L’Anteprima Giovani del Teatro Regio di Torino rappresenta un’opportunità straordinaria per avvicinarsi all’opera, un genere che in queste occasioni dimostra di essere, più che mai, giovane e vivo.
In programma, il 13 maggio 2025, c’è Hamlet, opera composta nel 1868 dall’omonima tragedia di William Shakespeare con musiche di Ambroise Thomas e libretto di Michel Carré e Jules Barbier. Cinque atti che sfidano l’adattamento di un testo tanto complesso e intenso, a cui la regia di Jacopo Spirei offre una risposta brillante.
All’arrivo in sala, prima dell’inizio dello spettacolo, il sipario è già alzato, alcuni figuranti leggono appassionatamente un libro – presumibilmente l’omonima opera shakespeariana. Pian piano il palco si riempie di lettori e finalmente le luci si spengono. L’Orchestra del Teatro Regio, diretta da Jérémie Rhorer, comincia a suonare dopo essere stata annunciata da un rullo di timpani. Il preludio, inizialmente cupo e malinconico, si intensifica diventando una marcia reale: è proprio in un’ambientazione nobiliare ma decadente che la storia di Hamlet ha inizio.

Il Coro del Teatro Regio rompe il predominio orchestrale con un canto solenne, rappresentando lo sfarzo delle nozze tra Gertrude e Claudius, rispettivamente Re e Regina di Danimarca.
I protagonisti dell’opera, Hamlet e Ophélie sono rispettivamente interpretati dal tenore John Osborn, e dal soprano Sara Blanch. Si presentano in un duetto dove la voce tenorile di Hamlet e quella sopranile di Ophélie si fondono esprimendo tutta la spensieratezza della gioventù dei giovani innamorati, che purtroppo avrà breve durata.
Laerte, il fratello di Ophélie, entra in scena subito dopo, (l’interpretazione del personaggio si deve a Julien Henric), seguito poco dopo dai due amici di Hamlet, Horatio (Tomislav Lavoie) e Marcellus (Alexander Marev), che si presentano dando ad Hamlet la sconvolgente notizia di aver avvistato lo spettro del padre deceduto.
Un’orchestrina dietro al palco e dei rintocchi di campana annunciano la comparsa dello Spettro, interpretato dal basso Alastair Miles, sempre accompagnato da due bambini, presumibilmente Hamlet e Ophélie da piccoli. Il fantasma parla con un declamato su una nota fissa per tutto il discorso, variando raramente, per esempio durante la ripetizione di «Venge-moi! Venge-moi!» dove il canto si alza leggermente per sottolineare l’urgenza del messaggio.

La Regina Gertrude è interpretata dal mezzosoprano Clémentine Margaine, dalla voce calda e potente che contrasta con quella leggera e cristallina di Ophélie, dimostrando eccellentemente la differenza d’età tra i due personaggi. Analogo è il rapporto tra le voci di Claudius, interpretato dal basso Riccardo Zanellato, dalla voce piena e profonda, e quella tenorile di Hamlet, più acuta e giovanile.
Gli ultimi personaggi a comparire sono i due becchini, interpretati da Janusz Nosek e Maciej Kwaśniewski che in questa versione assumono le sembianze di medici legali in un obitorio umido e squallido.
Di grande effetto sono le scelte registiche, come l’uso delle luci, spesso impiegate come riflettori cinematografici. Le scenografie, realizzate da Gary McCann, hanno contribuito a rendere Hamlet un’esperienza visiva di forte impatto: edifici sontuosi ma decadenti, con pareti dall’intonaco scrostato, un evidente contrasto tra presente e passato. Particolarmente suggestiva è la messa in scena dello spettacolo L’assassinio di Gonzago da parte di Hamlet e degli istrioni, durante il banchetto di nozze: grazie all’utilizzo di tre marionette giganti che occupano quasi interamente il palcoscenico, la rappresentazione assume un carattere fortemente spettacolare e coinvolgente.

Prima dell’inizio di quest’ultima scena un delicato assolo di sassofono soprano rompe il silenzio della sala, regalando un momento di grande suggestione. Questo intervento è degno di nota perché, al tempo in cui l’opera fu composta, il sax era uno strumento appena inventato e poco diffuso. L’effetto sorpresa che suscitò allora si rinnova ancora oggi poiché lo strumento rimane una presenza rara e inaspettata nel repertorio operistico.
Il quarto atto si distacca dal resto dell’opera, creando un ambiente a parte, molto cupo, probabilmente una soffitta con molti mobili sullo sfondo coperti da teli. Ophélie ne è la protagonista indiscussa. La scena, per come è strutturata, può ricordare l’“Atto in bianco” del balletto romantico per eccellenza, Giselle, da cui il regista sembra prendere ispirazione per le ambientazioni e i costumi, grazie alla presenza di tante donne vestite in abito da sposa. Ophélie percorre la scena, apparendo fragile e sofferente, ma allo stesso tempo travolta dalla follia, come se cercasse di persuadersi della propria felicità inesistente. Il canto, ricco di sforzati e glissati, richiama l’aria della bambola meccanica “ Les oiseaux dans la charmille” dall’opera fantastica Les contes d’Hoffmann. Sara Blanch interpreta il personaggio magistralmente, con una voce agile ed espressiva, donando un punto di vista introspettivo e innocente della giovane ragazza.

Il finale mette in scena la morte di Claudius e l’incoronazione di Hamlet come nuovo re. Il coro enuncia solennemente «Vive Hamlet, vive notre Roi!» ma il protagonista appare profondamente triste: abbraccia la salma di Ophélie mentre si dondola su un cavalluccio a dondolo: un’immagine carica di malinconia.
Al termine dell’opera, il pubblico esplode in un lungo applauso, particolarmente caloroso per il Coro, diretto da Ulisse Trabacchin, e per le interpretazioni di Claudius, Gertrude e Ophélie che hanno profondamente commosso gli spettatori.
Questa messa in scena di Hamlet ha portato a Torino l’opera romantica francese, un repertorio poco noto nel nostro paese, ma che vale davvero la pena riscoprire e far conoscere meglio.
Marta Miron