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Al Regio in scena la Turandot fra tradizione e modernità

Al Teatro Regio di Torino, dal 22 aprile al 5 maggio, va in scena la Turandot, ripresa dal regista Stefano Poda, con Jordi Bernacer alla direzione dell’orchestra. Come già spiegato durante la conferenza di presentazione dell’opera dalla giornalista Susanna Franchi, si tratta del celebre ultimo lavoro di Giacomo Puccini, rimasto incompiuto per il sopraggiungere della sua morte – venne poi ultimato a posteriori da Franco Alfano -. Questo stesso snodo filologico è stato terreno fertile per il regista che, nel suo riallestimento – messo in scena per la prima volta nel 2018 – ha optato per il finale irrisolto originale.

All’aprirsi del sipario le scelte direttive della regia appaiono già evidenti: il colore bianco regna sulla scena, la scenografia è minimale e contemporanea; i costumi, moderni e dai tratti epici, portano a una
dimensione quasi al di fuori del tempo. Il carattere “esotico” della prima messa in scena – risalente al 1926 – assume qui uno stile futuristico e moderno.

In una Pechino al tempo delle favole vige il proclama imposto dalla gelida principessa Turandot (Ingela Brimberg): si concederà in sposa solo a colui che saprà risolvere i suoi tre enigmi, mentre condannerà a morte chi fallirà nell’impresa. La folla, partecipe della condanna del principe di Persia, padroneggia la scena; le coreografie conferiscono grande forza a questa coralità, coinvolgendo i personaggi principali in un contesto pieno di collettività. Non basteranno le suppliche del padre e re tartaro Timur (Michele Pertusi), né gli inviti a desistere da parte dei tre ministri imperiali Ping, Pong, Pang (Simone Del Savio, Alessandro Lanzi e Manuel Pierattelli): il principe Calaf (Mikheil Sheshaberidze), persegue caparbio il suo intento di ottenere la mano di Turandot.

Dalla pagina Facebook del Teatro Regio di Torino, foto di Andrea Macchia

Nel secondo atto, particolarmente statico e riflessivo, Turandot spiega il motivo del suo inesorabile cinismo: vendicare una sua antenata, violentata e uccisa da un re straniero. L’atmosfera e l’allestimento
della scena raccontano una collettività femminile che sembra rendersi conto di essere imprigionata nel sistema. Finalmente la vera svolta della vicenda si consuma: Calaf non trema al cospetto di Turandot e scioglie uno ad uno gli enigmi proposti. Turandot si confessa col padre, l’imperatore Altoum (Nicola Pamio), sconvolta dall’idea di concedersi allo sconosciuto; Calaf propone di rinunciare al matrimonio qualora la principessa riuscisse a scoprire il suo nome, fino ad allora tenuto nascosto.

Si arriva così a un terzo ed ultimo atto più dinamico, con momenti carichi di poesia e di tensione drammatica. È a questo punto che si assiste alla celebre “Nessun dorma” di Calaf, uno dei momenti più attesi e riconosciuti dell’intero melodramma e del repertorio operistico in generale. Turandot, tramite le sue guardie, cattura in ostaggio Timur e la dolce schiava Liù (Giuliana Gianfaldoni) che, pur di non tradire l’amato principe confessandone l’identità, si uccide. La forza dell’amore di Liù si manifesta intensamente fino a culminare con il gesto della morte e diventare così simbolo di sacrificio e integrità. Proprio qui, all’apice del dramma, cala il sipario e si interrompe la rappresentazione, lasciando il pubblico attonito e affascinato al tempo stesso.

Al momento dei ringraziamenti finali, non sono mancati applausi per tutto il cast, in particolar modo per l’interpretazione di Liù, la protagonista inattesa ma decisiva per la resa dello spettacolo. Il suo personaggio, infatti, incarna il senso profondo della storia e mostra a Turandot e Calaf il potere di un sentimento autentico. Apprezzamenti anche all’orchestra per l’esecuzione di una musica, quella scritta da Puccini, che risulta sempre coerente e mai eccessiva.

Foto dalla pagina Facebook del Teatro Regio di Torino

Stefano Poda è riuscito a creare un mondo visivo e sonoro che racconta con una nuova prospettiva una favola intrisa di valori patriarcali ormai desueti; riprendendo le sue stesse parole: «Vorrei che non fosse solo un’opera teatrale, ma piuttosto un’esperienza, in cui il pubblico possa trovare delle nuove domande da porsi». Quasi come se il regista volesse richiamare i tre enigmi posti da Turandot.

A cura di Stefania Morra e Ivan Galli

Nell’opera come nella vita: la presentazione della Turandot al Teatro Regio

Non finita, dunque infinita. Presentata nel Foyer del Teatro Regio di Torino durante la conferenza del 13 aprile, la Turandot di Puccini si riscopre nella giornata internazionale del bacio – il bacio che dovrebbe concluderla! – attraverso le parole della giornalista Susanna Franchi e l’intervento del regista designato Stefano Poda, il quale riprende l’allestimento del 2018.

Credits: Martina Caratozzolo

Turandot è una principessa cinese dal cuore gelido, la quale rifiuta la corte di ogni suo pretendente: indispensabile per avere la sua mano è la risoluzione di tre difficilissimi enigmi, pena la decapitazione. Solo il figlio del re dei tartari, Calaf, esce vincitore dalla sfida, tenendo però nascosta la sua identità: non volendola in sposa contro il suo volere, le concede di condannarlo qualora lei scoprisse il suo nome entro l’alba del giorno successivo. Le porte si aprono in seguito a un lieto fine, in cui Turandot, pur riuscendo nel suo intento, «disgela» il suo cuore al principe in un matrimonio inaspettato, traboccante di un nuovo e grandioso amore.

A partire dall’omonima commedia di Carlo Gozzi, rappresentata a metà Settecento (la quale fu un enorme successo anche a Weimar nella traduzione tedesca di Schiller), la storia affascina il compositore Carl Maria Von Weber, il quale nel 1809 la mette in musica, così come un secolo dopo farà Ferruccio Busoni. Nel 1920 Giacomo Puccini, vittima del suo horror vacui, trova ispirazione per una nuova opera proprio in questo libretto, suggeritogli da Giuseppe Adami e Renato Simoni: il duetto finale tra i due amanti, dove «il travaso d’amore deve giungere come un bolide luminoso», rimarrà incompiuto, dopo una melodia cercata invano per un anno dal compositore prima della sua dipartita.

È a questa incompiutezza che rimane fedele Stefano Poda, evocando una chiave di lettura personale e allo stesso tempo universale. Per dirla con Ping, Pong e Pang, i tre ministri cinesi del regno incaricati di assistere alle esecuzioni degli spasimanti della principessa, «Turandot non esiste»: è infatti una storia in cui ognuno di noi può rivedersi, un «meccanismo di crescita doloroso» che ci mette di fronte la parte di noi che potremmo aver rinnegato fino a quel momento. Fondamentale quindi il ruolo giocato dal coro nell’incarnare questa dimensione collettiva, portata al trionfo nell’opera, che il regista definisce, con echi quasi wagneriani, come l’unione di tutte le arti.

La presentazione si snoda brillantemente tra il racconto delle evoluzioni della Turandot e dei suoi innumerevoli risvolti culturali: cresce l’attesa per il debutto, fissato per il 22 aprile, dell’ultima opera italiana a fare il suo ingresso nel repertorio lirico tradizionale, che sarà in programma fino al prossimo 5 maggio.

A cura di Carlo Cerrato

Woody Allen alla Scala

Tra le molte iniziative del Teatro alla Scala c’è Progetto Accademia, ossia l’inserimento in cartellone di produzioni operistiche realizzate quasi interamente dagli allievi dell’Accademia Teatro alla Scala, a contatto per le prime volte con una esperienza formativa sul campo. Quasi interamente perché i giovani sono coadiuvati da professionisti e nomi celebri nel campo dell’opera e non solo, come, quest’anno, Woody Allen.

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Teatro Regio: la stagione 2019/2020

La prossima del Teatro Regio sarà una stagione particolarmente ricca. Ben diciassette titoli (un record) distribuiti tra opere italiane, francesi, tedesche, balletti, musical, opere-non-opere, opere celebri, opere meno celebri, persino una prima assoluta per l’Italia. E in tutto ciò c’è pure qualche nome interessante, tra registi, cantanti e direttori d’orchestra. C’è insomma di che farsi venire l’acquolina.

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Madama Butterfly – La farfalla sospesa

Il sogno d’amore della giovane Madama Butterfly prende vita fin dalle prime note dell’ouverture, intonata dall’Orchestra del Teatro Regio di Torino e forte di una carica inaudita nell’interpretare la famosa partitura. A dirigerla è Daniel Oren, che torna nel teatro torinese per la stagione 2018-19, a più di vent’anni dal suo esordio. Continua la lettura di Madama Butterfly – La farfalla sospesa