensibilità drammatica; Ruzan Mantashyan (Contessa) ha emozionato con la sua voce calda e vellutata, particolarmente toccante nell’aria Dove sono; José Maria Lo Monaco, nel ruolo di Cherubino, ha saputo restituire la vivacità adolescenziale del personaggio e il turbamento d’amore in “Non so più, cosa son, cosa faccio”. Un cast che ha emozionato, fatto sorridere e ridere gli spettatori catapultandoli in una vicenda ricca di inseguimenti, di gag e di travestimenti: la recitazione dei cantanti e le scelte registiche hanno messo in luce alcuni aspetti tipici della commedia, enfatizzando quell’effetto “slapstick” basato sulla fisicità e il movimento.

Foto da cartella stampa Teatro Regio – Mattia Gaido

Tra gli episodi più vivaci e originali spicca il ballo con le nacchere, durante i festeggiamenti delle nozze, che aggiunge un tocco di colore e dinamismo all’opera. Ideato dalla coreografa Nuria Castejón, questo momento richiama l’atmosfera solare dell’Andalusia. Il ballo non solo arricchisce l’azione scenica, ma riesce in parte ad integrarsi nella scrittura musicale mozartiana.

L’opera ha ricevuto una calorosa accoglienza dal pubblico under 30, con applausi scroscianti per il cast e la direzione musicale. Questo allestimento rappresenta un esempio brillante di come un classico del repertorio operistico possa essere presentato anche ad un pubblico più giovane e contemporaneo senza perdere la sua essenza.

Foto da cartella stampa Teatro Regio – Mattia Gaido

Le nozze di Figaro resterà in cartellone fino al 1° dicembre 2024, un’occasione imperdibile per gli amanti di Mozart, della Musica e del Divertimento… la maiuscola è dovuta!

A cura di Joy Santandrea e Ottavia Salvadori

Le Nozze di Figaro aprono la stagione del Teatro Regio

Il 18 novembre si è tenuta la conferenza stampa che ha annunciato l’inaugurazione della stagione 2024/25 del Teatro Regio di Torino con Le Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart. Un appuntamento che, oltre a svelare i dettagli della produzione, ha raccontato la vivacità di una città in fermento e l’energia di un progetto artistico ambizioso.

Un grande momento per Torino

Il sindaco ha aperto l’incontro con parole entusiaste, ricordando come Torino stia vivendo una settimana straordinaria. Con i 200 anni del Museo Egizio, il Torino Film Festival, l’Assemblea Nazionale dei Comuni Italiani e perfino la partita Italia-Nuova Zelanda, la città è un palcoscenico vivo e pulsante. «Questa produzione di altissimo livello – ha sottolineato – non poteva arrivare in un momento migliore per la nostra comunità».

Non sono mancati i ringraziamenti a chi rende possibile tutto questo: lo staff, gli artisti e i partner, tra cui Italgas, che sostiene il progetto.

Foto di Joy Santandrea

La meglio gioventù sulle note di Mozart

Il direttore artistico ha spiegato il filo conduttore della stagione, “La meglio gioventù” e come Le Nozze di Figaro possano aprire perfettamente questo percorso. «Gli interpreti di questa produzione – ha raccontato – sono giovani e talentuosi. Anche il direttore d’orchestra, pur promettente, debutta sia con quest’opera che sul palco del Regio».

Una curiosità in più: l’allestimento arriva dal Teatro Reale di Madrid ed è alla sua prima rappresentazione italiana. La regia, firmata da Emilio Sagi, restituisce pienamente l’atmosfera solare e vivace della Siviglia di Mozart, spesso trascurata in altre produzioni.

Parole dal cuore degli artisti

L’emozione è stata palpabile anche nelle parole del direttore d’orchestra, Leonardo Sini, che ha descritto l’opera come «un gioiello di freschezza e vivacità». Con un doppio cast pronto a salire sul palco, ha confessato di puntare a trasmettere l’energia della musica al pubblico in sala.

Gli interpreti, uno dopo l’altro, hanno dato vita ai personaggi già durante la conferenza. Figaro è stato descritto come un personaggio energico e a tratti ingenuo, ma con una freschezza senza tempo. Cherubino, invece, incarna la gioventù stessa: un paggio in equilibrio tra spensieratezza e scoperta dell’amore. Susanna? Una donna pratica e moderna, con una profondità umana che la rende sorprendentemente attuale. E il Conte, il cui conflitto interiore riflette la difficoltà di accettare il passare del tempo, si muove tra gelosie, tentazioni e un desiderio di redenzione sincero.

Foto di Joy Santandrea

Un’opera contemporanea e senza giudizio

Il sovrintendente, Mathieu Jouvin, ha definito Le Nozze di Figaro un paradosso senza tempo, capace di esplorare i rapporti generazionali e umani senza mai giudicarli. «Mozart – ha spiegato – riesce a mettere in scena i sentimenti e le dinamiche umane in modo universale, lasciando che sia lo spettatore a trarre le proprie conclusioni». È questa capacità di analizzare l’animo umano con leggerezza e profondità insieme che rende l’opera sempre attuale.

Un’energia che unisce

La conferenza si è conclusa con un messaggio di unità e collaborazione.
«Il Regio – ha detto – è un simbolo di eccellenza per Torino, un faro culturale che ci unisce tutti».

E con questa premessa, la stagione 2024/25 è pronta a partire, promettendo di regalare al pubblico emozioni indimenticabili.

A cura di Joy Santandrea e Ottavia Salvadori

Dall’oscurità alla luce: il Trittico di Puccini

Dopo la presentazione del 12 giugno tenuta da Susanna Franchi al Piccolo Regio, il Trittico è andato in scena il 18 giugno per l’Anteprima Giovani. L’opera è formata da tre atti unici: Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi composte da Giacomo Puccini (su libretto di Giacomo Adami per Suor Angelica e Il Tabarro mentre il testo di Gianni Schicchi e di Giovacchino Forzano) tra il 1913 al 1918. La prima rappresentazione è avvenuta il 14 dicembre del 1918 al Metropolitan Opera di New York.

Le vicende nel Tabarro narrano un dramma ambientato su di una chiatta sulla Senna a Parigi. Racconta la storia di gelosia e omicidio del triangolo amoroso tra Michele, Giorgetta e l’amante Luigi.
Suor Angelica porta in scena un soggetto con tono lirico e drammatico ambientato in un convento. La trama segue la storia della protagonista Suor Angelica, la quale è stata costretta a prendere i voti dopo aver avuto un figlio illegittimo. Dopo la scoperta della morte del figlio, la donna compie un atto disperato di suicidio, seguito da una visione di redenzione. Gianni Schicchi è una commedia vivace basata su un episodio dell’Inferno di Dante Alighieri. Racconta le vicende del protagonista Gianni Schicchi, uno scaltro popolano che inganna una famiglia per assicurarsi l’eredità di un ricco defunto a favore della figlia e del suo amante.

L’ouverture viene eseguita a sipario chiuso per introdurre i principali temi musicali preparando il pubblico all’esperienza narrativa che seguirà.
Il regista Tobias Kratzer e lo scenografo Rainer Sellmaier propongono nel Tabarro un allestimento dalle tonalità scure ed ombrose.
Sono presenti quattro quadranti in rimando all’impaginazione dei fumetti, in cui si svolgono le vicende dei protagonisti accompagnati dai cantanti del coro: il primo quadrante in alto a destra presenta la struttura della chiatta con sfondo rosso di immagini di grattacieli, il secondo in basso a destra raffigura la stiva con sfondo bianco, il terzo in alto a sinistra rappresenta una cabina con un letto e una televisione con sfondo arancio e nel quarto quadrante in basso a sinistra abbiamo il boccaporto in cui si staglia la visione della chiatta nel mare con sfondo azzurro. Ed infine sul lato destro abbiamo incorporata nella struttura scenografica una televisione, che trasmette al pubblico una sitcom che è vista dallo stesso Michele nel Tabarro, che fa da filo conduttore in rimando a Gianni Schicchi con la morte di Buoso Donati.

Il Tabarro

Per Suor Angelica la scelta scenografica è ricaduta sull’utilizzo di un video in bianco e nero con qualche accento di colore rosso delle immagini: sullo sfondo un cortometraggio della vita monastica condotta dalle suore; che viene scandita in ogni ora del giorno. Intanto le cantanti primarie e il coro femminile si trovano sedute in scena, in rimando al giardino del convento. Il video viene frammentato dall’arrivo di un giornalino proibito che viene consultato da una suora (oggetto del peccato che rimanda alle vicende scabrose che si sono susseguite precedentemente nel Tabarro) e dal desiderio compiuto di un’altra suora nel voler mangiare cibo non consentito come la cioccolata (evidente il rimando al terzo cerchio dei golosi dell’Inferno di Dante Alighieri nella Divina Commedia).

Suor Angelica

In Gianni Schicchi la scenografia è costituita del pubblico seduto sulle
gradinate in scena, che osserva da “voyeur” la storia della famiglia come se fosse in uno studio televisivo. In scena vengono inseriti oggetti per simulare la casa del morente Buoso Donati: un mobile smontabile in più parti, vettovagliamento, asciugamani, un giradischi e un frigorifero colmo di bottiglie di vino. Il cast dei cantanti inizia a smontare la scena alla ricerca del testamento nascosto da Buoso Donati nella busta del disco di Suor Angelica e intanto arriva Gianni Schicchi per la risoluzione dei problemi; il quale sposta il cadavere del morto tra il pubblico fingendosi egli stesso il malato per poter mettere su carta le ultime volontà testamentarie a favore della figlia e del suo amante. Il finale si conclude con l’arrivo in scena dall’alto di una lussuosa vasca idromassaggio in cui i due amanti amoreggiano divertiti.

Gianni Schicci

Bern Purkrabek, alla luminotecnica, è stato in grado di far immergere lo spettatore grazie al contrasto tra il buio delle scene e i giochi di luci colorate all’interno dei blocchi nel Tabarro, l’utilizzo di luci bianche fredde in Suor Angelica per esaltare il video sullo sfondo e per ricreare una dimensione intima e castigata in rimando alla vita di clausura delle suore, mentre in Schicchi le luci sono tutte puntate sui cantanti per esaltare la frenesia e la concitazione delle scene.

Grande lavoro è stato svolto dal Coro del Teatro Regio con la direzione di Ulisse Trabacchin e dalle Voci Bianche dirette da Claudio Fenoglio: pur non essendo così compresenti in scena, hanno saputo esaltare la dicotomia dei sentimenti contrastanti “del bene e del male” dei protagonisti in tutte le sfaccettature e hanno saputo dar voce ad ogni singola emozione provata.
Giorgetta insoddisfatta della vita di coppia (interpretata dal soprano Elena Stikhina) moglie di Michele, proprietario della chiatta (interpretato dal baritono Roberto Frontali) il quale teme che la moglie lo tradisca con il giovane scaricatore Luigi (interpretato dal tenore Samuele Simoncini).
Suor Angelica è la protagonista, una giovane suora dal passato doloroso (interpretata dal soprano Elena Stikhina) avrà un duro scontro con la Zia Principessa (interpretata dal contralto Anna Maria Chiuri) ricevendo conforto dalla suora amica Genovieffa (interpretata dal soprano Lucrezia Drei).

Suor Angelica

Gianni Schicchi popolano fiorentino (interpretato dal baritono Roberto Frontali) che ha abilità nel risolvere con astuzia i problemi, viene chiamato dalla famiglia Donati per modificare il testamento del defunto Buoso Donati e destinando tutti gli averi alla giovane figlia Lauretta (interpretata dal soprano Lucrezia Drei) innamorata di Rinuccio nipote del Buoso (interpretato dal tenore Matteo Mezzaro).
I cast dei cantanti nel Trittico hanno saputo rendere giustizia alle tre opere messe in scena grazie alla grande abilità vocali e interpretative. Particolare nota al soprano Elena Stikhina nel Tabarro e in Suor Angelica per il bellissimo timbro vocale, alla significativa morbidezza nell’emissione dei suoni e all’abilità nei filati, in Gianni Schicchi al soprano Lucrezia Drei per il raffinato registro centrale, alla grande facilità di emissione degli acuti e nell’emissione dei pianissimi ed infine al baritono Roberto Frontali per la grande esperienza maturata in carriera sia vocalmente parlando che per la grande presenza scenica.

Gianni Schicci

La direzione orchestrale è stata affidata alle mani sapienti del direttore d’orchestra Pinchas Steinberg, ha espresso una da una profonda comprensione delle dinamiche orchestrali e dai giochi di colore tra le opere mantenendo una coesione stilistica complessiva: nel Tabarro ha saputo definire un’atmosfera cupa attraverso la gestione degli archi e degli ottoni, in Suor Angelica ha creato una dimensione lirica e contemplativa grazie all’impiego dei legni e degli archi ed infine in Gianni Schicchi ha ottenuto un suono brillante grazie agli strumenti a fiato per sottolineare i momenti ironici e di scherno.
Nel Trittico, vengono trattati temi unificanti e disgreganti come l’amore, la passione, la morte e la redenzione: l’amore coniugale in crisi nel Tabarro che si conclude con un omicidio, l’amore materno e il desiderio di redenzione in Suor Angelica che si conclude con un suicidio sperato nella redenzione, o l’amore giovane e spensierato tra Lauretta e Rinuccio in Gianni Schicchi con la morte di Buoso Donati attorno a cui ruotano gli inganni.

A cura di Angelica Paparella

“La meglio gioventù”: presentata la nuova stagione del Regio

La stagione d’Opera e Balletto del Teatro Regio 2024/25 è all’insegna de La meglio gioventù, dal titolo della raccolta di poesie di Pasolini e dall’omonimo film di Marco Tullio Giordana. Dodici allestimenti, di cui sette inediti, dove le complesse sfaccettature di una gioventù frivola e nostalgica, ma anche conflittuale e provocatoria, faranno da filo conduttore. Un invito a vivere profondamente il presente anche nella sua fugacità che il Sindaco della Città di Torino e Presidente della Fondazione Teatro Regio Stefano Lo Russo con il Sovraintendente Mathieu Jouvin e il Direttore artistico Cristiano Sandri rivolgono in particolar modo alle nuove generazioni per appassionarle alla magia del teatro d’opera.

Si inaugurerà il 1° ottobre con Manon Manon Manon: un’inedita trilogia di Manon Lescaut. Auber, Massenet e Puccini proposti in nuovi allestimenti firmati Arnaud Bernard rifacendosi a tre epoche iconiche del cinema francese. Sempre ad ottobre il Regio ospiterà la Conferenza d’Autunno dell’Opera Europa coi suoi 233 membri provenienti da 44 Paesi. Seguirà Le nozze di Figaro: artisti carismatici diretti dallo spagnolo Emilio Sagi porteranno in scena la piacevolezza di una gioventù ingenua e impetuosa nella sua sfida sociale e forza ribelle. Dicembre, come da tradizione, è dedicato al Balletto. Quest’anno il Balletto dell’Opera di Tblisi, coreografato da Nina Ananiashvili e Aleksej Fadeečev, proporrà Giselle e Lo schiaccianoci in allestimenti ispirati alle fiabe ottocentesche, nella loro visione magica del mondo attraverso gli occhi della giovinezza. Tre spettacoli straordinari di Bolle and Friends inaugureranno il 2025.

Il 2025 operistico inizierà il 28 gennaio con L’elisir d’amore di Donizzetti che commuoverà come ai suoi esordi nel 1832, oggi proposto in cooperazione col Teatro Regio di Parma e diretto da Daniele Menghini. Seguirà il Rigoletto di Verdi in cui la giovane passione dei protagonisti dovrà affrontare crudeltà e cinismo nel nuovo allestimento di Leo Muscato. Ad aprile La dama di picche di Cajkovskij dove passioni, ambizioni, conflitti, vizi e follia verranno messi in scena nell’allestimento di Richard Jones. A maggio l’opèra romantique Hamlet, nuova produzione di Ambroise Thomas ispirato alla tragedia shakespeariana, rifletterà sul conflitto generazionale e la lotta per l’autonomia e l’indipendenza.Infine l’Andrea Chènier di Giordano: tumulti e cambiamenti ambientati durante la Rivoluzione francese in un nuovo spettacolare allestimento di Giancarlo del Monaco. Conferenze-concerto a ingresso libero, condotte dalle giornaliste Susanna Franchi e Elisa Guzzo Vaccarino e dalla musicologa Liana Puschel, permetteranno di incontrare gli interpreti affiancati da giovani cantanti del Regio Ensemble.

Una programmazione attenta in particolare ad un pubblico di giovani che potranno inoltre usufruire delle Anteprime Giovani riservate agli under-30. Una riorganizzazione dei settori di sala e una nuova e vantaggiosa politica dei prezzi renderanno più accessibile ai giovani, e non solo, coltivare la passione o incuriositi aprirsi a nuove esperienze artistiche. Con queste interessanti premesse, e in attesa di conoscere il cartellone della Stagione sinfonica, possiamo solo dire: andiamo al Regio!

A cura di Joy Santandrea