Archivi tag: williepeyote

Jazz is dead! Day2: un viaggio musicale tra suoni e impegno sociale

Dopo un primo giorno carico di aspettative e adrenalina, il secondo ha consolidato l’entusiasmo e confermato la qualità del festival. 

Dagli headliner ai talenti emergenti, passando per la risposta del pubblico e l’organizzazione impeccabile, Jazz is Dead! non solo ha mantenuto le promesse, ma ha persino superato le aspettative.

Ad aprire la seconda giornata del Jazz is Dead! troviamo il collettivo Orchestra Pietra Tonale, ormai presenza fissa al festival da quattro anni. L’esibizione ha mescolato improvvisazione e materiali dal nuovo album del gruppo , uscito il 16 maggio, e ha avuto come filo conduttore l’esplorazione di territori sonori unici e innovativi, uno dei tratti distintivi del collettivo. Fase importante della performance, rappresentativa dello spirito sperimentale del gruppo, è stata l’orchestrazione improvvisata sotto la direzione di Simone Farò che ha lasciato il pubblico col fiato sospeso in balia di suoni di guerriglia, a volte disorientanti e frammentati, altre rassegnati alle mani di chi li dirige.

Subito dopo l’esibizione dell’Orchestra Pietra Tonale, il festival si è spostato sul palco all’aperto. Qui è salito ShrapKnel, duo americano composto da PremRock e Curly Castro, membri della Wreckin’ Crew di Philadelphia. Il loro set ha inaugurato il palco esterno trasportando il pubblico in un viaggio attraverso l’hip-hop/rap più visionario e sperimentale, arricchito da sonorità elettroniche.
Nonostante l’orario ancora poco affollato, gli ShrapKnel sono  riusciti a coinvolgere tutti i presenti: in pochi minuti il pubblico si è avvicinato sotto il palco, riempiendo velocemente lo spazio e creando un’atmosfera carica di energia. Il loro live, caratterizzato da rime taglienti e un sound ruvido e contemporaneo, ha dato il via ufficiale alla serata, mostrando la forza del rap underground americano.

È poi l’ora dei Funk Shui Project che per chiudere in bellezza il tour del loro ultimo album Polvere hanno scelto di tornare a casa, Torino. Il live è stato un susseguirsi di sorprese e ospiti d’eccezione, sin dalle prime canzoni. A salire sul palco per primo è stato Willie Peyote, che ha regalato al pubblico due brani iconici: “Anestesia Totale” e “SoulFul”. L’atmosfera si è poi accesa con l’arrivo di Ensi, maestro del freestyle e simbolo della scena rap italiana, che ha sfoderato il suo flow impeccabile e l’energia contagiosa che lo contraddistingue. Un’altra sorpresa della serata è stata Davide Shorty, artista dalla voce soul inconfondibile. A rendere il momento ancora più speciale è stato l’arrivo di Johnny Marsiglia, uno dei liricisti più raffinati della scena siciliana.

A chiudere il concerto, grazie agli scratch di Frank Sativa, tutti gli artisti si sono riuniti per una jam memorabile, rappando alcune delle loro barre più celebri su strumentali che hanno segnato la storia dell’hip hop: un vero e proprio omaggio alla cultura del rap. 

Dopo la celebrazione del rap underground,  il festival  ha lasciato spazio a un ambiente più elettronico e all’esibizione di Herbert e Momoko, intimae sperimentale. I due artisti, Matthew Herbert produttore e musicista di musica elettronica e la cantante e batterista Momoko Gill, hanno presentato alcuni brani del loro prossimo album Clay, in uscita il 27 giugno, offrendo un’anteprima delle nuove sonorità elettriche e sognanti che lo caratterizzano. La performance si è sviluppata in un’atmosfera giocosa, con palle da basket a tenere il tempo, e raccolta, come se sul palco ci fossero due bambini a divertirsi dopo scuola. Nonostante la natura della loro esibizione, c’era una forte sintonia con il pubblico, diventato quasi parte attiva del processo creativo dentro il quale i due musicisti stavano viaggiando.

A seguire c’è stato l’arrivo di Meg, voce inconfondibile dei 99 Posse negli anni Novanta e icona della musica alternativa italiana: ha festeggiato i suoi 30 anni di carriera con un live intenso e carico di emozioni, portando sul palco il suo nuovo EP da solista Maria e i brani più conosciuti come “Sfumature” e “L’anguilla.”

Oltre alla musica, Meg ha scelto di usare il palco per parlare di temi urgenti e delicati. L’artista si è esposta riguardo al femminicidio di Martina Carbonaro ad Afragola, ribadendo l’importanza di educare le nuove generazioni sulla violenza di genere e sulla necessità di un cambiamento culturale. Un gesto potente, che ha dato ancora più valore al suo live e alla sua figura di musicista impegnata.

Un impegno che, forse, sarebbe stato ancora più significativo se anche alcuni colleghi uomini avessero preso posizione nei concerti successivi, facendo sentire la propria voce su un tema che riguarda tutti.

Ormai a notte inoltrata, l’ultimo artista a salire sul palco esterno è stato Egyptian Lover, autentico caposaldo e pioniere dell’hip-hop electro. Con un set alla console, ha chiuso la serata regalando bassi potenti, momenti vocali e sorprendenti incursioni di melodie mediorientali sapientemente remixate.

La sua performance, semplice ma estremamente efficace, si è distinta per una mimica minimalista ricca di carisma, perfettamente in linea con il suo personaggio. I ritmi travolgenti hanno coinvolto il pubblico, che nonostante le molte ore di festival alle spalle, si è lasciato trasportare dalla musica e si è scatenato fino all’ultimo beat grazie anche alla scelta di orientare le casse verso l’interno ha garantito una diffusione del suono equilibrata e avvolgente.

La giornata si è conclusa con i dj set di Los Hermanos, che hanno proposto una coinvolgente techno latina, seguiti da Andrea Passenger per chiudere la serata. 

Anche il secondo giorno si è così concluso, confermando pienamente le aspettative del festival.

Sofia De March, Marta Miron e Claudia Meli

Binarism is for computers: i Queen of Saba in concerto all’Hiroshima Mon Amour

Nella classifica dei singoli usciti a febbraio avevamo consigliato i Queen of Saba, duo veneto fondato nel 2019 dalla cantante Sara Santi e il producer Lorenzo Battistel. La loro musica si contraddistingue per l’attivismo queer che partendo dai loro testi si allarga ad altre dinamiche che ruotano attorno agli artisti, come i concerti dal vivo. Non abbiamo perso occasione e siamo andati a sentirli venerdì 21 marzo all’Hiroshima Mon Amour per la prima data del loro nuovo tour CIRCOMEDUSA

Entrando nel club si percepisce subito un’intenzione diversa dal solito. All’ingresso troviamo un breve manifesto che ci invita ad avere cura degli spazi e dei corpi che ci circondano, a comunicare eventuali disagi o malesseri, a scambiarci un semplice sorriso e dare un senso all’esserci nel qui e ora di questo concerto. La sala si riempie in fretta: in apertura siamo travolti dall’esibizione del gruppo di drag queen TheNerve, con un piacevole spettacolo di cabaret, tra canzoni e piccoli sketch.

Salgono sul palco i Queen of Saba, vestiti entrambi da circensi. Sara porta attorno al collo una kefiah, il simbolo della solidarietà nei confronti del popolo palestinese, mentre Lorenzo siede lateralmente alla batteria elettronica. Attacca il primo pezzo e il pubblico subito salta e canta come la tribù arcaica di “Principe Regina”. 

Foto a cura di Alessandro Aimonetto per polveremag.it

Si passa poi a un vero e proprio momento karaoke: Sara ci invita a cantare tutti insieme un paio di brani del primo album del duo, Fatamorgana, mentre sugli schermi scorrono i testi. Si crea così uno scambio costante di battute tra artisti e spettatori, viene chiesto ad esempio di alzare il volume della voce, che a volte risulta poco comprensibile. 

Inoltre il pubblico in modo spontaneo urla spesso slogan dei cortei pro Palestina, come «Torino lo sa da che parte stare…» o «Tout le monde déteste la police», ma è l’arrivo sul palco di alcuni ospiti a trasformare il concerto in un vera manifestazione. Il primo a sorpresa – ma è pur sempre di casa a Torino – è Willie Peyote, che col brano “ACAB” ci trasporta in val di Susa tra lacrimogeni e cariche della polizia. La seconda già annunciata è la drag Ava Hangar che insieme a Lorenzo al charango (strumento a corde tipico dell’America latina) canta “El pueblo unido jamás será vencido”. Si aggiungono poi La Qualunque e il producer torinese Ale Bavo, che insieme al duo creano una festa sempre più collettiva e intersezionale. 

Foto a cura di Alessandro Aimonetto per polveremag.it

Per concludere Sara invita il pubblico a far spazio in sala per l’esibizione del gruppo torinese Folamurga, che sfila tra tamburi e danze circensi ispirati al carnevale di Buenos Aires. I Queen of Saba sono riusciti a manifestare dal vivo tutto ciò che contiene la loro musica: un megafono per cause sociali reali che raggiunge una connessione vitale col pubblico e dà la forza di sopravvivere e lottare sempre in direzione ostinata e contraria.

Alessandro Camiolo

Al Flowers Festival, dopo la tempesta arriva Fulminacci

Sono le 21:30 dell’11 luglio e il maltempo sembrava pronto a boicottare una delle ultime date del Flowers Festival. Dopo qualche speranzosa preghiera, Mazzariello sale sul palco solo mezz’ora dopo, dando così inizio alla terzultima serata del festival.

Il compito del musicista napoletano, accompagnato alle tastiere da Giuseppe Di Cristo, è quello di apertura a Fulminacci. Nonostante si tratti di un incarico sempre abbastanza difficile, Mazzariello viene promosso a pieni voti dal pubblico: ne coinvolge una buona parte grazie alla parlantina spigliata nonostante l’emozione, e riesce a farsi accompagnare da un bel coro. Saluta il pubblico con “Pubblicità progresso” − brano conosciuto in quanto colonna sonora della serie Summertime − che unisce alla cover del brano di Frah Quintale ft Giorgio Poi, “Missili”. 

Dopo un (non molto rapido) cambio palco si abbassano le luci, i musicisti si posizionano sulla scena e parte una sorta di messaggio preregistrato. Inizialmente chiede di spegnere i cellulari ma poi, correggendosi, chiede non solo di tenerli accesi e di fare qualche storia per Instagram, ma anche di ricordarsi di taggare tutta la band, compreso il tastierista «che sennò si offende». 

foto di Alessia Sabetta

Sale sul palco Fulminacci − vestito da un completo giacca gilet + pantaloncino in silver e maglietta della Nasa, con scritto “Spacca” − con la chitarra e, sullo sfondo del ledwall, con “Borghese in Borghese” inizia il concerto.

Fulminacci in live è come l’aglio nell’olio: sfrigolante e un ottimo insaporitore. Di sicuro la band di supporto (composta da Roberto Sanguigni al basso, Lorenzo Lupi alla batteria, Riccardo Nebbiosi al sax baritono e tenore, Giuseppe Panico alla tromba, Riccardo Roia alle tastiere e Claudio Bruno alla chitarra), conferisce il quid in più per trasformare una semplice “Aglio e olio” in una buonissima AglioOlio&Peperoncino. La dimensione del live è curata benissimo: i musicisti si muovono sul palco coreografando dei passetti di danza semplici ma d’effetto, che ben si incastrano con l’atmosfera musicale un po’ anni ‘80. Dal vivo, infatti (più che in studio), sono enfatizzate quelle sonorità underground hip hop e funk con i tempi in levare e l’accompagnamento energico dei fiati. 

foto di Alessia Sabetta

Ovviamente, non manca il momento malinconico al pianoforte sulle note di “Le biciclette” e “Una sera” e l’arrivo a sorpresa di Willie Peyote per “Aglio e Olio”. Dopo la momentanea uscita di scena, gli artisti salgono nuovamente sul palco per poi congedarsi definitivamente dopo Tommaso e «la canzone con cui ho perso il Festival di Sanremo», “Santa Marinella”, accompagnata dal canto a cappella e ad libitum del pubblico incitato dagli artisti sul palco. 

Un live, quello di Fulminacci, degno di essere chiamato tale: buon intrattenimento, buona musica, pubblico soddisfatto e artisti altrettanto. What else?

a cura di Alessia Sabetta

Top 10 Novembre

I dieci singoli migliori di Novembre, secondo Musidams.

La depressione è un periodo dell’anno – Willie Peyote
Willie = groove e rime taglienti: questo è forse uno dei suoi brani più arrabbiati, una forte critica a questa società in questo momento particolare.
30/30

Mille Pare (Bad Times) – Ghali
Giustamente, se in estate si parlava di Good Time, in inverno si parla di Bad Times, ma se lo dice lui “fidati, è solo un periodo”.
29/30

Scooby Doo – Pinguini Tattici Nucleari
Bel tentativo di apertura a nuovi generi mantenendo ben saldo lo stile “Pinguini”.
28/30

Come un riccio – Godo
Che sia un richiamo o no alla celebre frase di Matty il Biondo, con le tematiche e la musica è una goduria per le orecchie.
27/30

Lacri-ma – Gazzelle
Testo ricercato, con giochi di frasi interconnesse, tutto con la solita elegia “gazzelliana” di fondo.
26/30

a cura di Luca Lops

I Don’t Love Me Anymore – Oneohtrix Point Never
Accantonata momentaneamente l’elettronica più sperimentale, Daniel Lopatin si lascia andare a progressioni di accordi e sonorità più catchy e accessibili con un brano che funziona decisamente bene.
28/30

Latitudine – Nicolaj Serjotti
Rap dalla base chill e malinconica con un ritornello che non esce più dalla testa. Tutti quanti vorremmo poter prendere il volo e cambiare latitudine in questo periodo.
27/30

Protect the Land – System of a Down
Brano dedicato a quanto sta succedendo in Armenia, loro patria d’origine. Stile inconfondibile anche dopo 15 anni di assenza.
25/30

Peppers and Onions  – Tierra Whack
Beat originale e particolare ma comunque molto orecchiabile. Flow davvero niente male.
25/30

Cyr – Smashing Pumpkins
Billy Corgan ritira le chitarre per passare ai synth, con un sound più moderno ma che guarda molto agli anni ’80. Nulla di originalissimo ma comunque una canzone piacevole.
23/30

a cura di Maurizio Minazzi